Superare la Dipendenza da Zuccheri

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Superare la dipendenza da zuccheri richiede un approccio graduale e consapevole. Ecco alcuni suggerimenti per affrontare e ridurre la dipendenza da zucchero:

1. Consapevolezza
– Monitorare il consumo: Tieni un diario alimentare per identificare quanta quantità di zucchero consumi e in quali momenti della giornata.
– Riconoscere i cibi nascosti: Molti alimenti trasformati contengono zuccheri nascosti, anche quelli apparentemente sani. Controlla le etichette per identificare zuccheri aggiunti.

2. Riduzione Graduale
– Riduci progressivamente la quantità di zucchero che consumi, piuttosto che eliminarlo di colpo, per evitare crisi di astinenza. Per esempio, se metti due cucchiaini di zucchero nel caffè, prova a ridurli lentamente.

3. Aumenta il Consumo di Fibre e Proteine
– Gli alimenti ricchi di fibre (frutta, verdura, cereali integrali) e proteine (carne magra, pesce, legumi) aiutano a mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue, riducendo i picchi glicemici che causano voglie di zucchero.

4. Sostituzioni Intelligenti
– Sostituisci gli alimenti ricchi di zucchero con alternative più sane, come la frutta fresca o secca, che fornisce zuccheri naturali insieme a vitamine e fibre.
– Usa spezie come cannella o vaniglia per insaporire i cibi senza dover aggiungere zucchero.

5. Mantieni la Tua Alimentazione Bilanciata
– Mangiare pasti bilanciati con una buona combinazione di carboidrati complessi, proteine e grassi sani ti aiuta a sentirti sazio più a lungo e a evitare i picchi di fame che portano a desiderare zucchero.

6. Gestione dello Stress
– Molti cercano zuccheri per alleviare lo stress. Tecniche di gestione dello stress come la meditazione, lo yoga o semplicemente fare una passeggiata possono aiutarti a ridurre il desiderio di zuccheri.

7. Bere Abbastanza Acqua
– A volte la sete viene confusa con la fame o il desiderio di zucchero. Assicurati di bere acqua a sufficienza durante il giorno.

8. Dormire a Sufficienza
– La mancanza di sonno può aumentare il desiderio di zucchero perché il corpo cerca una rapida fonte di energia. Dormire 7-9 ore a notte aiuta a mantenere un equilibrio ormonale sano.

9. Affrontare il Cambiamento Psicologico
– La dipendenza da zuccheri è spesso psicologica oltre che fisica. Può essere utile cercare il supporto di uno psicologo o di un nutrizionista per affrontare i fattori emotivi dietro la dipendenza.

10. Evitare i Dolcificanti Artificiali
– I dolcificanti artificiali possono mantenere il desiderio di dolci e zuccheri attivi. Ridurre gradualmente la dolcezza percepita ti aiuterà a disabituare il palato.

11. Esercizio Fisico
– L’attività fisica regolare può aiutare a ridurre il desiderio di zuccheri migliorando l’umore e fornendo una fonte naturale di energia.

12. Sii Paziente
– La dipendenza da zuccheri è complessa e potrebbe volerci tempo per superarla. Inizia con piccoli cambiamenti e sii gentile con te stesso nei giorni difficili.

✅Riconoscere che la dipendenza da zuccheri può essere un processo lento e impegnativo, ma con perseveranza e costanza, è possibile spezzare il ciclo.

Dottor Roberto Cavaliere Psicoterapeuta. Studio professionale in Milano, Roma e Salerno. Possibilità di effettuare sedute tramite videochiamata

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➡️Per info e contatti 3208573502 dotcavaliere@gmail.com

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Aspetti Psicologici Dipendenza da Zuccheri

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La dipendenza da zuccheri, spesso definita come “sugar addiction,” è un fenomeno che può avere un impatto significativo sul benessere psicologico e sul comportamento delle persone. Ecco alcuni aspetti psicologici legati a questa forma di dipendenza:

1. Meccanismi di ricompensa e piacere
Il consumo di zucchero attiva il sistema di ricompensa del cervello, in particolare attraverso il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore associato al piacere e alla gratificazione. Questo processo è simile a quello che avviene con altre sostanze che creano dipendenza, come le droghe o l’alcol, portando il cervello a cercare ripetutamente l’esperienza piacevole legata al consumo di zuccheri.

2. Craving e perdita di controllo
Le persone che sviluppano una dipendenza da zuccheri possono sperimentare forti desideri o “craving” per cibi dolci, anche in assenza di fame. Questo desiderio può diventare così intenso da far perdere il controllo sul consumo, portando a episodi di abbuffate. Questi comportamenti compulsivi sono spesso accompagnati da un senso di colpa o vergogna.

3. Regolazione delle emozioni
Lo zucchero può essere usato come mezzo per regolare le emozioni. Molte persone ricorrono al consumo di dolci in risposta a stress, ansia, tristezza o noia, poiché l’aumento temporaneo dei livelli di serotonina (l’ormone della felicità) può dare un senso di sollievo momentaneo. Tuttavia, questo effetto è di breve durata, e spesso seguito da un calo dell’umore, creando un circolo vizioso.

4. Associazione cibo-emozioni
Nel tempo, le persone possono sviluppare un’associazione tra cibo zuccherato ed emozioni positive, legando il consumo di dolci a momenti di gratificazione o conforto. Questa connessione può essere formata sin dall’infanzia, quando il cibo dolce viene usato come ricompensa o per celebrare eventi speciali, rinforzando così il legame emotivo.

5. Senso di dipendenza e frustrazione
Molti individui con dipendenza da zuccheri sperimentano sentimenti di dipendenza psicologica. Si sentono “bloccati” in un ciclo di consumo compulsivo e possono diventare frustrati nel tentativo di ridurre o eliminare lo zucchero dalla dieta. Il fallimento in questi tentativi può rafforzare una bassa autostima o sensazioni di impotenza.

6. Impatto sull’umore
Il consumo eccessivo di zucchero può provocare fluttuazioni dell’umore. Inizialmente, l’assunzione di zuccheri può dare una spinta energetica e un miglioramento temporaneo dell’umore. Tuttavia, quando i livelli di zucchero nel sangue scendono, è possibile sperimentare stanchezza, irritabilità e calo dell’umore, creando un ciclo in cui la persona sente di aver bisogno di più zucchero per ritrovare energia e benessere.

7. Somiglianza con altre dipendenze
Studi hanno suggerito che la dipendenza da zucchero può condividere molte somiglianze con la dipendenza da sostanze, inclusi i cambiamenti neurochimici nel cervello e la tolleranza (cioè, la necessità di quantità crescenti di zucchero per ottenere lo stesso effetto). Inoltre, l’interruzione improvvisa del consumo di zuccheri può provocare sintomi di astinenza, come mal di testa, irritabilità e malumore.

8. Isolamento sociale
La dipendenza da zucchero può portare anche a comportamenti di isolamento sociale. Alcuni individui possono evitare situazioni sociali in cui il cibo non è disponibile o dove sentono che il loro consumo eccessivo di dolci potrebbe essere giudicato. Questo isolamento può esacerbare sentimenti di solitudine e depressione.

In sintesi, la dipendenza da zuccheri non si limita a una questione di preferenze alimentari, ma coinvolge processi psicologici profondi legati alla regolazione delle emozioni, al sistema di ricompensa e ai comportamenti compulsivi. Combatterla richiede spesso non solo cambiamenti nella dieta, ma anche un approccio psicoterapeutico che affronti le radici emotive e cognitive del problema.

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LA VITTIMIZZAZIONE SECONDARIA: Caratteristiche, cause e terapie

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La vittimizzazione secondaria è il processo per cui una persona già vittima di un reato, di un abuso o di un evento traumatico subisce ulteriori danni o sofferenze a causa del modo in cui viene trattata dagli individui o dalle istituzioni che dovrebbero aiutarla. Questo fenomeno avviene spesso durante il processo legale, medico o psicologico, aggravando il trauma iniziale della vittima.

✅Caratteristiche della vittimizzazione secondaria:

1. Mancanza di empatia: Le persone o le istituzioni che interagiscono con la vittima possono trattarla con freddezza o disinteresse, minimizzando la sua esperienza e il suo dolore.
2. Colpevolizzazione della vittima: La vittima può essere accusata di aver provocato o contribuito all’evento traumatico. Questo atteggiamento è particolarmente comune in casi di violenza sessuale o domestica.
3. Processo legale traumatico: L’interrogatorio ripetuto, la rievocazione forzata del trauma o la scarsa protezione durante il processo giudiziario possono intensificare il disagio della vittima.
4. Tempi burocratici eccessivi: Il lungo tempo che una vittima deve attendere per ottenere giustizia o supporto adeguato può aumentare il suo stress e la sua frustrazione.
5. Esposizione mediatica: In alcuni casi, la diffusione di dettagli privati o l’esposizione della vittima sui media può creare ulteriori danni psicologici.
6. Rivittimizzazione sociale: La vittima può subire ulteriori giudizi negativi o esclusione sociale da parte della comunità o del gruppo di appartenenza.

✅Cause della vittimizzazione secondaria:

1. Preconcetti e stereotipi culturali: Alcune convinzioni sociali radicate (come i pregiudizi sessisti o classisti) possono portare le persone a colpevolizzare la vittima o a non riconoscerne il ruolo di vittima.
2. Sistema legale inadeguato: La mancanza di supporto e sensibilità nelle istituzioni giudiziarie, nei tribunali e nelle forze dell’ordine contribuisce notevolmente alla vittimizzazione secondaria.
3. Formazione insufficiente: Medici, psicologi, avvocati e operatori sociali potrebbero non essere adeguatamente formati per gestire il trauma delle vittime, aumentando involontariamente il loro disagio.
4. Sensazionalismo mediatico: La tendenza dei media a enfatizzare gli aspetti più scioccanti di una vicenda per aumentare l’audience può danneggiare ulteriormente la vittima.

✅Possibili terapie e soluzioni:

1. Supporto psicologico specializzato: Terapie focalizzate sul trauma (come la Terapia Cognitivo-Comportamentale per il Disturbo Post-Traumatico da Stress o la EMDR, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) possono aiutare la vittima a elaborare il trauma e a ridurre gli effetti della vittimizzazione secondaria.

2. Formazione e sensibilizzazione delle istituzioni: È cruciale formare le forze dell’ordine, i medici, gli avvocati e i giudici su come interagire in modo empatico e rispettoso con le vittime, riducendo il rischio di vittimizzazione secondaria.

3. Assistenza legale sensibile al trauma: Fornire alla vittima un supporto legale specializzato che riduca la necessità di raccontare più volte la propria storia e che protegga la sua privacy può evitare inutili rivittimizzazioni.

4. Protezione mediatica: Limitare l’esposizione della vittima e tutelare la sua privacy nei casi giudiziari e mediatici può ridurre la pressione sociale e il trauma.

5. Supporto sociale: Offrire una rete di supporto, come gruppi di auto-aiuto o supporto sociale da parte di famiglie e amici, può essere fondamentale per far sentire la vittima accolta e protetta.

✅Conclusione:
La vittimizzazione secondaria è un problema grave che aggrava il trauma delle persone che hanno già subito un danno. La soluzione richiede una combinazione di cambiamento culturale, formazione adeguata degli operatori e supporto psicologico e legale mirato.

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IL DISTURBO DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI: SINTOMI, CAUSE E TERAPIE

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Il disturbo del controllo degli impulsi è una categoria di disturbi psichiatrici caratterizzata dall’incapacità di resistere a un impulso, un desiderio o una tentazione che può essere dannosa per sé o per gli altri. Le persone con questi disturbi agiscono spesso in modo compulsivo e impulsivo, senza considerare le conseguenze delle loro azioni.

✅ Tipi di disturbi del controllo degli impulsi
Alcuni dei disturbi più comuni in questa categoria includono:
– **Cleptomania:** Il bisogno irresistibile di rubare oggetti, spesso senza bisogno o valore reale.
– **Piromania:** Il desiderio irresistibile di appiccare incendi.
– **Disturbo esplosivo intermittente:** Episodi di aggressività estrema e reazioni violente sproporzionate rispetto alla situazione.
– **Tricotillomania:** L’abitudine compulsiva di tirarsi i capelli.
– **Gioco d’azzardo patologico:** L’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo, nonostante le conseguenze negative.

✅ Sintomi
I sintomi variano a seconda del tipo specifico di disturbo, ma possono includere:
– **Cleptomania:** Sensazione di tensione prima del furto, piacere o sollievo durante il furto, sensi di colpa o rimorso successivi.
– **Piromania:** Fascinazione con il fuoco, tensione o eccitazione prima di appiccare un incendio, piacere o sollievo durante o dopo l’incendio.
– **Disturbo esplosivo intermittente:** Episodi di aggressività fisica o verbale, tensione o eccitazione prima dell’episodio, sensazione di sollievo durante l’esplosione, rimorso o imbarazzo successivi.
– **Tricotillomania:** Sensazione di tensione prima di tirarsi i capelli, piacere o sollievo durante l’atto, zone di capelli mancanti.
– **Gioco d’azzardo patologico:** Incapacità di controllare l’impulso di giocare, giocare con somme crescenti di denaro, mentire sul gioco, mettere a rischio relazioni o opportunità lavorative.

✅ Cause
Le cause dei disturbi del controllo degli impulsi non sono completamente comprese, ma si ritiene che siano una combinazione di fattori genetici, biologici, psicologici e ambientali:
– **Genetica:** Una predisposizione ereditaria può aumentare il rischio.
– **Biologia:** Squilibri nei neurotrasmettitori del cervello, come la dopamina e la serotonina, possono contribuire.
– **Psicologia:** Eventi stressanti, traumi infantili o altre esperienze traumatiche possono avere un ruolo.
– **Ambiente:** L’influenza di modelli comportamentali e l’esposizione a certe situazioni possono facilitare lo sviluppo di questi disturbi.

✅ Terapie
Il trattamento dei disturbi del controllo degli impulsi può includere una combinazione di terapie farmacologiche e psicoterapie:

– **Terapia farmacologica:**
– **Antidepressivi:** Gli SSRI e altri antidepressivi possono essere utili per alcuni pazienti.
– **Stabilizzatori dell’umore:** Possono essere prescritti per aiutare a controllare gli impulsi.
– **Antipsicotici:** In alcuni casi, questi farmaci possono essere utili.

– **Psicoterapia:**
– **Terapia cognitivo-comportamentale (CBT):** Aiuta i pazienti a identificare e modificare i pensieri e i comportamenti impulsivi.
– **Terapia comportamentale dialettica (DBT):** È particolarmente utile per trattare comportamenti autolesionistici e impulsivi.
– **Terapia di gruppo:** Può fornire supporto e incoraggiamento da parte di persone con esperienze simili.

– **Stile di vita e supporto:**
– **Supporto sociale:** Famiglia, amici e gruppi di supporto possono essere fondamentali.
– **Educazione:** Informare il paziente e i suoi cari sui disturbi del controllo degli impulsi può aiutare a gestire la condizione.

✅Un approccio integrato e personalizzato è spesso necessario per trattare efficacemente i disturbi del controllo degli impulsi.

Dottor Roberto Cavaliere Psicoterapeuta. Studio professionale in Milano, Roma e Salerno. Possibilità di effettuare sedute tramite videochiamata.

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LA SINDROME DELLA CAPANNA

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La casa è il vostro corpo più grande. Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte; e non è senza sogni.
(Khalil Gibran)

La SINDROME DELLA CAPANNA si verifica quando, dopo un lungo periodo di ritiro e/o isolamento nella propria casa, si ha difficoltà ad uscire e adattarsi al mondo esterno. Questa difficoltà investe soprattutto il mondo delle relazioni esterne che è quello che impatta maggiormente su di noi quando ci relazioniamo fuori casa.

Difficoltà che nasce dal timore di perdere quella relativa serenità ed equilibrio raggiunti tra le mura domestiche. Nel caso del Covid-19 si aggiunge anche il timore di contagiarsi.

Solitamente chi ne può soffrire e già una personalità che ha difficoltà ad uscire dalla propria zona di comfort e lo stare chiuso per lungo tempo nella propria abitazione restringe questa zona di comfort e la rafforza ulteriormente.

Possono essere presenti sintomi ansiosi, depressivi, disturbi del sonno ed in generale tutti i sintomi dei disturbi dell’adattamento. Tale sintomatologia poteva essere presente anche da prima del ritiro in casa e quest’ultimo tende ad un’amplificazione dei sintomi.

Parliamo anche di una Sindrome della Capanna Primaria quando il disagio si presenta per la prima volta distinguendola da quella Secondaria che ha avuto modo di manifestarsi anche nel passato seppur per periodi di ritiro più brevi

La miglior terapia è sempre quella di una graduale uscita dalla propria “capanna” e di un graduale riadattamento al mondo esterno.

Nei casi più gravi, soprattutto quando la Sindrome è di tipo Secondario (come già scritto si è già manifestata nel passato) può essere utile un percorso psicoterapeutico.

Dottor Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Salerno. Possibilità di effettuare consulenze Telefoniche o tramite video chiamata.P

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GERASCOFOBIA: LA PAURA DI INVECCHIARE

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La Gerascofobia è la paura d’invecchiare con il timore di tutte le conseguenze dell’invecchiamento quali il decadimento fisico e/o psicologico.

Si può presentare già appena dopo i 30 anni con i primi segnali, sopratutto fisici sul corpo, del tempo che passa.

Tale paura è legata sia a caratteristiche personali, quali ansia e insicurezza, che a fattori socioligici che tendono a privilegiare l’efficienza e la perfezione sia fisica che psicologica.

Come uscirne ? E’ necessario individuare le cause personali che scatenano tale fobia e predisporre un piano terapeutico ad hoc per affrontare e superare tali cause.

Di seguito una “riflessione terapeutica” che può aiutare a superare tale paura.

NON IMPORTA QUANTI ANNI HO
Ho l’età in cui le cose si osservano con più calma, ma con l’intento di continuare a crescere.
Ho gli anni in cui si cominciano ad accarezzare i sogni con le dita e le illusioni diventano speranza.
Ho gli anni in cui l’amore, a volte, è una folle vampata, ansiosa di consumarsi nel fuoco di una passione attesa.
E altre volte, è un angolo di pace, come un tramonto sulla spiaggia.
Quanti anni ho, io? Non ho bisogno di segnarli con un numero, perché i miei desideri avverati, le lacrime versate lungo il cammino al vedere le mie illusioni infrante valgono molto più di questo.
Che importa se compio venti, quaranta o sessant’anni!
Quel che importa è l’età che sento.
Ho gli anni che mi servono per vivere libero e senza paure.
Per continuare senza timore il mio cammino, perché porto con me l’esperienza acquisita e la forza dei miei sogni.
Quanti anni ho, io? A chi importa!
Ho gli anni che servono per abbandonare la paura e fare ciò che voglio e sento.
José Saramago

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

APOFENIA

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L’apofenia è uno dei sintomi della schizofrenia, un termine coniato nel 1958 dallo psichiatra tedesco Klaus Conrad. In psicologia è la percezione di connessioni e significati tra cose indipendenti con distorsione della realtà. Può essere un fenomeno normale (esempio avere la sensazione che squilli il telefono mentre si è sotto la doccia con acqua scrosciante), ma può essere anche un fenomeno anormale come in caso di schizofrenia paranoide quando per esempio il paziente vede situazioni infauste senza che queste esistano. Il termine indica la percezione spontanea di collegamenti rilevanti tra eventi, oggetti o situazioni in realtà slegati fra loro. Secondo lo stesso Conrad, Il fenomeno è però legato anche alla creatività, nel senso che le persone più creative sanno cogliere collegamenti insoliti fra oggetti ed eventi apparentemente diversi e privi di connessioni fra loro. L’apofenia spiega l’atteggiamento di chi è convinto di una certa idea e trova conferme dappertutto; così per esempio chi crede nella numerologia (cioè ritiene che i numeri abbiano significati magici o mistici), nelle profezie, nelle varie forme di divinazione, ma anche nei principi fondamentali delle religioni, riesce a trovare nel mondo tutte le conferme che desidera, invece chi non condivide tali credenze non vede alcun collegamento fra oggetti ed eventi del mondo e le affermazioni di cui questi sarebbero una conferma.

 

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LA SINDROME DI ARISTOTELE : IL VOLER AVERE SEMPRE RAGIONE

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Con il termine Sindrome di Aristotele si designano  quelle persone che pretendono sempre di avere ragione.

Tirare in ballo Aristotele è arbitrario perchè fa riferimento solo ad un aspetto della vita di quest’ultimo. Aristotele fu allievo di Platone, ma ad un certo punto incomincio a sviluppare una sua teoria filosofica e metafisica in opposizione con quella del maestro. Egli arrivo ad affermare che i discorsi del suo maestro non avevano fondamento e fu criticato da molti per queste sue considerazioni e tacciato di slealtà e superbia.

S’incomincio ad usare il termine di Sindrome di Aristotele per definire quelle persone che oltre a volere sempre avere ragione si sentono anche superiori, affetti narcisisticamente da una sindrome di superiorità.

A differenza del complesso di superiorità che può riguardare tutti gli aspetti della persona che ne è affetta, nella sindrome di Aristotele la superiorità riguarda, principalmente, solo l’aspetto intellettuale e della conoscenza.

Chi è affetto da Sindrome di Aristotele presenta i seguenti “sintomi”:

  • Ossessione di saper tutto;
  • Ossessione di dover primeggiare in qualsiasi discussione ;
  • Mancanza di ascolto attento ed attivo nei confronti del suo interlocutore;
  • Comunicazione e confronto con modalità aggressive ;
  • Discussione ad oltranza finchè non gli viene riconosciuta la sua ragione e quindi affermata la sua superiorità;
  • In caso di mancato riconoscimento delle sue ragioni tendenza ad innestare la polemica ed il litigio.

Come afferma il proverbio: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. Quindi impelegarsi in un’interminabile discussione con chi vuole avere sempre ragione e sentirsi superiore è inutile oltre ad essere estenuante.

L’unica strategia efficace in questi casi è interrompere la discussione, adducendo più o meno un pretesto se si vuole essere diplomatici, e mettere in atto una “ritirata strategica” che lascia l’interlocutore spiazzato.

Dott. Roberto Cavaliere

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LA SINDROME DI TIRESIA: L’ORACOLO INTERIORE

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Tiresia è una figura della mitologia greca, celebre indovino, ed i miti su di lui sono molti.

Uno dei più diffusi racconta che, passeggiando sul monte Cillene, vide due serpenti che copulavano, ne uccise la femmina perché quella scena lo infastidì. Nello stesso momento Tiresia fu tramutato da uomo a donna. Visse in questa condizione per sette anni provando tutti i piaceri che una donna potesse provare. Passato questo periodo venne a trovarsi di fronte alla stessa scena dei serpenti. Questa volta uccise il serpente maschio e nello stesso istante ritornò uomo.
Un giorno Zeus ed Era si trovarono divisi da una controversia: chi potesse provare in amore più piacere: l’uomo o la donna. Non riuscendo a giungere a una conclusione, poiché Zeus sosteneva che fosse la donna mentre Era sosteneva che fosse l’uomo, decisero di chiamare in causa Tiresia, considerato l’unico che avrebbe potuto risolvere la disputa essendo stato sia uomo sia donna. Interpellato dagli dei, rispose che il piacere sessuale si compone di dieci parti: l’uomo ne prova solo una e la donna nove, quindi una donna prova un piacere nove volte più grande di quello di un uomo. La dea Era, infuriata perché l’indovino aveva svelato un tale segreto, lo fece diventare cieco, ma Zeus, per ricompensarlo del danno subito, gli diede la facoltà di prevedere il futuro.

Chi è affetto da Sindrome di Tiresia, come il celebre indovino, “vede” ciò che accadrà nel futuro , ma è “cieco” a ciò che accade nel presente. E’ come se avesse un “oracolo interiore” a cui presta ascolto.

Questo oracolo interiore diventa una sorte di “profezia che si autoavvera” dove la persona si autoconvince di un esito futuro della sua vita e tenderà ad interpretare ed a muoversi, più o meno inconsapevolmente, in tal senso. In questo modo sarà “cieco” a tutto quello che nel presente non va in direzione della previsione futura.

Solitamente le profezie future, che le persone effettuano, sono negative e pessimistiche (come quelle di Tiresia) e diventano quindi limitanti per esiti positivi.

Ad esempio una persona che è convinta che lo attende, in futuro, un tracollo economico o professionale, non vedrà i segnali presenti che sconfermano tale visione, ma avrà un’attenzione selettiva solo a ciò che gli conferma la sua previsione e potrà anche arrivare, inconsapevolmente, a mettere in atto condotte che lo faranno fallire economicamente o professionalmente.

Un altro esempio è in campo scolastico, attraverso l’effetto Pigmalione, noto anche come effetto Rosenthal, il cui assunto di base è il seguente: se gli insegnati credono che un alunno sia meno dotato lo tratteranno, anche inconsapevolmente, in modo diverso dagli altri; l’alunno interiorizzerà il giudizio e si comporterà di conseguenza; si instaura così un circolo vizioso per cui l’alunno tenderà a divenire nel tempo proprio come l’insegnante lo aveva immaginato.

Attenti, quindi, ad espressione proprie ed altrui quali: “So già come andra finire” , “L’unico esito possibile è questo” ed altre ancora.

Non siate Tiresia di voi stessi, stando attenti ai vostri oracoli interiori e/o alle profezie che si autoavverano.

Dott. Roberto Cavaliere

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SMILING DEPRESSION : LA DEPRESSIONE SORRIDENTE

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“Depressione sorridente” è il termine usato per quella persona che vive gli aspetti depressivi internamente, mentre appare perfettamente felice o contento all’esterno. Di solito la loro vita pubblica sembrerebbe normale o perfetta .

La depressione sorridente non è riconosciuta come patologia nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), ma verrebbe probabilmente diagnosticata come disturbo depressivo maggiore con caratteristiche atipiche

Quali sono i sintomi della depressione sorridente?

Chi vive una depressione sorridente  – dall’esterno – apparire felice o contento come gli altri. Al suo interno, tuttavia, starebbe sperimentando i sintomi angoscianti della depressione.

La depressione colpisce tutti in modo diverso e ha una varietà di sintomi, il cui principale è la profonda, prolungata tristezza. Altri sintomi classici includono:

  • cambiamenti nell’appetito, nel peso e nel sonno
  • affaticamento o letargia
  • sentimenti di disperazione, mancanza di autostima e bassa autostima
  • perdita di interesse o piacere nel fare cose che un tempo erano apprezzate

Qualcuno con una depressione sorridente può sperimentare alcuni o tutti i precedenti, ma in pubblico, questi sintomi sarebbero per lo più – se non del tutto – assenti. Per qualcuno che guarda dall’esterno, una persona con una depressione sorridente potrebbe avere il seguente aspetto:

  • un individuo attivo, ad alto funzionamento
  • qualcuno che tiene un lavoro fisso, con una famiglia sana e una vita sociale
  • una persona che sembra essere allegra, ottimista e generalmente felice

Se stai vivendo la depressione e continui a sorridere e ad indossare una facciata, potresti provare:

  • come mostrare segni di depressione sarebbe un segno di debolezza
  • come se dovessi opprimere qualcuno esprimendo i tuoi veri sentimenti
  • che non hai affatto la depressione, perché stai “bene”
  • che altri lo abbiano di peggio, quindi di cosa ti devi lamentare?
  • che il mondo sarebbe meglio senza di te

Un tipico sintomo depressivo sta avendo un’energia incredibilmente bassa e sta diventando difficile persino farlo fuori dal letto al mattino. In depressione sorridente, i livelli di energia potrebbero non essere influenzati (tranne quando una persona è sola).

Per questo motivo, il rischio di suicidio potrebbe essere più alto. Le persone con depressione maggiore a volte si sentono suicide, ma molte non hanno l’energia per agire su questi pensieri. Ma qualcuno con una depressione sorridente potrebbe avere l’energia e la motivazione per farlo.

Come con altri tipi di depressione, la depressione sorridente può essere scatenata da una situazione , come una relazione fallita o la perdita di un lavoro. Può anche essere vissuto come uno stato costante.

Culturalmente, le persone possono affrontare e sperimentare la depressione in modo diverso, compreso il sentirsi più sintomi somatici (fisici) di quelli emotivi. I ricercatori ritengono chequeste differenze possano avere a che fare con il pensiero orientato internamente o esternamente: se il tuo pensiero è orientato esternamente, potresti non concentrarti sul tuo stato emotivo interiore, ma invece potresti sperimentare più sintomi fisici.

In alcune culture o famiglie, anche i livelli più alti di stigma possono avere un impatto. Ad esempio, esprimere emozioni può essere visto come “chiedere attenzione” o come mostrare debolezza o pigrizia.

Se qualcuno ti dice di “Superarlo”o che “Non ci stai provando abbastanza” per sentirti meglio, è meno probabile che in futuro esprimerai queste emozioni.

Questo può essere particolarmente vero per gli uomini sotto esame per la loro mascolinità – che possono essere stati sottoposti a vecchi pensieri come “uomini veri” non piangono. Gli uomini sono molto meno propensi delle donne a cercare aiuto per problemi di salute mentale.

Qualcuno che pensa di essere giudicato per i loro sintomi depressivi sarebbe più propenso a indossare una facciata e tenerlo per sé.

Social media

In un’epoca in cui il 69% della popolazione statunitense utilizza i social media, possiamo essere risucchiati in una realtà alternativa in cui le vite di tutti stanno andando così bene . Ma sono davvero andando che bene?

Molte persone potrebbero non essere disposte o in grado di pubblicare le foto quando sono al loro peggio, preferendo invece condividere solo i loro bei momenti con il mondo. Questo può creare un vuoto di realtà che dà alla depressione sorridente più spazio per crescere.

A volte tutti abbiamo aspettative non realistiche su noi stessi di essere migliori o più forti . Siamo anche influenzati da aspettative esterne – da colleghi, genitori, fratelli, bambini o amici.

Se hai aspettative irrealistiche per te stesso o le aspettative degli altri, potresti essere più propensi a voler nascondere i tuoi sentimenti se non sembrano servire quelle aspettative. Qualcuno con perfezionismo potrebbe essere ancora più a rischio, a causa degli standard impossibilmente elevati a cui si reggono.

Secondo un documento dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) , la depressione sorridente presenta sintomi antitetici (in conflitto) con quelli della depressione classica. Questo può complicare il processo di diagnosi.

Altre difficoltà con la diagnosi di depressione sorridente è che molte persone potrebbero non sapere nemmeno di essere depresse o che non cercano aiuto.

Se pensi di avere la depressione, è importante cercare il trattamento il più presto possibile.

Per essere diagnosticato, dovrai visitare un medico. Il medico le porrà alcune domande sui suoi sintomi e su eventuali grandi cambiamenti della vita che si sono verificati.

Possono anche indirizzarti a un professionista della salute mentale, come uno psichiatra, se trarrai beneficio da farmaci o uno psicologo o un psicoterapeuta.

Per essere diagnosticato come disturbo depressivo maggiore, è necessario aver vissuto un episodio depressivo della durata di più di due settimane, quasi tutto il giorno, quasi ogni giorno. Questi sintomi influenzano il modo in cui senti, pensi e gestisci le attività quotidiane, come dormire, mangiare e lavorare. Ecco cos’altro comporta la diagnosi.

FONTE: https://www.healthline.com/health/smiling-depression#diagnosis

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

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