L’ Anoressia Infantile

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L’anoressia infantile è un disturbo alimentare che si manifesta nei bambini, tipicamente tra i 6 mesi e i 3 anni di età o al massimo entro gli 8 anni, e si caratterizza da una marcata riduzione dell’appetito e dal rifiuto di alimentarsi. Questo disturbo non va confuso con l’anoressia nervosa, che si presenta solitamente in adolescenza o età adulta. L’anoressia infantile può influenzare negativamente la crescita e lo sviluppo del bambino, oltre a generare grande preoccupazione nei genitori.

✅Sintomi
I sintomi dell’anoressia infantile possono includere:
1. Rifiuto persistente del cibo: Il bambino rifiuta di mangiare o accetta solo quantità molto limitate di cibo.
2. Assenza di fame: Il bambino non sembra mai avere fame e può mostrare un disinteresse generale per il cibo.
3. Crescita rallentata o stagnante: La mancanza di nutrizione adeguata può portare a un arresto della crescita o a un ritardo nello sviluppo fisico.
4. Comportamenti selettivi: Il bambino potrebbe accettare solo determinati cibi e rifiutare gli altri, spesso con forte resistenza.
5. Disturbi emotivi: Il rifiuto del cibo può essere accompagnato da irritabilità, ansia o capricci durante i pasti.
6. Perdita di peso: Nei casi più gravi, il bambino può perdere peso o non riuscire a guadagnarlo in modo adeguato.

✅Cause
Le cause dell’anoressia infantile sono complesse e possono essere di natura multifattoriale:
1. Fattori psicologici: Alcuni bambini possono sviluppare l’anoressia infantile come risposta a situazioni di stress, cambiamenti significativi (come l’arrivo di un fratello), o come una forma di controllo sull’ambiente circostante.
2. Relazione con i genitori: La tensione nei pasti, le aspettative troppo alte da parte dei genitori o l’eccessiva pressione sul bambino affinché mangi possono contribuire al rifiuto del cibo.
3. Problemi medici: In alcuni casi, possono essere presenti problemi di salute sottostanti, come infezioni, reflusso gastroesofageo o allergie alimentari che rendono l’atto del mangiare sgradevole o doloroso per il bambino.
4. Fattori ambientali: Lo stile di vita familiare, le abitudini alimentari irregolari o i conflitti durante i pasti possono influenzare negativamente l’alimentazione del bambino.

✅Terapie
Il trattamento dell’anoressia infantile richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge pediatri, psicologi, e nutrizionisti:

1. Valutazione medica: È importante escludere eventuali cause mediche del rifiuto del cibo. Un pediatra può condurre esami e test per determinare se ci sono problemi fisici alla base dell’anoressia.

2. Supporto psicologico: Il supporto psicologico è fondamentale, sia per il bambino che per i genitori. La terapia familiare può aiutare a migliorare la dinamica dei pasti e a ridurre la tensione durante l’alimentazione. In alcuni casi, può essere utile anche una terapia cognitivo-comportamentale per il bambino, per affrontare eventuali paure o ansie legate al cibo.

3. Intervento nutrizionale: Un nutrizionista o un dietista può aiutare a pianificare pasti equilibrati che siano attraenti per il bambino, e a stabilire un programma alimentare che incoraggi un’assunzione graduale ma costante di cibo.

4. Modifica del comportamento: Tecniche di modificazione del comportamento, come il rinforzo positivo e la desensibilizzazione graduale, possono essere utilizzate per migliorare l’atteggiamento del bambino nei confronti del cibo.

5. Educazione dei genitori: Educare i genitori su come gestire i pasti in modo positivo e senza conflitti è fondamentale. I genitori devono imparare a creare un ambiente tranquillo durante i pasti, a non insistere troppo sul cibo e a offrire alternative salutari senza forzare il bambino.

✅Conclusione
L’anoressia infantile è un disturbo complesso che richiede un intervento tempestivo per evitare complicazioni a lungo termine nella crescita e nello sviluppo del bambino. Con il giusto supporto medico, psicologico e nutrizionale, molti bambini riescono a superare questo disturbo e a sviluppare un rapporto sano con il cibo.

Dottor Roberto Cavaliere Psicoterapeuta. Studio professionale in Milano, Roma e Salerno. Possibilità di effettuare sedute tramite videochiamata.

➡️Per info e contatti 3208573502 dotcavaliere@gmail.com

9 RIFLESSIONI SUI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

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LA SERENITA’ E LA FELICITA’ NON HANNO PESO 

Le seguenti riflessioni sono di Renate Göckel , psicologa e psicoterapeuta tedesca. esperta in disturbi del comportamento alimentare. Rappresentano un perfetto sunto degli aspetti psicologici di tale tipologia di disturbi e con una modalità diretta e sintetica aiutano ad avviare una riflessione consapevole sulle possibili cause.

  •  „L’anoressica sembra dire: «Tengo sotto controllo il mio corpo e i suoi bisogni, e vi odio tutti, voi che siete così deboli da cedere ai bisogni del vostro corpo. Io sono più forte di voi, mi sento superiore». Un soggetto anoressico ha sempre un che di inavvicinabile.“
  • „Tra anoressia, bulimia e obesità esistono più affinità che differenze e il lavoro terapeutico svolto con pazienti appartenenti a queste tre categorie ha sempre rivelato in modo inequivocabile che tutti i disturbi alimentari a carattere maniacale hanno radici comuni.“
  • „I soggetti anoressici, con la loro apparente fragilità, il loro corpo sfinito e consunto. suscitano un senso in parte di pietà, in parte di ammirazione, a volte anche di ribrezzo, sempre, comunque, di stupore.“
  • „Tra le donne bulimiche che ho conosciuto non ve ne era una che non avesse sperimentato l’ambiguo, contraddittorio messaggio materno: «Sii come me, e diversa da me».“
  • „Nella sessualità emerge chiaramente il principio cui obbediscono le donne che mangiano troppo: sopportare, reprimere il proprio desiderio o l’assenza di desiderio e al tempo stesso sforzarsi fingendo una voglia che immaginano ci si aspetti da loro. In questo modo credono di avere tutto in pugno.“
  • „La donna grassa, obesa, si isola fisicamente grazie alla sua barriera protettiva, dato che non riesce a farlo a livello psichico.“
  • „La donna bulimica accetta solo la propria immagine perfetta e rifiuta il vero Io, che quasi nemmeno conosce e di cui teme il manifestarsi.“
  • „Le donne che soffrono di disturbi alimentari temono di essere scoperte. Hanno bisogno di distanza proprio per non essere viste come in realtà sono: esseri fragili, bisognosi, con il terrore di essere respinti e di non ricevere ciò che desiderano.“
  • „Il cammino è la vita reale o, come dice un proverbio cinese: «La via è la vita». Per i bulimici è l’opposto: vorrebbero raggiungere la meta possibilmente subito e con sicurezza e saltare il cammino, cioè la vita.“

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private in studio, telefoniche e/o via Skype:

tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

DIAGNOSI DI UN DCA

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La diagnosi di un disturbo del comportamento alimentare (DCA) è molto spesso misconosciuta anche dai professionisti della salute mentale. Ciò che qui vogliamo proporvi è un memorandum di alcune domande relative ai DCA che dovrebbero essere poste a tutti i pazienti sospetti. Questo semplice strumento di screening è denominato SCOFF-Questions:
  • Vi sentite male (talvolta al punto di vomitare) quando vi sentite troppo pieni?
  • Vi preoccupate di avere perso il controllo della quantità di cibo ingerito?
  • Recentemente avete perso più di quattrodici libbre di peso in tre mesi?
  • Vi credete grassi anche se gli altri vi ritengono troppo magri?
  • Direste che il cibo domina la vostra vita?
NOTA: Segnate un punto per l’ogni risposta “sì”; un totale di due o più è un’indicazione probabile di anoressia o bulimia nervosa.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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TEST SUL DISTURBO D’ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA (BINGE EATING)

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QUESTIONARIO BES – BINGE EATING SCALE
(J. Gormally et al. 1982)

Il questionario BES è un test diretto alla valutazione del Binge Eating, il cui sintomo principale sono le abbuffate compulsive.

La compilazione del questionario deve essere effettuata selezionando l’affermazione che sembra più adatta a descrivere la propria condizione emotiva. Per ciascuno dei 16 gruppi di affermazioni è necessario selezionare una sola delle quattro possibilità.

Ricorda che il seguente test non possiede alcuna funzione diagnostica; esso non sostituisce un consulto specialistico e il suo risultato è puramente indicativo. Ora puoi procedere.


Domanda 1.

1. Non penso al mio peso e alle dimensioni del mio corpo quando sono con altre persone
2. Mi preoccupo del mio aspetto ma questo non mi rende insoddisfatta/o di me
3. Penso al mio aspetto e al mio peso e mi sento delusa/o da me stessa/o
4. Penso molto al mio peso e provo spesso forte vergogna e disgusto per me stessa/o. Perciò evito per quanto possibile di incontrare altre persone

Domanda 2.
1. Non ho difficoltà a mangiare lentamente, seduta/o in maniera corretta
2. Mi sembra di trangugiare il cibo ma alla fine non mi sento troppo piena/o per aver mangiato eccessivamente
3. A volte mangio velocemente e dopo mi sento troppo piena/o
4. Di solito ingollo il cibo quasi senza masticarlo e poi mi sento scoppiare perché ho mangiato troppo

Domanda 3.
1. Quando voglio, sono capace di controllare i miei impulsi verso il cibo
2.Penso di avere minor controllo sul cibo rispetto alla maggior parte delle persone
3. Mi sento totalmente incapace di controllare i miei impulsi verso il cibo
4. Mi sento totalmente incapace di controllare il mio rapporto con l’alimentazione e cerco disperatamente di combattere i miei impulsi verso il cibo

Domanda 4.
1. Non ho l’abitudine di mangiare quando sono annoiata/o
2. Qualche volta mangio quando sono annoiata/o, ma spesso riesco a distrarmi e a non pensare al cibo
3. Spesso mangio quando sono annoiata/o, ma talvolta riesco a distrarmi e a non pensare al cibo
4. Ho l’abitudine di mangiare quando sono annoiata/o e niente riesce a farmi smettere

Domanda 5.
1. Di solito, quando mangio qualcosa è perché ho fame
2. Talvolta mangio d’impulso, senza avere veramente fame
3. Mi capita spesso di mangiare per soddisfare una sensazione di fame anche se fisicamente non ho bisogno di cibo; in queste occasioni non riesco nemmeno a gustare quello che mangio
4. Anche se non ho fisicamente fame, avverto il bisogno di mettere qualcosa in bocca e mi sento soddisfatta/o solo quando riesco a riempirmi la bocca (per esempio con un pezzo di pane). Qualche volta, quando questo succede, risputo il cibo per non ingrassare

Domanda 6.
1. Non mi sento per nulla in colpa, né provo odio per me stessa/o dopo aver mangiato troppo
2. A volte mi sento in colpa o provo odio per me stessa/o dopo aver mangiato troppo
3. Quasi sempre provo un forte senso di colpa o odio per me stessa/o se ho mangiato troppo

Domanda 7.

1. Quando sono a dieta non perdo mai del tutto il controllo sul cibo, anche in momenti in cui mangio troppo
2. Quando sono a dieta e mangio un cibo proibito, sento che ormai ho trasgredito e mangio ancora di più
3. Quando sono a dieta e mangio più del dovuto mi dico spesso: “Ormai hai trasgredito, perché non vai fino in fondo?” Quando questo succede, mangio ancora di più
4. Mi metto regolarmente a dieta stretta, ma poi interrompo la dieta con un’abbuffata. La mia vita è fatta di abbuffate
e digiuni

Domanda 8.
1. È raro che io mangi così tanto da sentirmi sgradevolmente piena/o
2. Circa una volta al mese mangio così tanto da sentirmi sgradevolmente piena/o
3. Ci sono periodi regolari durante il mese in cui mangio grandi quantità di cibo, ai pasti o fuori dai pasti
4. Mangio così tanto che di solito, dopo aver mangiato, mi sento piuttosto male e ho nausea

Domanda 9.
1. La quantità di calorie che assumo è abbastanza costante nel tempo
2. Qualche volta, dopo aver mangiato troppo, cerco di mangiare pochissime calorie per compensare l’eccesso del
pasto precedente.
3. Ho l’abitudine di mangiare troppo di sera. Di solito non ho fame la mattina e mangio troppo la sera
4. Da adulto ho avuto periodi di circa una settimana in cui mi sono imposto diete da fame, a seguito di periodi in cui avevo mangiato troppo. La mia vita è fatta di abbuffate e digiuni

Domanda 10.
1. Di solito riesco a smettere di mangiare quando lo decido. So quando è ora di dire basta
2. A volte avverto un impulso a mangiare che non riesco a controllare
3. Spesso avverto impulsi a mangiare così forti che non riesco a vincerli, mentre altre volte riesco a controllarmi
4. Mi sento del tutto incapace di controllare i miei impulsi a mangiare. Ho paura di non farcela a smettere di mangiare con un atto di volontà

Domanda 11.
1.Non ho problemi a smettere di mangiare quando mi sento piena/o
2. Di solito riesco a smettere di mangiare appena mi sento piena/o, ma talvolta mangio così tanto da sentirmi piena/o
in modo sgradevole
3. Per me è un vero problema smettere di mangiare una volta che ho iniziato e di solito, alla fine, mi sento piena/o in modo sgradevole
4. Per me è un vero problema smettere di mangiare e qualche volta devo provocarmi il vomito per avere sollievo

Domanda 12.
1. Quando sono con gli altri (incontri familiari, occasioni sociali) mi sembra di mangiare come quando sono da sola/o
2. Quando sono con gli altri a volte non mangio quanto vorrei, perché sono consapevole dei miei problemi con il cibo
3. Quando sono con gli altri spesso mangio poco, perché mangiare di fronte ad altri mi imbarazza molto
4. Mi vergogno così tanto di mangiare troppo, che per farlo scelgo i momenti in cui nessuno mi vede. In effetti, mangio di nascosto

Domanda 13.
1. Faccio tre pasti al giorno e occasionalmente uno spuntino
2. Faccio tre pasti al giorno e di solito anche degli spuntini
3. Quando faccio molti spuntini salto i pasti regolari
4. Ci sono periodi in cui mi sembra di mangiare continuamente, senza pasti regolari

Domanda 14.
1. Non penso molto a controllare gli impulsi a mangiare che non vorrei avere
2. A volte la mia mente è occupata dal pensiero di come controllare l’impulso a mangiare
3. Spesso passo molto tempo pensando a quanto ho mangiato o a come fare per non mangiare
4. La mia mente è occupata per la maggior parte del tempo da pensieri sul mangiare. Mi sembra di essere continuamente in lotta per non mangiare

Domanda 15.
1. Non penso molto al cibo
2. Mi capita di avere un forte desiderio di cibo, ma solo per brevi periodi di tempo
3. Ci sono giorni in cui non penso ad altro che al cibo
4. La maggior parte delle mie giornate è occupata da pensieri sul cibo. Mi sembra di vivere per mangiare

Domanda 16.
1.Di solito so se sono affamata/o oppure no. Prendo la porzione giusta per saziarmi.
2. A volte non so bene se ho fisicamente fame oppure no. In questi momenti, mi è difficile capire quanto cibo ci vorrebbe per saziarmi.
3. Anche se sapessi quante calorie dovrei mangiare, non avrei un’idea chiara di quale sarebbe, per me, una normale quantità di cibo

CALCOLA IL PUNTEGGIO

Domanda Risposta 1 Risposta 2 Risposta 3 Risposta 4
1 0 0 1 3
2 0 1 2 3
3 0 1 3 3
4 0 0 0 3
5 0 1 2 3
6 0 1 3
7 0 2 3 3
8 0 1 2 3
9 0 1 2 3
10 0 1 2 3
11 0 1 2 3
12 0 1 2 3
13 0 0 2 3
14 0 1 2 3
15 0 1 2 3
16 0 1 2

 

  • S Se il punteggio complessivo è inferiore a 17 la presenza di sintomi di binge eating è IMPROBABILE
  • S Se il punteggio complessivo è compreso tra 17 e 27 la presenza di sintomi di binge eating è POSSIBILE
  • S Se il punteggio complessivo è superiore a 27 la presenza di sintomi di binge eating è PROBABILE               

TEST REPERITO SUL WEB

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

TESTIMONIANZA: LA BULIMIA NELLA MIA VITA

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La bulimia nella mia vita (dalla testimonianza di una mia paziente che mi ha invitata a pubblicare la storia, affinchè possa essere di aiuto a chi vive lo stesso problema. Un grazie di cuore).


E’ arrivato il momento piu’ difficile per me…quello di mettere nero su bianco…quello di proiettare su questo foglio le emozioni della mia vita…quelle emozioni dolorose che mi hanno portata a convincere la Dott.ssa Roberta Carechino a pubblicare questa storia e che parla del mio dolore.
Toccare per l’ennesima volta, queste emozioni non mi risulta facile: forse perchè sono li’ bloccate da qualche altro “mattone” che forma quel “muro” che non mi ha permesso di vivere completamente la mia vita.
Toccare nuovamente l’odio, l’orgoglio, la distruttività, mi riporta al progetto che mia madre aveva per me e che io, con molta facilità ho fatto mio.
Immagino che, quando ero nella pancia di mia madre, non mi devono essere arrivate notizie molto rassicuranti sul mondo esterno, ma non so se mia madre abbia avuto dei problemi durante la gravidanza.
Una delle poche notizie certe che ho avuto è quella delle minaccie di aborto e della mia nascita avvenuta prima del previsto, e con l’aiuto della ventosa.
Mi sono sentita ed ero completamente sola, sola col mio dolore e le mie angosce.
Il dolore della vita intrauterina si è rivelato talmente profondo, sordo, devastante da togliermi ogni energia.
Una delle esperienze piu’ drammatiche che è emersa, quando ho ripercorso i miei vissuti(con l’analisi e la terapia ) della vita prenatale, è stato scoprire quanto male mi sono fatta e ho fatto con le mie scelte.
Ho odiato mia madre perchè non si è presa cura di me, come volevo io.
Per lei il mio concepimento, la gravidanza, la mia nascita sono stati soltanto motivo di profonda sofferenza. Io ho sperimentato la sua assenza, il suo “non esserci”. Il suo “non esserci” mi ha fatto reagire “non essendoci” e non provando gioia per la vita. la mia reazione automatica è stata quindi, quella di “non essere presente”.
Forse è per questo che sono stata una bambina e una donna zitta e triste, priva di quella vivacità che lascia trasparire la gioia di vivere.
L’odio che ho agito, è stato diretto contro me stessa… per ottenere le cure di mia madre, ho dovuto spingermi talmente oltre che alla fine mi ammalai
veramente.Un piano di vendetta “diabolico”… per tenere fede a questo piano mi sono continuamente colpita, anche nel corpo. Bastava guardarmi per vedere i risultati devastanti della mia decisione di odio, che si è ritorto contro me stessa: mi sono colpita senza pietà proprio in quello che simboleggia la femminilità.
Durante l’adolescenza ho incominciato a mangiare in maniera forsennata e questo comportamento è durato quindici anni.
Il mio corpo ingrassava, diventava obeso…cosi’ potevo essere sicura che nessuno mi avrebbe guardata, nè tanto meno mia madre (che desiderava un maschio), nè mio padre che vedeva in me la bambina che diventava donna.
L’odio rimosso accumulato dentro di me mi faceva rifiutare le cose piacevoli della vita.
In parte mi sentivo anche in colpa di essere stata la causa di tante sofferenze di mia madre, oppure di non averle procurato nessuna gioia nascendo e questo senso di colpa che originava dall’odio, mi ha costretta a vivere cercando sempre di fare il massimo per mostrare quanto ero brava, ma senza riuscire ad ottenere nessun riconoscimento dagli altri.
Inoltre ho sempre sentito di non essere amata per quello che sono, ma per quello che facevo e che comunque dovevo sempre rinunciare a qualche cosa per essere amata.
La mia risposta è stata quella di chiedermi di non sentire piu’ niente… da qui la malattia del corpo e dell’anima, la distruzione della mia adolescenza, dei miei desideri, dell’allegria, della gioia, dei contatti dei coetanei…sono stati anni bui, di una sofferenza soffocata. Ho rinunciato ai miei desideri, coltivando un ideale di purezza che mi lasciava infelice e insoddisfatta, con la dolorosa sensazione di vivere una vita che non è vita, di vivere una vita
che non era la mia: mi sentivo un passerotto chiuso in gabbia.
Quante maschere, quante menzogne! Quanto dolore nel cercare la verità, la mia verità. Una verità che ho voluto, vedere nel mio cammino analitico fatto con la dott.ssa Carechino,per poter prendere un’altra decisione… quella di prendere per mano quella bambina e farla crescere con me, con amore, perdonarci tutto il male che ci siamo fatte insieme,e continuare il nostro cammino, cercando di fare tesoro della nostra esperienza passata.
Mia madre mi riferiva che, quando ero piccola, apparentemente tutto andava bene, che mangiavo e dormivo, non le davo fastidio. Da quando ho incominciato a mangiare da sola, mangiavo sempre poco, non ero affamata e non cercavo il cibo.
Dai dodici anni in poi, qualcosa cambiava, mangiavo sempre.Tutto questo mi fa pensare al mio disperato bisogno di affetto: nel cercare di riempire il vuoto, mi riempivo la pancia.
Avevo bisogno di aiuto, un aiuto che mi è stato donato da una persona speciale: la mia cara dott. ssa Roberta Carechino. Lei mi ha permesso di ritrovare la bambina e la donna dimenticata che c’è dentro di me.
Al pensiero che i suoi occhi sono capaci di guardarmi, le sue orecchie di ascoltarmi, mi commuovo…La cosa che, tra tutte le altre, mi ha colpito (parlo della dott.ssa) è stato il suo sguardo: ho sentito che, finalmente, mi potevo rispecchiare in occhi che mi guardano con amore, occhi che mi sembrano dolcissimi. Ecco, credo che quello che piu’ mi è mancato nel rapporto con mia madre si possa riassumere in questo: non ha mai potuto avvolgermi con quello sguardo amorevole.
Io sono rinata quando ho iniziato l’analisi: i miei ricordi, le mie sensazioni, i miei pensieri, la consapevolezza di me stessa, il dolore, le lacrime…tutto inizia da quel momento.
Rimuovere le vecchie ragnatele è il primo passo verso la libertà. Spesso sento dentro di me una forte energia, una gioia immensa…in questi momenti la mia vita si illumina.
La mia terapeuta, mi ha insegnato che bisogna trasformare i buchi incolmabili del bisogno, in cornici, pronte ad ospitare le tele bellissime dei miei desideri ancora inespressi. Trasormare ogni “non posso” in “voglio”
Grazie a lei ho scoperto il perdono: per me stessa e per gli altri. Il perdono mi permette di rompere il legame di rancore coltivato lungo gli anni e liberare parti di me prima imprigionate, soffocate, rafforzando le mie parti positive e l’amore.
Ho scoperto anche che quei momenti di sconforto, mi hanno portata ad utilizzare il cibo come mezzo di soddisfazione…forse l’unico mezzo che mi rimaneva per assaporare un piacere: il piacere della vita!
Poi qualcosa dentro di me è cambiato, ed ora mi ritrovo con un corpo che, nei suoi ritmi e tempi sta dimagrendo, sta prendendo sempre piu’ forma.
Ringrazio di vero cuore la Dott.ssa che mi ha seguito con pazienza e amore.

Ed io ringrazio Te per aver fatto questo dono a me e a quanti potranno avere un supporto leggendoTi. Con affetto Roberta Carechino. Entrambe ci scusiamo per la lunghezza del brano

Dott.ssa Roberta Carechino

Laureata in Pedagogia – Antropologa Sophianalista

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

DIARIO ALIMENTARE

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Dati anagrafici

 

Cognome:

Nome:

Data di nascita:

Età:

 

Dati anamnestici

 

  1. Sei stato/a in passato sovrappeso od obeso/a?
  • No
  • Non sempre, talvolta

 

  1. A che età hai iniziato ad aumentare di peso in modo sensibile?
  • Durante l’infanzia
  • Durante l’adolescenza
  • Tra i 20 e i 30 anni
  • Dopo i 30 anni

 

  1. Hai mai effettuato diete fai-da-te? E se si Le hai portate a termine?
  • Sì, ma non hanno funzionato ed ho interrotto subito
  • Sì, ma hanno funzionato solo per un breve periodo
  • No, ma vorrei
  • No, so che non funzionano

 

  1. Quante volte hai iniziato una dieta controllata da uno specialista e poi hai ripreso peso?
  • Mai
  • Una volta
  • Più volte

 

  1. Nella tua famiglia ci sono persone obese?
  • No
  • Sì, ma poche
  • Sì, siamo tutti sovrappeso

 

 

  1. Cosa ti motiva a voler diminuire il tuo peso?
  • Ragioni estetiche
  • Ragioni di salute
  • Miglioramento dei rapporti interpersonali
  • Miglioramento della situazione professionale
  • Altro (specificare)………………………………………………………………………………

 

 

www.iltuopsicologo.it © tutti i diritti riservati  

e’ possibile la riproduzione citando la fonte

 

 

Lunedì (gg/mm/aa) _______ / _______ / _______

Colazione:

ora:……………………………………………/luogo della colazione…………………………………… .

con chi ero:…………………………………………………………………………………………………………..

cosa ho mangiato:……………………………………………………………………………………………….

la quantità:…………………………………………………………………………………………………………..

cosa ho bevuto:……………………………………………………………………………………………………

Pranzo:

ora:…………………………………………./luogo del pranzo………………………………………………

con chi ero:………………………………………………………………………………………………………….

cosa ho mangiato:………………………………………………………………………………………………

la quantità:………………………………………………………………………………………………………….

cosa ho bevuto:…………………………………………………………………………………………………..

Cena:

ora:………………………………………../luogo dello spuntino………………………………………..

con chi ero:………………………………………………………………………………………………………….

cosa ho mangiato:……………………………………………………………………………………………..

la quantità:………………………………………………………………………………………………………….

cosa ho bevuto:………………………………………………………………………………………………….

Spuntino (fuori pasto):

Numero spuntini………………………………………………………………………………………………….

ora:……………………………………../luogo dello spuntino…………………………………………..

con chi ero:………………………………………………………………………………………………………….

cosa ho mangiato:……………………………………………………………………………………………..

la quantità:…………………………………………………………………………………………………………

cosa ho bevuto:…………………………………………………………………………………………………

 

Attività fisica:

  • Nessuna
  • Passeggiata
  • Lavori domestici
  • Palestra
  • Altro (specificare)……………………………………………………………………………………………….

Per quanto tempo?

  • Meno di 20 minuti
  • Mezz’ora
  • 1 ora
  • 2 ore
  • Di più

Qual è il tuo umore oggi?

  • Felice
  • Preoccupato
  • Nervoso
  • Triste

Il tuo umore ha influenzato il tipo e la quantità di cibo?

  • Sì, perché………………………………………………………………………………………………………
  • No, perché…………………………………………………………………………………………………….

Dopo aver mangiato, il tuo umore è cambiato?

  • Mi sento più felice
  • Mi sento come prima
  • Mi sento insoddisfatto

Se eri in compagnia al pasto hai notato come e quanto mangiavano gli altri?

  • Sì e ho provato imbarazzo
  • Sì, ma mi sentivo a mio agio
  • No, non guardo mai cosa mangiano gli altri

Quali sono state oggi le difficoltà causate dalla tua situazione?

  • Salute
  • Rapporti con gli amici
  • Problemi al lavoro
  • Problemi di spostamento
  • Disagio nei luoghi pubblici

 

 

 

 

Martedì (gg/mm/aa) _______ / _______ / _______

Colazione:

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con chi ero:…………………………………………………………………………………………………………..

cosa ho mangiato:……………………………………………………………………………………………….

la quantità:…………………………………………………………………………………………………………..

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Pranzo:

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Spuntino (fuori pasto):

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con chi ero:………………………………………………………………………………………………………….

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Attività fisica:

  • Nessuna
  • Passeggiata
  • Lavori domestici
  • Palestra
  • Altro (specificare)……………………………………………………………………………………………….

Per quanto tempo?

  • Meno di 20 minuti
  • Mezz’ora
  • 1 ora
  • 2 ore
  • Di più

Qual è il tuo umore oggi?

  • Felice
  • Preoccupato
  • Nervoso
  • Triste

Il tuo umore ha influenzato il tipo e la quantità di cibo?

  • Sì, perché………………………………………………………………………………………………………
  • No, perché…………………………………………………………………………………………………….

Dopo aver mangiato, il tuo umore è cambiato?

  • Mi sento più felice
  • Mi sento come prima
  • Mi sento insoddisfatto

Se eri in compagnia al pasto hai notato come e quanto mangiavano gli altri?

  • Sì e ho provato imbarazzo
  • Sì, ma mi sentivo a mio agio
  • No, non guardo mai cosa mangiano gli altri

Quali sono state oggi le difficoltà causate dalla tua situazione?

  • Salute
  • Rapporti con gli amici
  • Problemi al lavoro
  • Problemi di spostamento
  • Disagio nei luoghi pubblici

 

 

 

 

Mercoledì (gg/mm/aa) _______ / _______ / _______

Colazione:

ora:……………………………………………/luogo della colazione…………………………………… .

con chi ero:…………………………………………………………………………………………………………..

cosa ho mangiato:……………………………………………………………………………………………….

la quantità:…………………………………………………………………………………………………………..

cosa ho bevuto:……………………………………………………………………………………………………

Pranzo:

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con chi ero:………………………………………………………………………………………………………….

cosa ho mangiato:………………………………………………………………………………………………

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Cena:

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con chi ero:………………………………………………………………………………………………………….

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Spuntino (fuori pasto):

Numero spuntini………………………………………………………………………………………………….

ora:……………………………………../luogo dello spuntino…………………………………………..

con chi ero:………………………………………………………………………………………………………….

cosa ho mangiato:……………………………………………………………………………………………..

la quantità:…………………………………………………………………………………………………………

cosa ho bevuto:…………………………………………………………………………………………………

 

Attività fisica:

  • Nessuna
  • Passeggiata
  • Lavori domestici
  • Palestra
  • Altro (specificare)……………………………………………………………………………………………….

Per quanto tempo?

  • Meno di 20 minuti
  • Mezz’ora
  • 1 ora
  • 2 ore
  • Di più

Qual è il tuo umore oggi?

  • Felice
  • Preoccupato
  • Nervoso
  • Triste

Il tuo umore ha influenzato il tipo e la quantità di cibo?

  • Sì, perché………………………………………………………………………………………………………
  • No, perché…………………………………………………………………………………………………….

Dopo aver mangiato, il tuo umore è cambiato?

  • Mi sento più felice
  • Mi sento come prima
  • Mi sento insoddisfatto

Se eri in compagnia al pasto hai notato come e quanto mangiavano gli altri?

  • Sì e ho provato imbarazzo
  • Sì, ma mi sentivo a mio agio
  • No, non guardo mai cosa mangiano gli altri

Quali sono state oggi le difficoltà causate dalla tua situazione?

  • Salute
  • Rapporti con gli amici
  • Problemi al lavoro
  • Problemi di spostamento
  • Disagio nei luoghi pubblici

 

 

 

 

Giovedì (gg/mm/aa) _______ / _______ / _______

Colazione:

ora:……………………………………………/luogo della colazione…………………………………… .

con chi ero:…………………………………………………………………………………………………………..

cosa ho mangiato:……………………………………………………………………………………………….

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cosa ho bevuto:……………………………………………………………………………………………………

Pranzo:

ora:…………………………………………./luogo del pranzo………………………………………………

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Cena:

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Venerdì (gg/mm/aa) _______ / _______ / _______

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Sabato (gg/mm/aa) _______ / _______ / _______

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Domenica (gg/mm/aa) _______ / _______ / _______

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Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

NIGHT EATING SYNDROME – SINDROME DELL’ALIMENTAZIONE NOTTURNA ( LE ABBUFFATE NOTTURNE )

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La Sindrome dell’Alimentazione Notturna detta anche Night Eating Syndrome – NES – o più prosaicamente abbuffata notturna , rappresenta una forma di disagio psicologico che affonda le radice, a sua volta, in tre diverse patologie riconosciute: disturbo del comportamento alimentare, disturbo dell’umore, disturbo del sonno, oltre alla presenza di forte stress

I principali sintomi sono:

scarso appetito la mattina;

eccessiva e compulsiva alimentazione di sera e di notte;

difficoltà ad addormentarsi e necessità di mangiare prima dell’addormentarsi ;

frequenti risvegli notturni contraddistinti dalla necessità di mangiare per riuscire a riprendere sonno;

difficoltà a regolare le proprie emozioni;

presenza di stress o/e depressione.

Non c’è una precisa età anagrafica d’esordio anche se generalmente si presenta fra i 30 ed i 40 anni

Generalmente la sindrome d’alimentazione notturna può essere parte di una reazione allo stress. I soggetti che ne sono affetti sono più frequentemente depressi, mangiano per rabbia, tristezza o altri sentimenti negativi. Ciò induce a pensare che tale tipo d’alimentazione è utile per regolare le proprie emozioni in particolare nelle ore serali e notturne , quando la relativa calma di queste ore distoglie dai problemi quotidiani e mette difronte al proprio mondo emotivo “rimosso” durante il giorno.

Durante la notte ci sono frequenti risvegli seguiti puntualmente dall’assunzione del cibo che diventa così anche un regolatore del ritmo del sonno. Al risveglio mattutino insorgono sensi di colpa, di vergona e di rabbia per il comportamento alimentare tenuto.

Tale tipo d’alimentazione contribuisce, inoltre, all’obesità.

Alcune persone con tale sindrome abbinano all’assunzione di alimenti anche quella di alcolici: tale sintomatologia è definita Night Eating/Drinking Syndrome (NEDS).

La terapia cognitivo comportamentale per qualsiasi tipo di depressione o problematica emozionale è una delle scelte di trattamento utili per questo tipo di sindrome.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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I DISTURBI ALIMENTARI E L’AUTOSTIMA

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Il problema dei disturbi alimentari sta diventando ogni giorno più importante e urgente: i mezzi di comunicazione di massa gli dedicano spazi sempre più ampi; mentre terapeuti e ospedali hanno a che fare con un numero di casi in continua crescita.
L’anoressia e la bulimia sembrano essere i disturbi della nostra epoca. I mass media bombardano il pubblico con immagini di donne snelle e dilaga il modello della magrezza.
In più, negli ultimi vent’anni si è andato evidenziando come il problema del sovrappeso e dell’obesità nell’adulto e nel bambino abbia assunto le dimensioni di una vera emergenza sanitaria.
La letteratura scientifica che si è occupata di disturbi alimentari e di disordini ad essi correlati ha prodotto migliaia di articoli, con una crescita esponenziale soprattutto negli ultimi vent’anni. Attraverso tali ricerche sono state messe in luce relazioni tra disturbi alimentari e ansia di abbandono (Meyer e Waller, 2000), depressione (Mansfield et al., 2000; Stunkard et al., 2003), disturbi ossessivo-compulsivo (Claes et al., 2002), problemi relazionali con i genitori e stili di attaccamento (Ward et al. 2001; Ramacciotti et al., 2001).
E’ stato riscontrato che i disturbi alimentari possono derivare sia da una predisposizione genetica, suggerita dall’osservazione che certi tratti di personalità “corrono nelle famiglie” (Klump et al., 2001; Wade et al., 2000), sia da diversi fattori di rischio ambientali, alcuni dei quali sono esperienze avverse occorse prima dell’insorgenza di tali disordini e osservabili anche in altri disturbi mentali, come abuso sessuale o abbandono (Neumark-Sztainer, 2000; Romans et al., 2001; Molinari, 2001), mentre altri includono peculiari tratti di personalità, quali bassa autostima (Mendelson, 2002) o perfezionismo (Halmi et al., 2000; Bulik et al., 2003).
Non esiste una causa specifica per spiegare la natura e l’insorgenza di un disturbo dell’alimentazione, tutti gli studiosi concordano nell’affermare che per spiegarne l’origine sia necessario ricorrere ad un’ottica “multifattoriale”, cioè ricercare un insieme di fattori che concorrono all’instaurarsi e al mantenersi del disturbo.
Si evidenziano tre tipi di fattori:
-Fattori predisponenti: quei fattori che, se presenti possono favorire l’influenza delle altre cause, possono essere individuali, familiari, ambientali, socioculturali;
-Fattori scatenanti: quegli eventi che possono provocare l’insorgenza del disturbo in persone predisposte, es.: malattia di un genitore, separazione, conflitti familiari;
-Fattori perpetuanti: quei fattori che permettono al disturbo di continuare ad automantenersi nel tempo fino, talvolta a cronicizzare.
Negli ultimi decenni, quando in campo psicologico si parlava di problematiche alimentari, si faceva per lo più riferimento ai disturbi del comportamento alimentare propriamente detti (anoressia e bulimia). Benchè l’obesità non venga inclusa in questa categoria diagnostica e nonostante non venga nemmeno considerata una vera patologia, attraverso numerosi studi (Wardle J. et al.2002; Young-Hymam D. et al. 2003) si è riscontrato che esistono numerosi tratti comuni ai tre tipi di problematiche. Si pensi, ad esempio, al disturbo dell’immagine corporea presenti sia nell’anoressia che nella bulimia che nell’obesità, per quanto con diverse caratteristiche; si pensi alle connotazioni di impulsività o al problema dell’autostima.
A sostegno di ciò, interessanti sono le recenti teorie di Hilde Bruch, di Selvini Palazzoli e Minuchin, i quali, attraverso vari studi, hanno notato come i soggetti con disturbi del comportamento alimentare manifestano sentimenti di inadeguatezza e incompetenza, dovuta alla incongruenza di risposte che ricevono dalla madre sin dalle prime esperienze di vita. In particolare, occupandosi di soggetti con disturbi alimentari, Hilde Bruch ha posto in rilievo una particolare caratteristica psicologica di tali pazienti: un senso paralizzante di “inefficacia” che pervade tutto il pensiero e ogni attività del soggetto.
A partire, quindi dalle teorizzazioni di Hilde Bruch e dalla letteratura scientifica, è possibile affermare che i soggetti con disturbi alimentari (anoressia, bulimia e obesità) presentano una caratteristica comune: un deficit dell’autostima. L’autostima corrisponde all’opinione che l’individuo ha di sé stesso e si organizza sulla base delle proprie esperienze che includono anche il come si è valutati dagli altri con tutte le interazioni che ne derivano. L’autostima è considerata uno schema comportamentale e cognitivo appreso, multidimensionale e riferito ai diversi contesti, che si basa sulla valutazione espressa da un individuo delle esperienze e dei comportamenti passati, influenza i suoi comportamenti attuali e predice quelli futuri. Si può esaminare la formazione dell’autostima pensando al sé percepito e al sé ideale. Il sé percepito equivale al concetto di sé: una visione oggettiva di quelle abilità, caratteristiche e qualità che sono presenti e assenti. Il sé ideale è l’immagine della persona che ci piacerebbe essere. La discrepanza tra sé percepito e sé ideale crea problemi di autostima.
Cooley (1902) afferma che “il sé si forma specchiandosi nelle reazioni degli altri”, quindi se veniamo trattati con noncuranza o disprezzo, o se veniamo giudicati severamente dagli altri, tenderemo di riflesso ad adottare il punto di vista negativo dell’altro che ci viene comunicato.
Anche Rosenberg (1979) sostiene che le reazioni altrui influenzano in modo decisivo la valutazione che operiamo di noi stessi. Le valutazioni degli altri su di noi, quindi e le loro conseguenti disposizioni ad accettarci o rifiutarci svolgono un ruolo estremamente importante nella formazione e nel mantenimento dell’autostima.
Nonostante il peso delle valutazioni altrui ci accompagna e ci condiziona, in misura variabile, per tutta la vita, è importante sottolineare quanto peso abbiano le figure di attaccamento nelle fasi precoci di sviluppo del sé e del primo nucleo dell’autostima: il bambino tende a introiettare i valori di riferimento degli adulti significativi, a far sue le loro richieste e aspettative, a condividere i giudizi e gli atteggiamenti che loro manifestano nei suoi confronti. Quindi, le sue prime autovalutazioni coincideranno in buona misura con quelle che gli altri gli trasmettono, anche in modo indiretto e implicito. Soprattutto, la sua sensazione globale di essere o non essere importante, di valere o non valere qualcosa, nascerà dalla percezione di essere o non essere accettato, apprezzato, riconosciuto importante da queste figure di attaccamento. Questo sentimento così elementare è il primo nucleo della sua autostima che, per quanto primitiva, può essere anche molto solida e difficilmente permeabile.
Una persona con bassa autostima è fortemente motivata a soddisfare il bisogno di relazioni soddisfacenti: essere accettati e approvati dagli altri è per lei di primaria importanza; solo che sembra convinta che il modo migliore per garantirsi l’accettazione sociale sia quello di piegarsi al conformismo, rinunciando a ogni autonomia, iniziativa personale, libertà di giudizio. Crede insomma che, per essere benvoluti dagli altri, sia necessario dar loro ragione, non contrastarli o contraddirli, corrispondere alle loro richieste e aspettative, perché se lei vale poco o nulla è ragionevole essere e mostrarsi dipendenti da loro.
Le ragioni profonde di queste convinzioni vanno ricercate nella storia delle sue prime relazioni significative. Infatti un bambino che ha una relazione insoddisfacente con la propria figura di attaccamento si trova di fronte a due possibili interpretazioni del problema: può pensare che non riceve amore e considerazione per colpa della persona cara, perché quest’ultima è cattiva, incapace, inadeguata; o, al contrario, addossarsi lui la colpa e ritenersi quindi cattivo, incapace, inadeguato (creando così le condizioni di partenza per una bassa autostima). Di fronte a un tale bivio, sono molti i bambini che preferiscono la seconda strada. La scelta è comprensibile se si tiene conto che, nelle loro condizioni di totale dipendenza, risulta meno minaccioso attribuire la colpa all’interno, piuttosto che all’esterno. Infatti, se il bambino crede che le difficoltà che incontra nel rapporto con la persona cara dipendono da lui, può pensare di avere qualche controllo sulla situazione e sperare di riuscire a migliorarla: basta cercare di fare il buono, di non fare arrabbiare l’adulto, di non arrecare disturbo, di conquistare, con i propri sforzi, la sua benevolenza.
Concludendo quindi, un’autostima sana è considerata particolarmente importante sin dall’infanzia, perché è proprio durante quest’età che si gettano le basi delle percezioni che si avranno di sé nel corso della vita. La competenza socio-emozionale che deriva da un’autovalutazione positiva può essere una forza che aiuterà il bambino ad evitare gravi problemi futuri. Un’autovalutazione negativa, al contrario è menzionata come una caratteristica associata a molti disturbi, fra i quali i disturbi del comportamento alimentare.
Sembrano più esposte al rischio di strutturare un disturbo del comportamento alimentare adolescenti di sesso femminile, appartenenti a famiglie in cui già precedentemente un altro membro abbia sofferto di un disordine alimentare (Agras et al., 1999; Cooper et al., 2002) e in quelle dove vi sia una forte motivazione all’affermazione sociale e professionale.
Nonostante l’adolescenza sia considerata la fase cruciale in cui maggiore è l’esordio di disordini alimentari, è tuttavia frequente riscontrare nell’anamnesi di soggetti con tali disturbi segnali di disagio nei rapporti con il cibo e con il loro corpo ben antecedenti all’età adolescenziale, caratterizzati da periodi di rifiuto del cibo, episodiche idiosincrasie per alcuni alimenti, fasi di nutrizione ristretta ad un paio di varietà di cibi.
Elementi cruciali sono l’interesse e la centralità che nelle relazioni affettive del bambino viene ad assumere il cibo; il pasto diventa il terreno su cui si giocano i conflitti, le gratificazioni e le manifestazioni d’affetto.
La preoccupazione per l’alimentazione predomina, nelle cure del neonato, fin dall’inizio della vita. Il bambino, a causa del suo stato di impotenza e di dipendenza totale, deve inizialmente esser nutrito e conquista solo progressivamente quell’autonomia che gli permetterà di nutrirsi da solo. Nel bambino piccolo il piacere di mangiare è legato allo scambio, dato il posto inevitabile che l’alimentazione occupa nei primi rapporti che egli stabilisce con la madre. E’ come se la soddisfazione dei bisogni costituisse per la madre un’occasione per insegnare il piacere al piccolo. Le prime esperienze, quindi, di soddisfazione e di insoddisfazione, di piacere e di dispiacere, di speranza e di delusione, come del resto anche i primi conflitti vengono sperimentati nella relazione alimentare. E’ attraverso la soddisfazione dei suoi bisogni di fame che il bambino apprende a riconoscere e a differenziare in modo esatto i suoi stimoli fisiologici, giungendo a discernerne il significato e ad apprendere i comportamenti adatti per soddisfarli: per questa via egli giungerà alla coscienza della propria identità corporea. Ciò è possibile solo se i genitori considerano il figlio come “un altro da sé” in grado di avere bisogni discordanti dai loro, dalle loro percezioni e concettualizzazioni. Al contrario, una madre iperprotettiva è incapace di concepire il figlio come una persona nel suo proprio diritto. Secondo quest’ottica, i disturbi alimentari vengono definiti non solo dal comportamento di un membro della famiglia, ma dalle interrelazioni di tutti i membri. Secondo le osservazioni di Minuchin (1980) ad esempio, la famiglia anoressica è tipicamente orientata sul figlio che cresce accuratamente protetto dai genitori, i quali si focalizzano sul suo benessere attraverso l’ipervigilanza dei suoi movimenti e dei suoi bisogni psicobiologici.
Attraverso il proprio corpo il figlio attira su di sé l’interesse della famiglia e sviluppa su queste istanze una vigilanza particolare. Dato che la valutazione di ciò che compie è dominio di qualcun altro egli sviluppa un perfezionismo ossessivo. La sua preoccupazione per l’effetto che esercita sugli altri lo porta ad esitare nel prendere iniziative, a comportarsi nel migliore dei modi e a sentirsi profondamente responsabile nel causare un imbarazzo alla famiglia. A causa di ciò è possibile affermare che i disturbi del comportamento alimentare riflettono modalità particolari di funzionamento familiare, quali la tendenza ad evitare i conflitti, un atteggiamento eccessivamente protettivo dei genitori nei confronti dei figli, una mancanza di regole chiare e di confini tra i membri della famiglia, che risulta da un’eccessiva intrusione di ciascuno negli spazi dell’altro. Inoltre, in tali famiglie sono fortemente incoraggiati e premiati la disciplina e il successo. Hamacheck (1978) ha rilevato che in tali famiglie l’amore manifestato dai genitori è condizionato alla performance del bambino che, a sua volta non si sente mai soddisfatto perché il suo comportamento non è mai abbastanza corretto per guadagnare l’approvazione dei genitori e attua uno sforzo continuo per ottenerla, mostrandosi ultracompiacente, maturo, responsabile e serio ma, esigere da un bambino più di quanto non sia capace di dare lo predispone, come affermato sopra, allo sviluppo di una bassa autostima. …Quindi oggi essere sensibili verso i primi segnali di disagio del bambino verso il cibo o mettere in luce funzionamenti familiari disfunzionali che portano allo sviluppo di una bassa autostima, può aiutare a promuovere interventi di prevenzione già nella preadolescenza, quando il disturbo non è divenuto ancora patologico e quindi grave, ma rivela solo un disagio del bambino verso il cibo.

Dr.ssa Roberta Santoro

Psicologa

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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ORTORESSIA

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L’ortoressia (dal greco orthos -corretto- e orexis -appetito-) è una forma di attenzione eccessiva alle regole alimentari, alla scelta del cibo e alle sue caratteristiche. Può essere dovuta ad una paura, a volte maniacale, di ingrassare o di non essere in perfetta salute, e conduce proprio, di norma, a un risultato opposto con conseguenze negative sul sistema nervoso, avvertite con difficoltà dal soggetto colpito e in modo evidente da chi lo circonda.

È classificata come disturbo dell’alimentazione, ma non ancora ufficialmente riconosciuta dal mondo psichiatrico. È stata descritta per la prima volta da Steve Bratman nel 1997, dietologo che si autodefinisce ex-ortoressico e che ha formulato un questionario allo scopo di identificare questa psicopatologia.

La psicologia tende a dare sempre più peso a questa forma di mania per le regole eccessive, rivolte in particolare al cibo, ritenendo che si stia diffondendo silenziosamente e coinvolga in maggior misura individui di sesso femminile.

Sono stati riconosciuti diversi livelli di ortoressia, a partire da forme più lievi e transitorie fino ad arrivare a situazioni quasi maniacali, ma non sono stati ancora canonizzati in termini clinici.

In primo luogo l’ortoressia è un problema sociale, che impedisce il soggetto colpito di avere rapporti equilibrati con l’esterno, in particolare con il partner, creando un meccanismo circolare di insoddisfazione che alimenta il problema stesso.

In secondo luogo l’ortoressico cambia a poco a poco stile di vita, oppure si isola in un proprio stile standardizzato e dettato esclusivamente da regole precise e imprescindibili, difendendosi da chi non comprenda le sue scelte, non condivida in pieno le sue idee e in genere lo irrida o lo contraddica; vive in uno stato di ansia che “supera” con la convinzione che le sue scelte siano assolutamente le uniche “giuste”.

L’ortoressico in genere non è dotato di una buona informazione né di una grande competenza nei campi in cui decide le proprie regole, ma si basa più sulle sue deduzioni e sul “sentito dire” che possa coincidere con le proprie idee; si annoia o rifugge una maggiore cultura o un confronto che gli consenta di capire le vere cause dei problemi; ritiene giusto solo ciò che capisce e talvolta capisce solo teorie semplicistiche. Questa comprensione gli dà, però, la forza di schierarsi “anche contro un premio Nobel”, anzi la scienza ufficiale è spesso vista come qualcosa di irrisorio, soprattutto nei casi in cui confuti le sue “fondatissime” teorie.

Anche quando il soggetto è culturalmente elevato (come Bratman), preferisce rinnegare ciò che ha appreso perché nella semplicità di poche regole trova un’illusoria serenità e un’apparente pace. Questo atteggiamento psicologico porta a manifestare una spiccata incapacità di trovare piacere, nel cibo in particolare, e spesso anche nella sfera sessuale.

Nei casi più importanti, laddove la patologia diventa maniacale, la conclusione del soggetto arriva frequentemente ad essere “tutto dipende dal cibo”.

Le cause portanti di questa malattia della psiche sono da ricercarsi nei ritmi di vita forzati della società moderna e dai modelli di bellezza e salute sempre più rivolti al consumismo piuttosto che a una reale attenzione per l’individuo. In particolare per i soggetti di sesso femminile, le scale di valutazione del rapporto salute-bellezza-autostima vengono spesso mescolate e stravolte, risultando spesso più importante apparire belle che essere davvero in salute.

Il soggetto ortoressico ricade ripetutamente in una sorta di circolo vizioso, nel quale a fronte di una forte insoddisfazione personale, egli cerca di ristabilire il proprio ordine e la propria autostima ricercando e attuando regole eccessivamente rigide, che, se trasgredite, comportano un senso di colpa molto forte che porta di riflesso ad inasprire ulteriormente le regole stesse (soprattutto in ambito alimentare) trovando un’apparente realizzazione proprio in quegli aspetti della vita dove le regole vedono il loro maggiore sviluppo (regime alimentare, lavoro, business, competizioni, studio) e tralasciando quasi totalmente la propria sfera privata, personale e affettiva.

Questo porta il soggetto ad incontrare difficoltà nell’appagare se stesso e i propri sensi,imponendosi talvolta persino di provare disgusto per cibi, che in realtà appagherebbero il suo palato, solo perché convinto che quegli stessi cibi possano essere dannosi per la sua salute o portare all’aumento di peso.

Come per l’alimentazione, allo stesso modo i rapporti interpersonali e di coppia vengono spesso incrinati qualora il soggetto sia convinto che i rapporti medesimi non siano più adatti o convenienti, anche qualora non vi sia un rilevante motivo.

Questa condizione porta l’ortoressico a non riuscire a provare un reale appagamento personale (se non a tratti) ed a percepire uno stato d’insofferenza e delusione che lo portano spesso a sentirsi più insicuro e in ogni caso a ricadere nel ciclo di insoddisfazione. Il soggetto tende, in questo modo, ad isolarsi ed a fidarsi tendenzialmente solo più delle proprie forze e delle proprie regole.

In ultima analisi il ragionamento compiuto dall’ortoressico si ripercuote in una mera incapacità di vivere il proprio presente, poiché il futuro diviene un’ansia continua di prevenzione per ogni aspetto personale e alimentare, mentre il passato si connota in una raffigurazione costante di occasioni mancate, nostalgie e rimpianti.

L’ortoressia è quindi una patologia che si manifesta con evidenza nelle abitudini alimentari, ma che riguarda in realtà l’insieme della nostra sfera personale.

La terapia dell’ortoressia si rifà alla stessa per gli altri disturbi del comportamento alimentare, prevedendo un approccio globale (psicoterapia + seguimento dietologico) da parte di terapeuti esperti in tale campo.

 

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Ortoressia, malattia del cibo sano – Quando mangiare è un problema

Una nuova ossessione alimentare, analoga a bulimia e anoressia

MILANO – Nelle verdure ci sono i pesticidi, lo zucchero provoca la carie, il burro e la carne rossa aumentano il colesterolo. Si potrebbe fare un elenco interminabile di divieti alimentari, una lista da cui non si salverebbe alcun tipo di cibo. Ma bisogna far attenzione a non esagerare per non cadere nell”ortoressia nervosa”, un nuovo tipo di disordine alimentare: persone ossessionate dalla ricerca di un’alimentazione sana.

Portando all’estremo i dettami di un’alimentazione salutistica, gli “ortoressici” arrivano a sviluppare proprie regole alimentari sempre più specifiche e fanno di tutto per restarvi fedeli, costringendosi a pianificare i pasti anche con diversi giorni di anticipo. Quando escono, tendono a portare con sè un “kit di sopravvivenza” con i loro cibi, perché non si fidano a mangiare piatti preparati da altri per timore di grassi e altre sostanze. E se “sgarrano” dalla dieta, i sensi di colpa diventano insostenibili.

L’ossessione della qualità. L’allarme è stato lanciato oggi dall’European Food Information Council (Eufic), una organizzazione no-profit le cui informazioni sono garantite da un comitato scientifico formato da ricercatori istituzionali e universitari di vari paesi europei. L’Eufic, nel descrivere il fenomeno, cita Steve Bratman, che ha descritto per primo l’ortoressia nel 1997. Secondo lo scienziato, questa malattia induce un comportamento simile a quello delle persone che soffrono di anoressia o di bulimia nervosa. Con l’unica differenza che gli anoressici e i bulimici si preoccupano della quantità del loro cibo, gli ortoressici della qualità.

Troppe informazioni nuociono alla salute. Ma c’è già più di un sospetto che si tratti di una nuova malattia della società globalizzata, dove tutti i cittadini sono continuamente sottoposti a un bombardamento di informazioni su ciò che fa bene o fa male alla salute. Il cibo oggi fa paura e la diffusione degli alimenti biologici ha aumentato la complessità delle decisioni da prendere su cosa mangiare. Bettina Isenschmid, consulente per i disordini alimentari presso lo “Hopital de l’Isle” di Berna, ritiene che questa attenzione ai cibi “buoni” e “cattivi” sia problematica e alimenti un rapporto più nevrotico con il cibo nella moderna società occidentale.

Per Bratman, è difficile curare e guarire queste persone, perché hanno la ferma convinzione di agire in modo corretto, sono estremamente sicuri delle loro convinzioni, e si sentono superiori alle persone che non hanno un simile autocontrollo. “Una persona che si riempie le giornate mangiando tofu e biscotti a base di quinoa – ha spiegato lo studioso – si può sentire altrettanto generosa e pia di chi ha dedicato tutta la vita ad aiutare i senzatetto”.FONTE www.repubblica.it

 

Cibo sano, l’ ossessione diventa malattia

I dietisti: a Milano un disturbo alimentare su quattro provocato dall’ ortoressia MODA IMPORTATA DAGLI USA Il «fondamentalismo dietetico» è nato negli Usa, dove nel 2003 è stata registrata la prima vittima ufficiale dell’ ortoressia PIÙ A RISCHIO LE RAGAZZE Come l’ anoressia e la bulimia, anche l’ ortoressia colpisce in prevalenza le adolescenti, spesso scontente del proprio corpo

Il pesce è da mettere al bando perché contiene il mercurio, lo zucchero favorisce le carie, dopo la mucca pazza prendere in considerazione la carne è impensabile, lo stesso vale per il pollo a rischio aviaria, i salumi vanno eliminati dalla dieta per evitare i brufoli, le verdure sono da scegliere accuratamente chissà mai che contengano pesticidi, e guai, in cucina, a usare il burro, alleato del colesterolo. I maniaci dei cibi sani ragionano (più o meno) così. Con il rischio di diventare vittime di un nuovo disturbo alimentare. L’ ultima ossessione a tavola si chiama ortoressia (dal greco orthòs orexis, corretto appetito). È la fissazione per un’ alimentazione genuina e naturale. Studiata a partire dal 1997 da Steven Bratman, dietologo americano autore del libro Health Food Junkies, l’ idea fissa di nutrirsi in modo salutare adesso ha contagiato anche a Milano. È una mania pericolosa: «Un regime alimentare salutista portato all’ estremo – dicono gli esperti – è dannoso per la salute». Chi soffre di anoressia e bulimia rivolge la sua attenzione alla quantità del cibo: l’ ortoressico è concentrato sulla qualità. Prima di mettere nel carrello della spesa un prodotto controlla mille volte la sua origine sull’ etichetta, i cibi geneticamente modificati gli fanno ovviamente orrore. Negli Stati Uniti il fondamentalismo dietetico ha già fatto una vittima: Kate Finn, scomparsa nel 2003. Il suo è considerato il primo caso ufficiale di morte per ortoressia. Ravizza Simona – Corriere della Sera

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

TEST SUL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

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Comportamento alimentare – Test sulla condotta alimentare di Garner e Garfinkel – EATING ATTITUDE TEST (DM Garner, PE Garfinkel, 1979)

Fai una crocetta sul numero corrispondente alla definizione che meglio descrive la tua condizione. La maggior parte delle domande ha come oggetto il cibo o il mangiare, anche se ci sono delle domande di altro tipo. Compila la scheda con cura rispondendo con sincerità a tutte le domande.

Inizio modulo

Frase n°1 : 
Sono terrorizzato dall’ idea di essere sovrappeso.
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°2
Evito di mangiare quando sono affamato.
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°3:
Sono costantemente preoccupato per il cibo
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°4:
Quando sento che, durante il pasto, potrei non riuscire a fermarmi, continuo a mangiare fino ad abbuffarmi
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°5:
Taglio il cibo in pezzi molto piccoli 
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°6:
Conosco sempre il contenuto calorico di quello che mangio
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°7:
Evito soprattutto i cibi ad alto contenuto di carboidrati (ad esempio, pane, patate, riso, ecc.) 
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°8
Penso che gli altri vorrebbero che io mangiassi di più.
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°9:
Vomito dopo aver mangiato.
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°10:
Mi sento estremamente in colpa dopo aver mangiato
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°11
Sono ossessionato dal desiderio di essere più magro 
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°12:
Quando faccio esercizio fisico, penso a quante calorie sto consumando
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°13: 
Gli altri pensano che io sia troppo magro
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°14:
Sono ossessionato dal pensiero del grasso che è nel mio corpo.
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°15: 
Impiego più tempo degli altri a consumare i miei pasti 
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°16:
Evito i cibi che contengono zucchero
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°17: 
Mangio cibi dietetici
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°18:
Sento che il cibo controlla la mia vita 
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°19:
Riesco a controllarmi per ciò che riguarda il cibo 
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°20:
Sento che gli altri vorrebbero costringermi a mangiare
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°21:
Dedico sempre troppo tempo e troppi pensieri al cibo
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°22:
Mi sento a disagio, agitato, quando ho mangiato dei dolci
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°23:
Cerco di stare a dieta 
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°24:
Mi piace sentire che il mio stomaco è vuoto
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°25:
Dopo aver mangiato sento l’ impulso di vomitare
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

Frase n°25:
Mi piace assaggiare cibi nuovi ed elaborati
Mai
Raramente
Talvolta
Spesso
Molto Spesso
Sempre

per le prime 25 domande devi assegnare i seguenti punteggi alle risposte:

Sempre = 3 punti
Di solito = 2 punti
Spesso = 1 punto
Talvolta = 0 punti
Raramente = 0 punti
Mai = 0 punti

Per l’ultima domanda invece, (domanda 26) devi assegnare i seguenti punteggi alle risposte:

Sempre = 0 punti
Di solito = 0 punti
Spesso = 0 punti
Talvolta = 1 punto
Raramente = 2 punti
Mai = 3 punti

Il punteggio totale del test si ottiene sommando i punteggi ottenuti nelle singole domande.

Recentemente al test sono state aggiunte le seguenti Domande comportamentali:

Metta un cerchio sul numero che le sembra più appropriato di ognuna delle seguenti domande.

1= Mai.

2 = Da una volta a parecchie volte al mese

3 = Una volta alla settimana.

4 = Da 2 a sei volta la settimana.

5 = Una volta al giorno

6 = Più di una volta al giorno.

Durante qualsiasi periodo di tre mesi del passato quale è stata la più alta frequenza di questi comportamenti:

1) Ha avuto mai delle abbuffate?

1  2  3  4  5  6

2) Si è indotta il vomito per controllare il suo peso o le sue forme corporee?

1  2  3  4  5  6

3) Ha usato lassativiper controllare il suo peso o le sue forme corporee?

1  2  3  4  5  6

4) E’ stata curata per un disturbo dell’alimentazione?

1  2  3  4  5  6

5) Ha pensato o tentato di suicidarsi?

1  2  3  4  5  6

Negli ultimi 3 mesi ha avuto uno dei seguenti comportamenti?

1) Ha avuto mai delle abbuffate?

1  2  3  4  5  6

2) Si è indotta il vomito per controllare il suo peso o le sue forme corporee?

1  2  3  4  5  6

3) Ha usato lassativiper controllare il suo peso o le sue forme corporee?

1  2  3  4  5  6

4) E’ stata curata per un disturbo dell’alimentazione?

1  2  3  4  5  6

5) Ha pensato o tentato di suicidarsi?

1  2  3  4  5  6

I criteri da usarsi per decidere se necessiti di ulteriori approfondimenti o terapie sono i seguenti (nel senso che almeno uno deve essere presente):

1. Un punteggio uguale o superiore a 20 nell’EAT-26

2. Almeno una risposta affermativa ad almeno una delle cinque domande comportamentali

3. Un indice di massa corporea (BMI) inferiore a 18

4. Il fatto che tu abbia la sensazione di avere un qualche problema col cibo e richieda quindi spontaneamente una consulenza specialistica

Dott. Cavaliere Roberto 

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it