L’AUTOTERAPIA DI SENECA CONTRO LE PAURE
Di seguito riporto un lungo scritto di Seneca che potrebbe rappresentare una sorta di autoterapia contro le personali paure
Lettere a Lucilio – libro XIII – Lettera V
Della forza d’animo che deve distinguere il saggio.
Non bisogna inquietarsi dell’avvenire
1
So che hai molto coraggio; infatti, anche prima che temprassi il tuo spirito con insegnamenti salutari e utili per vincere le avversità della vita, eri già piuttosto soddisfatto del tuo atteggiamento di fronte alla sorte, ed ancor più lo sei ora dopo averla affrontata con decisione e aver provato le tue forze, nelle quali non si può mai confidare con sicurezza finché non si sono mostrate numerose difficoltà da ogni parte, e non si sono molto appressate. Così si sperimenta il coraggio vero, che non è soggiogato dall’arbitrio altrui: è la prova del fuoco.
2
Un atleta non può combattere con accanimento, se non è già livido per le percosse: chi ha visto il proprio sangue, chi ha sentito i propri denti scricchiolare sotto i pugni, chi è stato messo a terra e schiacciato dall’avversario e, umiliato, non si è perso d’animo, chi si è rialzato più fiero dopo ogni caduta, va a combattere con grandi speranze di vittoria.
3
Quindi, per continuare con questo paragone, molte volte ormai hai subito l’assalto della sorte; tu, però, non ti sei arreso, ma sei balzato in piedi e hai resistito con maggiore risolutezza: il valore, quando è sfidato, si moltiplica. Tuttavia accetta, se credi, le armi di difesa che ti posso offrire.
4
Sono più le cose che ci spaventano, Lucilio mio, di quelle che ci minacciano effettivamente, e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà. Non ti parlo con il linguaggio degli Stoici, ma in tono più sommesso; noi, infatti, definiamo poco importanti e trascurabili tutte le avversità che ci strappano gemiti e lamenti. Tralasciamo queste parole gravi, ma, buon dio, vere: ti raccomando solo di non essere infelice prima del tempo, poiché le disgrazie che hai temuto imminenti, forse non arriveranno mai, ma di certo non sono ancora arrivate.
5
Certe cose ci tormentano più del dovuto, certe prima del dovuto, certe assolutamente senza motivo; quindi, o accresciamo la nostra sofferenza o la anticipiamo o addirittura ce la creiamo. Rimandiamo per il momento il primo punto, poiché il problema è controverso e c’è una discussione in corso. Quei mali che io ho definito trascurabili, tu li giudicherai gravissimi; taluni ridono sotto i colpi di frusta, altri, invece, gemono per un pugno. Vedremo in seguito se quei mali hanno forza per se stessi o per la nostra debolezza.
6
Se chi ti circonda vorrà persuaderti della tua infelicità, promettimi di badare non a quello che ascolti, ma a quello che provi e di decidere in base alla tua capacità di sopportare; chiedi a te stesso, che ti conosci meglio di chiunque altro: «Perché costoro mi compiangono? Perché stanno in ansia, perché hanno paura anche di toccarmi, quasi che le disgrazie fossero contagiose? È veramente un male o, più che di un male, si tratta di un qualcosa che può portare più che danno infamia?» Chiediti: «Forse mi cruccio e mi affliggo senza motivo e rendo un male qualcosa che non lo è?»
7
«In che modo,» domandi, «posso comprendere se mi angustio a torto o a ragione?» Attieniti a questa regola per stabilirlo: o ci tormentiamo per il presente o per il futuro o per entrambi. Del presente è facile giudicare: se sei libero, sano e non subisci dolore per un’offesa, guarderemo al futuro: oggi non c’è motivo di preoccuparsi.
8
«Ma ci sarà». Innanzi tutto considera se ci sono sicuri indizi di un male imminente: per lo più, infatti, stiamo in ansia solo per sospetti e ci facciamo ingannare da quelle dicerie che riescono a determinare la sorte di una guerra e che, a maggior ragione, determinano la sorte degli individui. È così, Lucilio mio, crediamo facilmente alle supposizioni; non mettiamo alla prova l’attendibilità delle nostre paure e non ce le scrolliamo di dosso; ci agitiamo e voltiamo le spalle come soldati che abbandonano l’accampamento per il polverone sollevato da un gregge di pecore in fuga o come quelle persone che si lasciano spaventare dai racconti di cose senza fondamento e di cui non si conosce neppure l’autore.
9
Non so perché le paure infondate incutano più turbamento; quelle fondate hanno un loro limite: tutto ciò che è incerto è in balia delle congetture e dell’arbitrio di un animo intimorito. Perciò niente è così dannoso, così irrefrenabile come il panico; le altre forme di paura derivano dall’assenza di ragionamento, questa dall’assenza di senno.
10
Perciò, esaminiamo attentamente la questione. È verosimile che in futuro ci accada qualche guaio, ma non è proprio sicuro. Quanti eventi inattesi sono avvenuti! E quanti fatti attesi non si sono mai verificati! E se anche capiteranno, a che giova andare incontro al dolore? Ti dorrai a sufficienza quando il male arriverà: nel frattempo augurati il meglio.
11
Che cosa ci guadagnerai? Tempo. Possono intervenire molti fattori per cui un pericolo vicino, o addirittura imminente, si ferma o cessa o piomba addosso a qualcun altro; spesso in un incendio si apre una via di fuga; qualcuno è uscito illeso da un crollo; a volte la spada è stata ritirata dal collo su cui pendeva; qualcuno è sopravvissuto al suo carnefice. Anche la sfortuna è mutevole. Forse sarà, forse non sarà, nel frattempo non è; tu spera sempre nel meglio.
12
Talora, benché non vi siano indizi manifesti che preannuncino qualche sventura, l’animo si crea mali immaginari: o travisa in peggio una parola ambigua o ingigantisce un’offesa ricevuta, e pensa non a quanto l’altro sia in collera, ma a quanto sia lecito a chi è in collera. Ma non c’è nessun motivo di vivere, nessun limite alle nostre sciagure, se si teme tutto ciò che può accadere. Qui giova essere saggi: respingi con forza d’animo la paura anche se giustificata; oppure, scaccia una debolezza con un’altra: tempera il timore con la speranza. Gli eventi temuti non accadono e quelli sperati deludono: è una verità più certa di tutte le nostre paure.
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Soppesa, quindi, speranza e paura, e quando tutto sarà incerto, favorisci te stesso: credi a ciò che preferisci. Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia; considera che la maggior parte degli uomini si arrovella e si agita, sebbene non vi siano mali presenti né certezza di mali futuri. Nessuno, infatti, resiste a se stesso quando ha cominciato ad essere inquieto e non riconduce i suoi timori alla realtà; nessuno dice: «Mente chi sostiene questo, mente: o se l’è inventato o crede a dicerie.» Ci lasciamo trasportare dal vento; paventiamo l’incerto come se fosse certo; non abbiamo il senso della misura, subito un dubbio si trasforma in timore.
14
Mi vergogno usare con te tale linguaggio e di confortarti con simili rimedi. Un altro dica pure: «Forse non capiterà,» tu di’: «E se anche capiterà? Vedremo chi dei due avrà la meglio; forse si risolverà a mio vantaggio e una morte come questa onorerà la mia vita.» La cicuta rese grande Socrate. Togli a Catone la spada che gli diede la libertà, gli toglierai una gran parte di gloria.
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Ora ti sto facendo troppe esortazioni, mentre tu hai più bisogno di essere ammonito che esortato. Non ti spingo ad un comportamento diverso dalla tua natura: tu sei predisposto dalla nascita a ciò di cui parliamo; tanto più, dunque, accresci ed arricchisci il bene che c’è in te.
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Posso ormai concludere questa lettera, se le imprimo il suo sigillo, se le affido, vale a dire, una bella massima da riferirti. «Tra gli altri mali, lo stolto ha anche questo: comincia sempre a vivere». Rifletti sul significato di questa frase, mio ottimo Lucilio, e comprenderai quanto sia vergognosa la leggerezza di quegli uomini che ogni giorno pongono nuove fondamenta alla loro vita, che nutrono speranze anche in punto di morte.
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Osservali uno per uno: vedrai vecchi che hanno mire ambiziose e che si danno ai viaggi, agli affari. Niente è più sconcio di un vecchio che voglia ricominciare a vivere. Non aggiungerei il nome dell’autore di questa frase, se non fosse troppo poco conosciuta: non è tra quelle più famose di Epicuro, che io mi sono permesso di lodare e di fare mie. Stammi bene.
Psicologo, Psicoterapeuta
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