L’ANSIA SI COMBATTE ANCHE CON LA GENTILEZZA

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Attacchi di panico e ansia sono problemi sempre più diffusi tra la popolazione di tutto il mondo ma, secondo un recente studio, può essere però combattuta in un modo semplice ma molto efficace: sembra infatti che la gentilezza e i modi garbati possano portare alle persone soggette all’ansia molti più benefici di quanto si possa pensare.

In ambito lavorativo o nella vita di tutti i giorni, l’ansia e gli attacchi di panico possono essere problematiche davvero limitanti per chi ne soffre. Ma come combatterli? Un recente studio dell’University of British Columbia, pubblicato anche sul Washington Post, ha rivelato come un piccolo gesto quotidiano possa portare risultati strabilianti nella lotta all’ansia, depressione e attacchi di panico: si tratta della gentilezza e di tutte quelle accortezze che possono essere prese nei confronti dell’“altro”. Come riporta il giornale americano, infatti, le persone che soffrono d’ansia tendono anche ad essere più introspettive e, di conseguenze, molto più introverse: Jennifer Trew e Lynn Alden, autori della ricerca, sono quindi partiti da questa constatazione per studiare quali siano le reazioni delle persone soggette all’ansia dopo aver compiuto un maggior numero di atti gentili.

In particolare, i due psicologi hanno portato avanti lo studio su 115 studenti universitari suddivisi in tre gruppi: per quattro settimane, il primo gruppo ha dovuto compiere tre atti di gentilezza, il secondo partecipare ad attività sociali (uscite, balli, pranzi, cene, ecc…) e il terzo solamente annotare ciò che si era fatto durante la giornata. Nel primo e nel secondo caso, poiché più stressati, gli studenti sono stati preparati con esercizi di respirazione per tenere a bada eventuali crisi d’ansia: il risultato è stato sorprendente in quanto gli studenti del primo gruppo hanno riscontrato benefici evidenti e una notevole riduzione di attacchi d’ansia.

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

I TRAUMI INFANTILI CI FANNO INVECCHIARE PRIMA

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I traumi infantili ci fanno invecchiare prima secondo un nuovo studio condotto dai membri della University of British Columbia di Vancouver, in Canada. Secondo lo studio, gli adulti che hanno affrontato spesso episodi molto stressanti nella propria infanzia, potrebbero avere dei telomeri (ovvero dei “cappucci” che proteggono i cromosomi, e impediscono al Dna di danneggiarsi, e sono considerati come una spia dell’invecchiamento) più corti, condizione che potrebbe aumentare il rischio di sviluppare malattie e di morte precoce. Lo studio non ha però dimostrato che lo stress vissuto durante l’infanzia rappresenta la causa dei telomeri più corti, ma ha solo dimostrato l’esistenza di un’associazione tra i due fattori.

Per esaminare la questione, gli esperti hanno analizzato dei campioni di DNA della saliva di 4.598 persone over 50.

Ai partecipanti è stato chiesto se e quanti eventi particolarmente stressanti avessero vissuto nella loro vita, sia da bambini che da adulti, ed i ricercatori hanno constatato che le persone che hanno vissuto diversi traumi nel corso della vita (in particolar modo coloro che hanno vissuto esperienze traumatiche o molto stressanti durante l’infanzia) avrebbero presentato un aumento del rischio di avere telomeri più corti, e potrebbero dunque andare incontro a un più rapido invecchiamento cellulare in età adulta.

Dottoressa Rosalia Cipollina

(Psicologa e Psicoterapeuta specializzata in Psicologia Scolastica e dell’età evolutiva)

riceve in studio a Roma, Napoli e Salerno ed effettua consulenze telefoniche e via Skype a pagamento per chi è impossibilitato a recarsi in studio.
Per prenotare una consulenza scrivere a cipollinar@iltuopsicologo.it o chiamare il 320 3744077

 

COME GESTIRE L’ANSIA DA TERREMOTO

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La notizia di un terremoto, anche se non si risiede nella zona coinvolta e quindi non è stato avvertito in prima persona, può comunque comportare uno stato ansioso col timore che possa nell’immediato colpire anche la propria zona di residenza. Il timore infatti è che ciò che al momento riguarda “altri” prima o poi possa riguardare se stessi.
La paura del terremoto è una paura ancestrale che rimanda all’incapacità dell’uomo di controllare eventi naturali.
Questa paura ancestrale è amplificata in chi soffre d’ansia che tende a voler mantenere il controllo di tutto per poter gestire al meglio la propria ansia.
Cosa fare in questi casi ?
L’ansia del terremoto è un fenomeno emotivo per cui bisogna cercare di contrastarlo con processi razionali quali:
Il raccogliere informazioni di tipo tecnico e statistico sull’evento,
il leggere o l’ascoltare l’opinione di sismologi,
il ridurlo ad un fenomeno esterno a noi,
il non ascoltare o vedere le dirette televisive sull’evento se tendono a scuotere troppo emotivamente,
Questi accorgimenti razionali potrebbero sembrare egoistici, ma non significano non provare partecipazione o empatia per quello che è successo, ma hanno il solo scopo di ridurre solo l’eccessiva ansia associata a tali eventi.

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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UNA CURA VIRTUALE CONTRO LE ABBUFFATE COMPULSIVE

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Una team di ricercatori italiani ha scoperto una cura possibile contro la sindrome delle abbuffate compulsive, ma anche contro la bulimia e tutti i disturbi dell’alimentazione: si tratta di un recettore – TAAR1 – presente sui neuroni della ‘corteccia prefrontale’ che, quando viene premuto, comanda di non lasciarsi andare a insalubri abbuffate. Lo  studio è stato condotto da Valentina Sabino e Pietro Cottone della Boston University, pubblicato sulla rivista Neuropsychopharmacology.

Cottone e Sabino si sono concentrati sul recettore TAAR1 che è presente nelle aree cerebrali del self control e della decisionalità. Gli scienziati hanno visto che TAAR1 è poco attivo nel cervello degli animali affetti da binge eating. Gli esperti hanno visto che somministrando agli animali la molecola RO5256390 il freno anti-abbuffata si riattiva e gli animali smettono immediatamente di abbuffarsi e non mostrano più i comportamenti patologici precedentemente messi in atto, ad esempio la ricerca spasmodica di cibo spazzatura e l’iperattivazione in presenza di stimoli associati al cibo.

I disturbi dell’alimentazione sono al centro di diversi studi. Secondo ricerca pubblicata sulla rivista Comprehensive Psychiatry, la realta’ virtuale aiuta a vincere i disturbi alimentari. Una cucina virtuale, dove si simula l’azione di mangiare pizza può essere utile per fermare l’impulso. Lo studio coinvolto una sessantina di soggetti sani e con disturbi dell’alimentazione, e’ stata svolta presso l’Universita’ di Valencia. E’ emerso che gli individui si sentono realmente in quella cucina e che chi soffre di disturbi del comportamento alimentare, mangiando la pizza, prova sentimenti negativi e l’ansia di mettere su peso. Inoltre i pazienti dopo il ciclo di terapia virtuale sembrano avere una riduzione dell’ansia da cibo, segno del valore terapeutico della realta’ virtuale.

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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DA DOVE NASCE LA DEPRESSIONE

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Sono circa 350 milioni le persone affette da depressione in tutto il mondo, stando ai dati dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità. Per quanto essa possa sorgere da eventi traumatici nel corso di una vita, appare ora sempre più chiaro che in molti casi a causarla siano squilibri chimici, anomalie cerebrali o delle connessioni neuronali.

Ora sappiamo quale sia l’origine fisica della “malattia dell’anima” per eccellenza. Pubblicato sulla rivista specializzata Brain, uno studio frutto della collaborazione tra l’università britannica di Warwick e quella cinese di Fudan svela quali aree del cervello siano colpite da questo grave disturbo. Per fare ciò il gruppo internazionale di ricercatori ha sottoposto 909 cinesi a scansioni del cervello con risonanza magnetica ad alta precisione. Di questi, 488 soggetti erano quelli non depressi utilizzati come riferimento, mentre 421 erano quelli affetti dalla sindrome. Il confronto tra i due gruppi ha rivelato che nell’encefalo dei soggetti malati le connessioni tra la corteccia orbitofrontale laterale e quella mediale risultavano alterate.

La corteccia orbitofrontale laterale è la sede della non-ricompensa. Le connessioni tra di essa e le aree relative alla percezione di sé (il precuneo), al linguaggio (il giro angolare) e alle informazioni visive (la corteccia visiva temporale) apparivano rafforzate: ciò spiegherebbe perché i soggetti coinvolti provino un senso di perdita, delusione e scarsa autostima. A riprova di ciò, nei pazienti che assumevano farmaci antidepressivi i suddetti collegamenti si indebolivano.

Allo stesso tempo, è emersa anche una ridotta connettività tra la zona della ricompensa nella corteccia orbitofrontale mediale e i sistemi della memoria (giro paraippocampale e lobo temporale mediale), il che potrebbe spiegare perché i malati abbiano difficoltà nel ricordare esperienze positive. Al contrario, le connessioni dei circuiti riguardanti la non-ricompensa non si erano alterate: ecco perché i ricordi negativi riemergono senza problemi. Tutte scoperte che potrebbero preannunciare una svolta nel trattamento della depressione, andando alla radice della patologia.

“Più di una persona su dieci nel corso di una vita soffrono di depressione, una malattia che è così comune nella società moderna che possiamo persino trovare resti di Prozac nell’acqua di rubinetto a Londra”, spiega il professor Jianfeng Feng in un comunicato ufficiale. “La nostra ricerca, con la combinazione di grandi dati raccolti in tutto il mondo e i nostri nuovi metodi, ci permette di localizzare le radici della depressione e ciò dovrebbe aprire nuove strade per migliori trattamenti terapeutici in un prossimo futuro per questa orribile malattia”.

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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IL COMPORTAMENTO PSICOPATICO

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Qual è il comportamento psicopatico? Ci sono alcuni aspetti ben conosciuti di tale comportamento, per esempio quando una persona mente continuamente mostrando di non avere alcuna considerazione per la differenza tra il vero ed il falso. Potremmo chiamare costui un mentitore psicopatico, intendendo che egli crede alle sue menzogne e che non sa distinguere il vero dal falso. Per lui vero e falso sono la medesima cosa, il che in realtà equivale a dire che tutto è una menzogna. Non c’è nessuna verità e così egli non è cosciente di dire una menzogna, in altri termini potremmo affermare che il mentitore psicopatico crede a ciò che dice senza metterlo in dubbio.
Un altro aspetto del comportamento psicopatico è la quasi totale indifferenza per i sentimenti e la sensibilità degli altri. Egli potrà fare o dire cose che feriranno un altro e tuttavia rimanere inconsapevole dell’effetto delle sue azioni. Potrebbe a ragione negare l’intento, ma va oltre e ne nega il significato evidente.
Ci è anche familiare l’idea che la persona psicopatica non ha coscienza, non fa nessuna distinzione tra giusto e sbagliato, buono o cattivo. Di conseguenza, quindi, egli non ha nessun senso di colpa. Perciò in casi estremi lo psicopatico arriverà a rubare o a truffare, come se facesse la cosa più naturale. Certamente sa che rubare è sbagliato ma non vede il proprio comportamento in questa luce. A causa di queste caratteristiche della loro personalità, gli psicopatici possono notoriamente passare anche per brave persone. Possono farvi credere che ciò che essi dicono è vero, forse perché lo credono essi stessi, o perché non credono nulla. Possono convincervi della loro innocenza anche quando siete stati testimoni personalmente della loro azione scorretta. E possono sopraffarvi con la loro incredibile apertura.
Così voi siete beffati. Un giorno vi rendete conto di essere stati incastrati e allora riconoscete l’altro come un truffatore, un ladro o uno psicopatico. Siete furiosi sia nei suoi confronti che nei vostri, dal momento che non avreste mai immaginato di essere così sciocchi.
Alexander Lowen, Bioenergetica, Feltrinelli, Milano 1983

Dottor Roberto Cavaliere

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PSICOLOGIA DEI SELFIE (AUTOSCATTI)

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Da diversi anni ormai, gli autoscatti (chiamati appunto selfie) sono diventati una vera e propria mania, tanto che molti esperti in tutto il mondo hanno condotto diverse ricerche per esaminare meglio questo particolare fenomeno. Da tali ricerche, sono emerse delle curiosità davvero interessanti. Scopriamone insieme qualcuna:

La selfite non esiste: sebbene alcuni anni fa sia diventata virale la notizia di una malattia chiamata “selfite”, la verità è che tale disturbo non esiste affatto, anche se è vero che la tendenza a scattarsi continuamente delle foto può essere collegata ad problemi psicologici.

Il legame tra selfie e narcisismo: alcuni studi dimostrano infatti che farsi e inviare molti selfie sarebbe collegato a punteggi più alti di narcisismo e psicopatia

Selfie e autostima: secondo delle ricerche, sembra inoltre che scattarsi troppi selfie metterebbe a rischio anche la nostra autostima, facendo così aumentare il numero di richieste di interventi di chirurgia plastica per migliorare piccole parti del volto.

Selfie e umore: ma farsi i selfie non comporta solo delle conseguenze negative. Un altro studio dimostra infatti che scattarsi dei selfie potrebbe anche migliorare l’umore, e non solo!

Selfie e igiene orale: uno studio della Case Western Reserve University School of Dental Medicine rivela inoltre che filmarsi o farsi dei selfie mentre ci si lava i denti, potrebbe migliorare anche la nostra igiene orale e quindi la salute dei denti

Il selfie salva vita: proprio grazie a un selfie,la quarantanovenne canadese Stacey Yepes è riuscita a mostrare ai medici i sintomi da cui era colpita, ed ha potuto così diagnosticare un mini-ictus.

Dottor Roberto Cavaliere

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YOGA CONTRO L’ANSIA

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Fare yoga contro l’ansia è il risultato cui sono arrivati i ricercatori della Georgia State University, pubblicati sulla prestigiosa rivista International Journal of Yoga Therapy, che hanno evidenziato i pregi della millenaria disciplina orientale nella riduzione di tutti i problemi che derivano dal disturbo d’ansia generalizzato.

Attenzione all’ansia. In particolare, gli studiosi statunitensi hanno analizzato il comportamento delle persone che soffrono di questo tipo di disturbo: in generale, infatti, gli “ansiosi” sono caratterizzati da una preoccupazione quasi incontrollabile per le situazioni che potrebbero accadere nel futuro, e questo comporta la comparsa di ulteriori sintomi non solo psicologici, ma anche fisici, come tensione muscolare e disturbi del sonno. L’effetto finale è un peggioramento della qualità della vita del soggetto, che genera problemi anche nelle sue relazioni con il prossimo, condizionando quindi vita privata e sociale.

Lo yoga contro lo stress. In supporto di tutti gli ansiosi, dunque, il suggerimento è di seguire gli esercizi e le pratiche tipiche dello yoga, che si dimostrano validi rimedi nella riduzione dei sintomi prima descritti. È già da tempo che si vantano le proprietà della psicoterapia nella “battaglia” ai disturbi d’ansia, ma ora la ricerca del team della Georgia State University ha dimostrato una concreta efficacia anche nel contrasto ai disturbi d’ansia generalizzata. Nello specifico, chi si sottopone a sessioni regolari di yogasperimenta un calo definito significativo del livello di preoccupazione, che migliora di conseguenza la qualità della vita quotidiana del paziente.

I numeri dello yoga in Italia e nel mondo. Lo studio americano conferma e pone basi scientifiche a quello che un numero sempre crescente di persone in tutto il mondo prova in prima persona: il numero di yogi e yogine, infatti, è in costante aumento negli ultimi anni, e si calcola che i praticanti nei soli Stati Uniti abbiano raggiunto quota 36,7 milioni di persone, con un altro bacino di 80 milioni di americani che si dicono pronti a sottoporsi agli esercizi sul tappetino. Anche in Italia il fenomeno mostra un trend positivo, e pure se mancano ancora statistiche ufficiali, si può sicuramente affermare che ci sono almeno 2 milioni di nostri connazionali che praticano yoga, nel migliaio di scuole diffuse sul territorio o con la pratica casalinga, mentre solo 5 anni fa erano circa la metà

Dottor Roberto Cavaliere

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TEST SULL’IPOCONDRIA

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L’ ipocondria è una vera e propria tendenza ad avvertire sintomi psicosomatici e a immaginarsi ammalati. Con questo test di Wilson ed Eysenck possiamo misurare il grado di ipocondria presente in ciascuno di noi! Rispondi alle domande con sincerità , attribuisci un punto ad ogni risposta NO, un punto ad ogni risposta SI (seguendo la scala di valutazione in fondo alla pagina) e mezzo punto per ogni punto interrogativo .
6) Di solito, ti senti in forma? SI NO ?
13) Soffri spesso di inappetenza? SI NO ?
20) La tua pelle è molto sensibile e delicata? SI NO ?
27) Provi frequentemente la sensazione di svenire? SI NO ?
34) Soffri di emicranie più spesso rispetto a quanto ne soffre la maggioranza delle persone che conosci? SI NO ?
41) Avverti occasionalmente una contrazione o una fitta improvvisa in faccia, alla testa o alle spalle? SI NO ?
48) Hai molta paura di prendere un malanno? SI NO ?
55) Ti senti in dovere di correre dal medico anche se ritieni di avere un semplice raffreddore? SI NO ?
62) Soffri di un’ estrema spossatezza nervosa? SI NO ?
69) Ti considerano una persona malaticcia? SI NO ?
76) Nell’ armadietto delle medicine, conservi tutti i resti dei farmaci che ti erano stati prescritti una volta o l’ altra? SI NO ?
83) Sei molto apprensiva per quanto riguarda la tua salute? SI NO ?
90) Una sofferenza o un dolore fisico molto forti ti impediscono di concentrarti nel lavoro? SI NO ?
97) Sei spesso disturbata da un diffuso e forte prurito? SI NO ?
104 ) Normalmente godi di buona salute? SI NO ?
111) Nella tua famiglia il mal di stomaco è di casa? SI NO ?
118) Gli altri ti dimostrano poca comprensione quando stai poco bene? SI NO ?
125) Soffri abitualmente di stipsi? SI NO ?
132) Hai mai sofferto di un vero e proprio esaurimento nervoso? SI NO ?
139) Sei infastidita spesso da forti palpitazioni? SI NO ?
146) Sei molto apprensiva se qualche tuo familiare si ammala? SI NO ?
153) Hai sempre le mani e i piedi freddi anche quando fa caldo? SI NO ?
160) Avverti spesso un senso di oppressione che ti rende pesante il respiro? SI NO ?
167) Ritieni che sia una perdita di tempo precipitarsi dal medico per la più banale delle indisposizioni, come ad esempio un raffreddore? SI NO ?
174) Non appena prendi un raffreddore, ti affretti a metterti a letto? SI NO ?
181) La mattina ti esamini sempre,o quasi sempre, la lingua davanti allo specchio? SI NO ?
188) Sali tutti i giorni sulla bilancia per verificare il tuo peso? SI NO ?
195) Avverti spesso ronzii o rumori fastidiosi nell’ orecchio? SI NO ?
202) Hai frequentemente la sensazione di un nodo alla gola che ti soffoca? SI NO ?
209) Sei soggetta ad accessi improvvisi di calore o di freddo? SI NO ?
SCALA DI VALUTAZIONE 
Esegui il totale dei punti , procedendo così :
Esempio . Domanda 6 ) Di solito ti senti in forma ? Se rispondi con un SI otterrai zero punti (poichè nella scala di valutazione vi è 6 – ) . Se rispondi con un NO otterrai un punto . Ricorda infatti, che il segno – corrisponde al NO, mentre il segno + corrisponde al SI .
6 –
13 +
20 +
27 +
34 +
41 +
48 +
55 +
62 +
69 +
76 +
83 +
90 +
97 +
104 –
111 +
118 +
125 +
132 +
139 +
146 +
153 +
160 +
167 –
174 +
181 +
188 +
195 +
202 +
209 +
RISULTATO : Il punteggio minimo va da 1 a 4, il punteggio massimo va da 7 a 21, mentre valori tra il 5 e il 6 sono nella media. Le persone che ottengono punteggi alti lamentano una caterva di disturbi organici, si preoccupano oltre misura del proprio stato di salute e spesso esigono una sollecita comprensione da parte del medico, dei familiari, e degli amici . Quelli che riportanopunteggi bassi, invece, raramente si ammalano e non si angustiano granchè per la propria salute . E’ possibilissimo che un individuo che totalizza un punteggio molto alto su questa scala, sia ammalato sul serio, ricordiamoci però che le troppe risposte affermative, data la grande varietà di malanni elencati, fa sì che il caso diventi quanto mai ipotetico .
Fonti : Conosci la tua personalità di Hans Eysenck e Glenn Wilson – BUR