Negli ultimi anni, all’interno di quell’ampio settore d’indagine che è la Psicologia Sociale, sta prendendo sempre più piede e si sta sviluppando una nuova e importante branca definita Psicologia del Turismo o, con un’espressione a mio avviso ancor più azzeccata, Psicologia Turistica.
Ma cos’è la Psicologia Turistica? Di cosa si occupa? Cosa studia?
La risposta più scontata è senz’altro questa: la Psicologia Turistica studia l’uomo-turista.
Questa definizione da un certo punto di vista può anche essere corretta ma, senza dubbio, è alquanto limitativa. Certo, la Psicologia del Turismo studia l’uomo in quanto turista, ma non solo. Il discorso è di sicuro più ampio ed articolato.Forse non tutti sanno che, al giorno d’oggi, il turismo rappresenta la principale attività economica del mondo.
Un’attività che muove oltre 5 miliardi di persone ogni anno e che dà lavoro a milioni di individui. L’attività turistica è cresciuta costantemente nel tempo e sembra destinata ad una ulteriore crescita nell’immediato futuro, favorita parecchio dallo sviluppo moderno dei trasporti e delle comunicazioni.
Oltre a ciò, il turismo riveste una fondamentale importanza come fattore di benessere economico e di sviluppo sociale per molte zone depresse della terra, prive di altre risorse di sviluppo e di sostentamento. Di conseguenza, si può affermare che l’attività turistica è oggi il fattore più decisivo fra gli agenti di cambiamento sull’ambiente dell’uomo. Un fattore che influenza non soltanto gli aspetti fisici del territorio, ma anche quelli sociali, psicologici e culturali.
A tutto ciò bisogna aggiungere che, mentre nei secoli passati il viaggiare era un’attività tipica soprattutto delle classi più agiate, attualmente il turismo coinvolge milioni di persone di ogni livello sociale ed economico.
Anche in Italia il turismo rappresenta oramai la più importante risorsa economica del Paese e, insieme ad importanti benefici economici, porta con sé tutta una serie di altri fattori, sia individuali che sociali, che possono essere emotivi, cognitivi, culturali, geografici e chi più ne ha più ne metta. Come si può notare, ci si avvicina sempre più al campo di nostro interesse, la Psicologia. A tutto ciò si associa il fatto che raramente il “fenomeno del turismo” è stato studiato approfonditamente all’infuori di quella che è la prospettiva puramente economica.
Chi si occupa di turismo (operatori turistici, imprenditori, enti, comuni, ecc…) tende, solitamente, a considerare questa attività principalmente da un punto di vista geografico-economico, ignorando (volutamente o no) gli aspetti testè considerati, che sono invece da prendere in seria considerazione laddove si voglia coniugare ed integrare il fare turismo con gli innumerevoli fattori che su questa attività incidono in vario modo. Pensiamo, solo per fare alcuni efficaci esempi, alla soddisfazione (o insoddisfazione) del turista per la vacanza, ai comportamento nella località di vacanza, alle intenzioni e alle motivazioni che spingono gli individui a viaggiare, alle interazioni fra turisti e locali, ai processi decisionali che portano alla scelta di andare o no in vacanza.
Da tutto ciò, deriva quindi che il turismo deve (o dovrebbe) essere inteso non soltanto come fatto economico ed organizzativo, ma anche come difesa della salute psicologica dell’individuo nel momento in cui decide di evadere dai ritmi frenetici della troppo stressante vita quotidiana.
Ma, oltre a questi, ci sono tanti altri aspetti da considerare e che possono rientrare tutti in quel nuovo ambito di studi che è stato definito, a ragion veduta, Psicologia Turistica.
I fattori psicologici sono stati, fra quelli che concorrono a delimitare l’ambito turistico, senza dubbio fra quelli meno studiati nel corso del tempo e, conseguentemente, il rapporto tra la psicologia ed il turismo solo recentemente si è andato consolidando ed coordinando.
Ciò appare un pò paradossale se si considera quanto detto in precedenza, cioè che l’attività turistica rappresenta attualmente la più importante risorsa del mondo, e considerando il fatto che la psicologia pervade oramai ogni ambiente della conoscenza e del comportamento umano.
Eppure, nonostante ciò, raramente scienza psicologica e attività turistica si sono ritrovate ad interagire e a comunicare proficuamente.
Di sicuro, a prima vista e ad occhi inesperti, questi due settori d’indagine possono sembrare appartenenti a campi completamente lontani e a prospettive differenti.
In primo luogo perché, come già affermato, chi fa turismo gestisce la propria attività prevalentemente in una prospettiva economica, di guadagno immediato; in secondo luogo perché chi fa psicologia di solito vuole soprattutto essere d’aiuto a persone che si trovano in particolari stati e situazioni, di malattia, e non si occupa di turismo. O almeno questa è l’idea che possiede la maggior parte della gente comune. Ma è, senza alcun dubbio e in base a quanto fin qui detto, una visione piuttosto limitata.
La cosa certa, è che la psicologia italiana ha cominciato a rispondere solo recentemente a domande del tipo:
– Chi è il turista? Cos’è il turismo?
– Da cosa è motivato il turista?
– Quali sono le peculiarità dei processi di scelta del turista?
In particolare, la domanda “Chi è il turista?” può apparire semplice e di immediata risposta laddove si identifica, in modo piuttosto approssimativo e sbrigativo, il turista come il viaggiatore che si reca a visitare luoghi nei quali non vive abitualmente ed il turismo come, appunto, l’arte di viaggiare per visitare questi luoghi.
In realtà, le risposte non sono così scontate e superficiali.
Ad un esame appena più approfondito, infatti, si nota subito come il turismo sia, come peraltro ho già scritto ma ribadisco, un’attività sulla quale influiscono numerosi e vari aspetti che rientrano a pieno titolo anche nell’ambito di studi della psicologia; basti pensare ai molteplici fattori emotivi, sociali, cognitivi, motivazionali, sempre e comunque presenti in ogni soggetto e che possono combinarsi coi fattori più propriamente legati all’ambito turistico classico quali, ad esempio, quelli economici, culturali e geografici.
A livello internazionale, la definizione più diffusa del “turista” lo identifica come quella persona che si trova fuori dalla sua abituale sede di residenza per un tempo minimo (in genere da uno a quattro giorni), in pratica chi si ritrova a dormire fuori casa per qualche giorno.
Altre definizioni aggiungono un ulteriore elemento e parlano di turista come chi spende il proprio reddito in un luogo differente da quello in cui lo produce.
Queste definizioni appaiono subito poco convincenti.
Infatti, possiamo inserire fra gli individui che rientrano in queste categorie anche soggetti che chiaramente non sono turisti, ad esempio militari che dormono nella caserma di un paese di cui non sono residenti, ricoverati che sono costretti a stare all’ospedale, lavoratori che spendono soldi nel luogo di lavoro che può non essere quello in cui abitano.
Proprio per questi motivi, a questi due elementi della definizione, “il dormire fuori” e “lo spendere denaro in una sede lontana”, se ne aggiunge solitamente un terzo, un fattore psicologico appunto, cioè la motivazione, lo stato d’animo col quale il soggetto affronta sia il viaggio che le spese. Così, la scelta del soggetto di viaggiare e spendere lontano da casa deve essere una scelta libera, volontaria.
Il turismo viene allora definito sia come uno spostamento prolungato che come una spesa, messi in atto dall’individuo volutamente e per motivi di piacere.
Soprattutto la ricerca scientifica, ma anche il senso comune, tende a considerare il turismo come una situazione esclusivamente legata al tempo libero, con caratteristiche particolari che la contraddistinguono. In particolare, la ricerca psicologica si è occupata soprattutto del viaggio “voluto”, quindi volontario.
Di fatto, come scrive Marcello Cesa-Bianchi nella presentazione del libro “Psicologia del turismo. Turismo, salute, cultura.” curato da Roberto Virdi e Angelo Traini del 1990:
“Ogni scelta turistica è indice certamente di una personale e sociale gestione del tempo libero, ma è anche motivata da soggettive esigenze, che vanno ricercate dallo psicologo. Ogni momento turistico è investito di una personale forte valenza emotiva, sociale, economica. E’ giusto, dunque che psicologi, tour operators,
amministratori di diverse regioni, dirigenti di diverse aziende di turismo e termali, si confrontino sui temi della formazione e della informazione turistica, a favore di una piena fruizione delle risorse ambientali e turistiche”.
Il rapporto che intercorre tra turismo e spostamento in generale può, quindi, essere rappresentato in sintesi, dal punto di vista psicologico, proprio in base alle motivazioni al muoversi. Questo è, dunque, solo un breve ma efficace esempio di come il Turismo rientri pienamente nell’ambito di studi della Psicologia.
Ma cosa fa esattamente lo “Psicologo del Turismo”?
Alcuni accenni pratici sono senz’altro utili per inquadrare meglio l’argomento.
Lo Psicologo del Turismo innanzitutto applica gli aspetti tipici della Psicologia all’ambito turistico. Si occupa quindi dell’ “uomo in quanto turista”, con tutte quelle problematiche e quelle dinamiche solitamente evidenziate in altri campi e settori differenti nei quali la Psicologia ha già preso piede da tempo. Studia queste dinamiche e, se necessario, cerca di offrire il suo aiuto, il suo contributo per un miglioramento a livello reale, pratico, attraverso interventi, piani di sviluppo, studi, ricerche.
Alcuni domande per esplicare degli esempi concreti:
– Il cliente-turista è soddisfatto del servizio offerto?
– Gli operatori turistici hanno una formazione adeguata?
– Cosa spinge un turista a scegliere una particolare destinazione rispetto ad altre?
– Posso influenzare le sue scelte? Se sì, in che modo?
Queste sono solo alcune delle tante domande che si può e deve porre uno “Psicologo del Turismo”.
Egli può, a livello pratico, intervenire nelle aziende di settore e nelle attività imprenditoriali turistiche per coadiuvarle e migliorarle. Ma può altresì lavorare per conto di enti turistici, comuni, aziende di turismo e soggiorno, ecc…, per sviluppare efficaci piani di sviluppo turistico. Può quindi inserirsi sia in ambito pubblico che privato.
Le ricerche di mercato sono ancora poche. Tuttavia i corsi universitari e post-universitari dedicati alla Psicologia del Turismo si stanno ultimamente moltiplicando in tutte le università italiane.
Certo, bisogna ammettere che attualmente sono poche le realtà turistiche che si avvalgono della consulenza di uno Psicologo del Turismo, ma questo rimane comunque un settore in notevole progresso che potrà certamente offrire nuovi sbocchi professionali e occupazionali.
Occuparsi di Psicologia del Turismo vuol dire, perciò, allontanarsi da una prospettiva esclusivamente geografica o economica per dedicarsi ad altri aspetti del turismo che lo interpretano anche come scelta psicologica e come comportamento dell’individuo sul quale incidono differenti e vari fattori (emotivi, cognitivi, sociali, ecc…) che si combinano e si influenzano vicendevolmente.
Per questi ed altri motivi è dunque utile fornire un’immagine più precisa e, per certi versi, nuova di questo settore di studi di così recente sviluppo, la Psicologia Turistica appunto.
BREVE BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO SULL’ARGOMENTO:
BATTILANI P. – 2001 – Vacanze di pochi, vacanze di tutti. L’evoluzione del turismo europeo. Il Mulino, Bologna.
GULOTTA G. – 1997 – Psicologia turistica, Giuffrè Editore, Milano.
MARINI F. – 2003 – Psicologia del turismo e formazione alla tutela dell’ambiente, in “Profili di ricerca e intervento psicologico-sociale nella gestione ambientale”, A.M. Nenci, Franco Angeli, Milano.
MEREU A. – 2003 – Aspetti psicologici del turismo. Una ricerca nella zona di Sant’Antioco, Tesi di laurea, Università di Cagliari.
PECCI S. – 1995 – In vacanza con lo psicologo: temi di psicologia del turismo, CLUEP, Padova.
SESSA A. – 1992 – Elementi di sociologia e psicologia del turismo, 7a edizione interamente aggiornata ed ampliata, C.L.I.T.T., Roma.
TRAINI A. (a cura di) – 1986 – Psicologia e Turismo, Ed. Bolis, Bergamo.
VILLAMIRA M.A. (a cura di) – 2001 – Psicologia del viaggio e del turismo, UTET Libreria, Torino.
VIRDI R., TRAINI A. (a cura di) – 1990 – Psicologia del turismo. Turismo, salute, cultura, presentazione di Marcello Cesa-Bianchi, Armando Editore, Roma.
LA PSICOLOGIA TURISTICA IN PRATICA
[ dott. Alessandro Mereu ]
INTRODUZIONE
Parlare della Psicologia del Turismo (o Psicologia Turistica) è sempre molto difficile in quanto, come per tutti quei settori ancora in divenire, tutto ciò che può essere detto o scritto rischia di non corrispondere in pieno al modo in cui vanno realmente le cose.
Dal punto di vista teorico il materiale sulla Psicologia Turistica esiste ed è senz’altro reperibile.
Ci sono diversi libri, saggi ed articoli che trattano l’argomento da punti di vista differenti, esistono altresì i vari resoconti prodotti dai convegni sull’argomento svolti fino ad oggi (in Italia e all’estero).
Innanzitutto voglio segnalare due libri in particolare che, a mio parere, offrono un punto di vista teorico molto completo ed esaustivo: “La Psicologia Turistica” di Gulotta (1997) e “Psicologia del viaggio e del turismo” (2001) a cura di Villamira.
Molto interessante si rivela inoltre un interessante intervento del professor Franco Marini dal titolo “Psicologia del turismo e formazione alla tutela dell’ambiente”, inserito nel libro della professoressa Nenci, “Profili di ricerca e intervento psicologico-sociale nella gestione ambientale” (2003).
Dal punto di vista concettuale i riferimenti, dunque, ci sono e non sono pochi.
Non altrettanto si può affermare per quanto riguarda gli aspetti pratici e concreti della Psicologia Turistica.
Parliamoci chiaro: vi siete mai imbattuti, nel corso della vostra esperienza o delle vostre vacanze, in uno “Psicologo del Turismo” ?
Non credo proprio. Se non è così, fatemelo sapere.
Tutto questo per dire che, dal punto di vista pratico, di ricerca e di lavoro effettivo “sul campo”, questo settore di studi è ancora agli inizi e lungi dall’affermarsi. I riferimenti pratici, se ne esistono, sono quindi pochissimi.
Nonostante ciò, proveremo lo stesso ad identificare la Psicologia Turistica nei suoi sviluppi pratici, reali e possibili; cercando di indicare i punti salienti e i risvolti operativi e produttivi che questa disciplina può o potrebbe avere.
Lo farò basandomi sui miei studi, sui progetti di ricerca che ho portato e tuttora sto cercando di portare avanti. Progetti tutti incentrati sullo sviluppo della psicologia turistica sul campo: il famoso “SAPER FARE” dunque.
Partiamo da alcune precise domande che immediatamente ci girano per la testa quando sentiamo parlare di Psicologia Turistica: naturalmente sono solo alcune delle tante e pressanti domande che possiamo porci nel momento in cui decidiamo di affrontare e sviluppare l’argomento da un punto di vista pratico.
– Cosa fa lo Psicologo del Turismo (PdT)?
– Esistono specializzazioni in questo settore?
– Che tipo di ricerche svolge?
– Chi commissiona queste ricerche?
– Che tipo di interventi offre uno PdT?
– Chi si rivolge (o potrebbe rivolgersi) allo PdT?
– Chi sono i suoi potenziali clienti?
– Quali strumenti pratici vengono utilizzati dallo PdT?
– Che sbocchi occupazionali ci sono nel futuro per questo settore?
1 – Attività dello Psicologo del Turismo (PdT)
Innanzitutto diciamo cosa fa o dovrebbe fare (il condizionale in questo caso è sempre d’obbligo) uno PdT.
Come già affermato nel precedente articolo uno PdT studia l’uomo in quanto turista, in quanto viaggiatore, l’uomo in vacanza, in villeggiatura.
Dunque applica o, meglio, dovrebbe applicare gli strumenti e le metodologie della Psicologia ad un ambito così importante della società umana come quello del Turismo. Ma non è su questo che dobbiamo soffermarci (l’abbiamo già ampiamente fatto nel primo articolo!).
Uno PdT, dunque, dovrebbe possedere un’ adeguata preparazione nell’adattare e utilizzare gli studi, i procedimenti e le applicazioni della Psicologia al mondo turistico in tutte le sue caratteristiche e sfumature.
2 – La Formazione in Psicologia Turistica
Fondamentale diventa, dunque, anche per questo settore di studi una formazione adeguata e continua.
Ma come si ottiene questa preparazione? Dove formarsi a livello pratico ?
A queste domande è già più difficile rispondere.
Abbiamo già detto, nel primo articolo, che in numerose facoltà sono sorti, soprattutto ultimamente, corsi di Psicologia del Turismo che forniscono le basi teoriche.
Non altrettanto si può dire per la tanto agognata formazione post-lauream, su eventuali corsi o master che forniscono le basi pratiche, gli strumenti, la formazione “sul campo”.
Questo perché, è inutile negarlo, ancora non si è sviluppato un settore vivo e proficuo di Formazione in Psicologia del Turismo.
Naturalmente, c’è sempre l’eccezione che conferma la regola e mi preme segnalare l’attività formativa che, probabilmente, più si è avvicinata, in questi ultimi anni, a mettere in pratica ciò di cui stiamo parlando: cioè il “Corso Internazionale di Alta Formazione nel Settore Turistico”, che si svolge annualmente a Nuoro ed è giunto, nel 2004, alla terza edizione.
Per definizione il corso:
“integra gli aspetti economici, gestionali e di marketing del turismo con i suoi aspetti sociali e culturali. Questa integrazione consente di costruire un processo formativo completo, in cui le componenti economiche, psicologiche e sociologiche sono approfondite in una prospettiva rigorosamente scientifica e al tempo stesso strettamente operativa”.
Figura centrale del corso, che comprende anche diverse ore di stage pratico, è la professoressa Antonietta Albanese, che già da tempo insegna e si occupa di Psicologia del Turismo.
Per il resto, di formazione alla pratica della Psicologia Turistica sembra proprio che non ve ne sia traccia. Non sembra proprio che esistano specializzazioni in questo settore.
3 – Le Ricerche Pratiche in Psicologia Turistica
Che tipo di ricerche svolge lo PdT? Chi commissiona queste ricerche? Chi sono i suoi clienti?
Lo PdT svolge, come appare ovvio, ricerche nell’ambito del Turismo che possono riguardare tantissimi argomenti legati alla Psicologia.
Volete esempi pratici ? Eccoli:
– ricerche sulla soddisfazione dei turisti nei luoghi di vacanza o nella scelta di un particolare pacchetto di viaggio o, per andare ancor più nello specifico, sui prodotti e i servizi offerti da un hotel, da un museo, da un agriturismo, da un villaggio turistico, da un’agenzia di viaggi, etc…;
– ricerche sulla rappresentazione che i turisti hanno di un particolare territorio o di una particolare area d’interesse turistico;
– ricerche sul perché alcune mete turistiche sono più scelte per andarci in vacanza o in villeggiatura;
– ricerche sulle prospettive turistiche di un comune o di un territorio; – etc…etc…
Potrei andare avanti ancora e trovare moltissimi altri settori dove può trovare spazio ed essere messa in atto una ricerca di Psicologia Turistica.
Certo, a prima vista e ad occhio inesperto, queste possono apparire ricerche che rientrano in un ambito di puro e semplice marketing commerciale ma, se andiamo a vedere, la realtà è ben diversa.
Si parla dell’uomo in quanto turista, con tutti i suoi processi mentali e le sue emozioni: quale scienza, se non la Psicologia, è più adatta a studiare questi processi umani?
Certo, la proficua collaborazione e commistione con altre discipline è chiara ed essenziale ma, allo stesso modo, l’intervento psicologico appare fondamentale e imprescindibile.
Per quanto riguarda gli eventuali commissionari delle ricerche, bè…possiamo senza problemi dire che chiunque, sia in ambito pubblico che privato, abbia un concreto interesse nel settore turistico può richiedere una ricerca di questo tipo. Ad esempio: in ambito pubblico, enti turistici, comuni, aziende pubbliche di soggiorno, Proloco, Musei, etc…; in ambito privato, alberghi, negozi, aziende, cooperative, agenzie di viaggi etc…
4 – Interventi Pratici in Psicologia Turistica
Che tipo di interventi concreti offre uno PdT?
Anche in questo caso, per rispondere non possiamo fare riferimento a casi già conosciuti e documentati. Tuttavia, non è difficile rispondere che, come per le ricerche, anche gli interventi pratici possono riguardare tantissimi settori che concernono sempre l’ambito turistico in generale.
Sono naturalmente interventi che derivano dalla Psicologia Generale, Sociale e del Lavoro vera e propria, ma che vengono applicati all’attività turistica.
Anche in questo caso vi propongo alcun concreti esempi.
Parliamo di Selezione e Risorse Umane:
– chi meglio di uno Psicologo potrebbe individuare i soggetti più adeguati per svolgere un determinato lavoro in ambito turistico (così come già avviene per qualsiasi altro tipo di lavoro).
Parliamo di Motivazione e Processi di Scelta:
– lo PdT dovrebbe (potrebbe), in questi casi, lavorare per effettuare interventi che riescano a motivare i dipendenti del settore; ma non solo, dovrebbe (potrebbe) altresì lavorare per motivare il turista a scegliere, ad esempio, una particolare vacanza e quindi conoscere i suoi processi di scelta.
Parliamo di Soddisfazione:
– lo PdT dovrebbe (potrebbe) individuare il livello di soddisfazione (o insoddisfazione) di un dipendente; ma non solo, dovrebbe (potrebbe) anche sapere se un turista è soddisfatto della vacanza fatta e, ancora, dovrebbe (potrebbe) lavorare per “costruire” una vacanza che si avvicini il più possibile a ciò che il “cliente-turista” desidera.
Parliamo di Programmazione:
– lo PdT dovrebbe (potrebbe) pianificare le vacanze, modificarle e adattarle alle esigenze di ogni potenziale cliente, nella sua singolarità, individuando le sue motivazioni, i suoi desideri, i suoi obiettivi.
Questi sono solo alcuni dei numerosi e possibili interventi che possono essere svolti, nel migliore dei modi, da uno PdT. E, come per le ricerche, ce ne potrebbero essere tanti altri.
Allo stesso modo, i potenziali clienti possono essere individuati sia a livello pubblico che privato, sia a livello di singoli che di gruppi più ampi.
5 – Gli Strumenti in Psicologia Turistica
Affrontiamo ora il problema degli Strumenti necessari alla pratica della Psicologia del Turismo perché, come sappiamo, ogni teoria necessita di applicazioni a livello tangibile senza le quali perderebbe di validità.
Qui il discorso si fa molto più complicato.
Come possiamo desumere, gli strumenti sono una diretta derivazione degli strumenti psicologici già ampiamente utilizzati in tutti gli altri settori della Psicologia (colloqui, test, questionari, selezione, counseling, etc…).
Quello che però finora è mancato è stato proprio l’adattamento di questi strumenti all’ambito turistico.
Un adattamento da fare “ad hoc” per questo nuovo campo di studi.
In fase di tesi di laurea, nel 2003, ho costruito un questionario strutturato che rappresenta forse il primo vero tentativo di creare uno strumento valido da utilizzare nell’ambito della Psicologia del Turismo.
L’ho voluto chiamare “Questionario degli aspetti psicologici del Turismo” (QAPT) e rappresenta, essenzialmente, uno strumento di misura adatto per l’identificazione, il rilevamento e la raccolta di dati riferiti alle caratteristiche psicologiche connesse al “Fenomeno Turismo”.
Il QAPT è stato costruito con l’obiettivo di individuare particolari caratteristiche legate al Turismo in generale e ai suoi aspetti psicologici in particolare.
Esso è derivato da una ricerca da me compiuta su un campione di 480 persone (turisti, ma non solo) nella zona di Sant’Antioco (paese in provincia di Cagliari).
Le aree di analisi, nel questionario completo e originale, sono sei:
– Analisi di strutture, servizi, enti del paese
– Analisi dell’immagine turistica della zona
– Analisi della motivazione al turismo, dei processi decisionali, analisi del sé in vacanza e della soddisfazione
– Progetti di promozione turistica e di marketing
– Analisi della qualità totale nel turismo e nelle strutture ricettive
– Analisi delle prospettive turistiche e di formazione
Come vediamo non tutte le aree riguardano aspetti esclusivamente psicologici. Questo rappresenta probabilmente il punto di forza del QAPT e lo rende adatto ad un’analisi generale del “Processo Turistico” di un paese, di un’attività, di un ente e di qualsiasi struttura operante in questo ambito.
L’Analisi Fattoriale delle Componenti Principali ha mostrato, poi, come tutti gli item del questionario possano essere ricondotti a tre dimensioni generali, a tre fattori che sono stati identificati e chiamati
Contesto Attuale
Promozione Turistica
Motivazione Turistica
Il QAPT, dalle analisi effettuate, si è inoltre dimostrato uno strumento di misura piuttosto attendibile (anche se passibile di successivi adattamenti e miglioramenti). Il livello dell’alfa di Cronbach ha, infatti, superato l’importante soglia di .80 .
Il questionario rappresenta, quindi, un tentativo di mettere davvero in pratica i concetti e le nozioni teoriche della Psicologia Turistica.
Magari avremo modo di parlarne più approfonditamente in articoli successivi.
Qui occorre dire che non ci sono, attualmente, altri strumenti utili per “la Pratica della Psicologia Turistica”. Questo appare senz’altro un handicap, un gap che dovrebbe essere colmato il più in fretta possibile, pena il rischio di lasciar ristagnare la Psicologia del Turismo in un limbo di teoria che non sfocia mai in qualcosa di realmente concreto e spendibile sul mercato.
6 – Sbocchi Occupazionali in Psicologia Turistica
Questo ci introduce direttamente all’ultima delle domande che avevamo elencato all’inizio dell’articolo:
che sbocchi occupazionali ci sono per questo settore ?
La risposta deriva, quasi scontata, da tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora.
Gli sbocchi occupazionali ci sono, o meglio, ci sarebbero…e sarebbero anche tantissimi.
Pensate solo ai vantaggi che porterebbe il lavoro di uno PdT ad un comune (o, perché no, ad una Regione o un territorio) che voglia mostrare una forte valenza turistica; ad un agenzia di viaggi che voglia organizzare pacchetti adatti alle VERE esigenze dei clienti-turisti; agli hotel e villaggi che vogliano studiare, per migliorarsi, la soddisfazione dei clienti.
Anche in questo caso, potrei continuare e fare tanti altri esempi di possibili compiti e ambiti di lavoro di uno PdT.
Il problema è un altro.
Fino a quando la Psicologia Turistica non otterrà quel giusto riconoscimento, ad un livello molto più ampio, la situazione resterà quella attuale.
Fino a quando chi si occupa di turismo (operatori, imprenditori, enti, comuni, etc…) tenderà a considerare questo settore essenzialmente da un punto di vista geografico-economico, ignorando (volutamente o no) gli aspetti psicologici che sono invece così profondamente connessi anche a questa attività (che, ricordiamolo ancora, ha come riferimento primario sempre e comunque l’uomo in quanto turista), allora la situazione è destinata a rimanere immutata e anche dal punto di vista occupazionale-lavorativo le prospettive non sono di certo rosee e ottimistiche.
Sembra, tuttavia, che qualcosa si stia lentamente muovendo.
Giova, infine, ricordare che la Psicologia Turistica rimane comunque una disciplina nuova e in pieno sviluppo.
Le speranze in un futuro positivo e produttivo non sono quindi da ritenersi semplici utopie.
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Psicologo, Psicoterapeuta
Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)
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