IL RACCONTO TERAPEUTICO DELL’ALBERO TRISTE

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C’era una volta un bellissimo giardino, con alberi e fiori di ogni tipo, meli, aranci e rose. Tutti felici e soddisfatti. C’era solo felicità in quel giardino, tranne che per un albero che era molto triste. Il povero albero aveva un problema: non sapeva chi fosse!

“Ti manca la concentrazione” gli disse il melo “se davvero ti impegni, puoi fare mele deliziose. Guarda com’è facile”.

“Non ascoltarlo” intervenne il cespuglio di rose “e guarda quanto siamo belle noi!”.

L’albero disperato provò a seguire ogni consiglio. Cercò di produrre mele e far sbocciare rose ma, non riuscendo, a ogni tentativo si sentiva sempre più frustrato.

Un giorno un gufo arrivò nel giardino.

Era il più saggio di tutti gli uccelli e vedendo la disperazione dell’albero esclamò: “Non ti preoccupare. Il tuo problema non è così serio. È lo stesso di tanti esseri umani! Ti darò io la soluzione: non passare la tua vita ad essere ciò che gli altri vogliono che tu sia. Sii te stesso. Conosci te stesso e per far ciò ascolta la tua voce interiore”. Poi il gufo scomparve.

“La mia voce interiore? Essere me stesso? Conoscere me stesso?” l’albero disperato pensava tra sé e sé alle parole del gufo quando all’improvviso comprese. Si tappò le orecchie e aprì il suo cuore e sentì la sua voce interiore che gli stava dicendo “Non darai mai mele perché non sei un melo, e non fiorirai ogni primavera perché non sei un cespuglio di rose. Tu sei una Sequoia, e il tuo destino è crescere alto e maestoso. Sei qui per offrire riparo agli uccelli, ombra ai viaggiatori, bellezza al paesaggio! Tu hai questa missione! Seguila!”.

A queste parole l’albero si sentì forte e sicuro di sé e cessò ogni tentativo di diventare qualcun altro ed esattamente quello che gli altri si aspettavano da lui. In breve tempo riempì il suo spazio e divenne ammirato e rispettato da tutti. Solo da quel momento il giardino divenne completamente felice.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

RIFLESSIONI TERAPEUTICHE DI JUNG

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Di seguito una serie di brevi riflessioni, tratte dagli scritti di Carl Gustav Jung, utili ad approfondire la nostra conoscenza della psiche umana.

1) “Non aggrapparti a qualcuno che se ne va, altrimenti non sarà possibile incontrare chi sta per arrivare”.

2) “Tutto ciò che ci infastidisce negli altri può portare ad una maggiore comprensione di noi stessi”.

3) “L’incontro tra due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche: se c’è qualche reazione, entrambe si trasformano”.

4) “Lodare e predicare la luce non serve a nulla, se non c’è nessuno che possa vederla. Sarebbe invece necessario insegnare all’uomo l’arte di vedere”.

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5) “Conoscere le nostre paure è il metodo migliore per occuparci delle paure degli altri”.

6) “Se sei una persona di talento, questo non significa che hai vinto qualcosa. Significa che hai qualcosa da offrire”.

7) “Gli errori sono, dopotutto, il fondamento della verità. Se un uomo non sa cosa sia un determinato oggetto, sarà pronto ad aumentare la propria conoscenza”.

8) “La vostra visione diventerà chiara solo quando guarderete nel vostro cuore. Chi guarda all’esterno, sogna. Chi guarda all’interno, apre gli occhi”.

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9) “La gente farebbe qualsiasi cosa, non importa quanto sia assurda, per evitare di guardare la propria anima”.

10) “La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno ma dall’incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili”.

11) “La depressione è una signora vestita di nero che bisogna far sedere alla propria tavola ed ascoltare”.

12) “Un uomo che non è passato attraverso l’inferno delle proprie passioni, non potrà mai superarle”.

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13) “La vostra percezione sarà chiara solo quando potrete guardare dentro la vostra anima”.

14) “Il pendolo della mente oscilla tra senso e non senso, non tra giusto e sbagliato”.

15) “Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario. Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell’amicizia, perché nessuno è più sensibile alle relazioni che il solitario e l’amicizia fiorisce soltanto quando un individuo è memore della propria individualità e non si identifica più negli altri”.

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16) “Un sogno è una porta nascosta nel santuario più profondo e più intimo dell’anima”.

17) “Pensiamo di conoscere totalmente noi stessi. Tuttavia, un amico può facilmente rivelarci qualcosa su di noi di cui non abbiamo assolutamente idea”. (Carl Gustav Jung)

18) “Non sono quello che mi è successo, sono quello che ho scelto di essere”.

19) “È un peccato che noi teniamo conto delle lezioni della vita soltanto quando non ci servono più a niente”.

20) “Pensare è molto difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica. La riflessione richiede tempo, perciò chi riflette già per questo non ha modo di esprimere continuamente giudizi”.

Dott. Roberto Cavaliere

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OGNUNO E’ RESPONSABILE DELLA SUA VITA

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Mia madre aveva un sacco di problemi. Non dormiva, si sentiva esausta, era irritabile, scontrosa e acida. Sempre malata, finché un giorno, all’improvviso, lei cambiò.

La situazione era uguale, ma lei era diversa.

Un giorno, mio padre le disse:
– tesoro, sono tre mesi che cerco lavoro e non ho trovato niente, vado a prendermi un po’ di birre con gli amici.
Mia madre gli rispose:
– va bene.

Mio fratello le disse:
– mamma, vado male in tutte le materie dell’università…
Mia madre gli rispose:
– ok, ti riprenderai, e se non lo fai, allora ripeterai il semestre, ma tu pagherai le tasse.

Mia sorella le disse:
– mamma, ho urtato la macchina.
Mia madre le rispose:
– va bene figlia, portala in officina, cerca come pagare e mentre la riparano, muoviti in autobus o in metropolitana.

Sua nuora le disse:
– suocera, verrò a stare qualche mese con voi.
Mia madre le rispose:
– va bene, siediti sul divano e cerca delle coperte nell’armadio.

Tutti a casa di mia madre ci siamo riuniti, preoccupati di vedere queste reazioni. Sospettavamo che fosse andata dal dottore e che le prescrivesse delle pillole di ” me ne frega un cavolo” da 1000 mg… Probabilmente sarebbe andata in overdose.

Abbiamo proposto di aiutare mia madre per allontanarla da ogni possibile dipendenza da qualche farmaco anti-Ira.
Ma la sorpresa è stata quando ci siamo riuniti tutti intorno e mia madre ci ha spiegato:

” mi ci è voluto molto tempo per capire che ognuno è responsabile della sua vita, mi ci sono voluti anni per scoprire che la mia angoscia, la mia mortificazione, la mia depressione, il mio coraggio, la mia insonnia e il mio stress, non risolvevano i suoi problemi.
Io non sono responsabile delle azioni altrui, ma sono responsabile delle reazioni che ho espresso.
Sono quindi giunta alla conclusione che il mio dovere per me stessa è mantenere la calma e lasciare che ognuno risolva ciò che gli spetta.

Ho seguito corsi di yoga, di meditazione, di miracoli, di sviluppo umano, di igiene mentale, di vibrazione e di programmazione neurolinguistica, e in tutti loro, ho trovato un comune denominatore: alla fine tutti conducono allo stesso punto.

E io posso solo avere un’interferenza su me stessa, voi avete tutte le risorse necessarie per risolvere le vostre vite. Io posso darvi il mio consiglio solo se me lo chiedete e voi potete seguirlo o no.

Quindi, da oggi in poi, io smetto di essere: il ricettacolo delle sue responsabilità, il sacco delle sue colpe, la lavandaia dei suoi rimpianti, l’avvocato dei suoi errori, il muro dei suoi lamenti, la depositaria dei suoi doveri, chi Risolve i vostri problemi o il vostro cerchio di ricambio per soddisfare le vostre responsabilità.
D’ ora in poi vi dichiaro tutti adulti indipendenti e autosufficienti.

Da quel giorno la famiglia ha iniziato a funzionare meglio, perché tutti in casa sanno esattamente cosa spetta a loro fare.

Autore:
Una donna felice!!!

Dott. Roberto Cavaliere

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LA METAFORA DELLA CARROZZA

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Il filosofo Gurdjieff paragona l’essere umano ad un veicolo destinato al trasporto di un passeggero e composto da carrozza, cavallo e cocchiere.
La carrozza è il corpo fisico, i cavalli le emozioni, il cocchiere la mente, e infine il passeggero la coscienza l’anima o l’io superiore.
Naturalmente i cavalli, così come le emozioni, vanno controllate, altrimenti la carrozza verrà trascinata a caso senza alcuna meta. Per fare questo esiste il Cocchiere, che rappresenta la nostra mente razionale, e guida i cavalli lungo la retta via. Ma nemmeno il cocchiere, seppure molto bravo a condurre la carrozza, sa esattamente dove andare.
Chi conosce la meta? L’unico a sapere veramente dove andare è il Passeggero della carrozza, che rappresenta il nostro Vero Sè, ed è l’unico che può indicare la strada.
La metafora si sposa perfettamente con la realtà, basti pensare a come i vari elementi sono collegati: i cavalli sono legati alla carrozza tramite delle staffe rigide, che quindi rendono la carrozza (il nostro corpo) estremamente sensibile al movimento dei cavalli (le emozioni).
Il cocchiere (la mente) comanda i cavalli con le redini, che non sono rigide, quindi il controllo delle emozioni non è sempre così ferreo ed efficace. Ci vuole molta dimestichezza e concentrazione per tenere a bada i cavalli.
Il grande problema è che il cocchiere riceve gli ordini dal passeggero solo attraverso la voce, che è un collegamento molto labile e soggetto ad interferenze. E’ esattamente quello che succede: di solito la nostra mente agisce da sola senza ascoltare il proprio Vero Sè (la voce del cuore), confusa dal rumore di fondo rappresentato nella metafora dal frastuono causato dalle ruote e dagli zoccoli sul terreno, e nella realtà dai pensieri compulsivi e incontrollati che affollano continuamente la nostra mente.
Siamo come una carrozza senza il Passeggero, lasciata a se stessa, in balia delle emozioni e di una mente incapace di controllarla, frastornata com’è dal rumore continuo dei pensieri compulsivi.

George Ivanovic Gurdjieff paragona la condizione dell’uomo a quella del sonno: “La condizione fondamentale dell’uomo è il sonno; l’uomo è addormentato, la sua coscienza è ipnotizzata, confusa; egli non sa chi è, non sa perché agisce, è una specie di macchina, un automa, cui tutto “succede”; non ha il minimo controllo sui propri pensieri, sulle proprie emozioni, sulla propria immaginazione, sulla propria attenzione; crede di amare, di desiderare, di odiare, di volere, ma non conosce mai le vere motivazioni di questi impulsi che compaiono e scompaiono come meteore; dice “io sono”, “io faccio”, “io voglio”, credendo di avere davvero un ego unitario, mentre è frammentario in una moltitudine di centri che di volta in volta lo dominano; si illude di avere coscienza di sé, ma non può svegliarsi da sé, può soltanto sognare di svegliarsi; pensa di poter governare la propria vita, ma è una marionetta diretta da forze che ignora; trascorre l’intera esistenza nel sonno e muore nel sonno; passa tutto il tempo in un mondo soggettivo cui non può sfuggire; non è in grado di distinguere il reale dall’immaginario; spreca le proprie energie a inseguire cose superflue; e solo qualche volta si rende conto che non è soddisfatto, che la vita gli sfugge, che sta sciupando l’occasione che gli è stata offerta.”

Dott. Roberto Cavaliere

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NON COMBATTERE I PENSIERI NEGATIVI

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NON COMBATTERE I PENSIERI NEGATIVI…
non tentare di allontanarli, respingerli ottieni solo di rinforzarli e moltiplicarli.
Lasciali fluire. concentrati su te stesso, e vedrai che, come degli ospiti indesiderati, se ne andranno e riacquisterai la tua serenità.

Eloquente video al riguardo da vedere

Dott. Roberto Cavaliere

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IL BRANO MUSICALE CHE RIDUCE L’ANSIA

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I neuroscienziati nel Regno Unito hanno trovato che un singolo brano musicale provoca una drastica riduzione del 65 per cento dell’ansia generale.

I ricercatori di Mindlab International nel Regno Unito volevano sapere che tipo di musica indurrebbe il più grande stato di rilassamento. Lo studio ha coinvolto i partecipanti a cercare di risolvere un puzzle difficile – che inevitabilmente ha innescato un certo grado di stress – il tutto mentre erano collegati a dei sensori. Allo stesso tempo, i partecipanti hanno ascoltato una serie di brani mentre i ricercatori misuravano la loro attività cerebrale, la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e il tasso di respirazione.

Quello che hanno scoperto è che una canzone ha portato ad una riduzione del 65 per cento dell’ansia complessiva dei partecipanti e una riduzione del 35 per cento dei normali tassi di riposo fisiologici.

È interessante notare che la canzone è stata appositamente progettata per indurre questo stato estremo di rilassamento. Creato dalla Marconi Union, i musicisti hanno collaborato con terapisti per organizzare con cura accordi di armonia, ritmi e linee di basso, che a sua volta rallentano la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna dell’ascoltatore, riducendo altresì gli ormoni dello stress come il cortisolo .

Infatti, la musica è così efficace, che molti partecipanti hanno mostrato segni di sonnolenza- al punto che il ricercatore Dr. David Lewis-Hodgson ha consigliato di non ascoltarlo durante la guida.

Il brano in questione è questo,provare per credere:

Dott. Roberto Cavaliere

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LA VITA DI UN TERAPEUTA

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Riporto questo significativo brano sulla vita di un terapeuta tratto dal libro “Il dono della terapia” di Y. D. Yalom edito da Neri Pozza Editore
(in foto Salone-Studio del dottor Cavaliere)

“La vita di un terapeuta è una vita di servizio in cui ogni giorno trascendiamo i nostri desideri personali e volgiamo lo sguardo alle necessità e alla crescita dell’altro. Traiamo non solo piacere dalla crescita del nostro paziente, ma anche dall’effetto domino o reazione a catena – l’influenza salutare che i nostri pazienti hanno su coloro con cui vengono a contatto nella vita.
Questo è un privilegio straordinario.
È anche una soddisfazione straordinaria.
Noi siamo depositari di segreti. Ogni giorno i pazienti ci offrono i loro, spesso mai condivisi prima. Ricevere tali segreti è un privilegio garantito a pochi. I segreti forniscono una visione dietro le quinte della condivisione umana senza fronzoli sociali, giochi di ruolo, vanterie o recitazioni. Qualche volta i segreti mi colpiscono così profondamente che vado a casa, abbraccio mia moglie ed enumero le mie fortune. Altri segreti mi pulsano dentro e fanno sorgere i miei propri ricordi e impulsi di fuga, dimenticati da tempo. Altri ancora mi rendono triste, come quando sono testimone di come una vita intera possa consumarsi nella vergogna e nell’incapacità di perdonarsi.”

“La terapia non dovrebbe essere guidata dalla teoria, ma dalla relazione.”

“Guardate dal finestrino dell’altro. Cercate di vedere il mondo  come lo vede il vostro paziente.” 

“Una accresciuta sensibilità per i problemi esistenziali influenza profondamente la natura della relazione tra il terapeuta e il paziente.”

Dott. Roberto Cavaliere

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PERCHE’ SI HA BISOGNO DELLA PSICOTERAPIA

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Questa poesia del poeta spagnolo Marwan esplicita bene quali sono quei disagi personali ed esistenziali che conducono al bisogno di effettuare una psicoterapia.

«Ho bisogno di psicoterapia perché ho cominciato a guardare solo fuori.

Ho bisogno di psicoterapia perché cadere otto volte nello stesso piccolo abisso
non può mai essere casualità bensì causalità.

Ho bisogno di psicoterapia perché il mondo è un abito
che ultimamente mi sta straordinariamente male,
perché il mondo è un abito e, chissà,
un divano forse è il camerino giusto.

Ho bisogno di psicoterapia perché cerco nel piacere
un modo per riempire tutti i vuoti che ho nell’anima
e voglio conoscere questi vuoti per riempirli
con parole di amor proprio, con carezze a me stesso.

Ho bisogno di psicoterapia perché la mia voglia di divorare il mondo
è finita quando ho sentito che il mondo si impegnava a divorare me
e qui non c’è retorica, qui c’è qualcuno che deve imparare
che vivere non è essere pranzo né commensale
e non si può sperare che sia il mondo a impararlo.

Ho bisogno di psicoterapia perché vedo cose
e non è bello vedere in te quello
che tanto ti infastidisce vedere negli altri,
perché a volte sento che nessuno fa parte di me.

Ho bisogno di psicoterapia perché sono un uomo normale
che lavora più del normale, per brillare più del normale,
com’è normale in questo sistema e mi sto rendendo conto
che il normale non ha niente a che vedere con il naturale.

Ho bisogno di psicoterapia perché gli anni mi hanno reso odiosamente responsabile
e crescere non deve consistere solo nel viaggiare verso il paese delle responsabilità.
Deve consistere anche nel vivere in pace con le tue ferite,
in pace con il tuo passato, in pace con le persone.

Ho bisogno di psicoterapia perché pensavo di aver già cancellato tutto
ma la vita ti consegna i problemi pezzo a pezzo
e ha sempre un altro regalo pronto per essere aperto,
per farti crescere ancora un po’.

Ho bisogno di psicoterapia perché ultimamente non ho saputo aprire questi regali.

Per tutte queste ragioni so di aver bisogno di psicoterapia
e sono già al lavoro, in cerca di uno psicologo.»

http://marwanblog.blogspot.it/2013/12/psicoterapia.html

tratta dal libro di Marwan – Tutti i miei futuri sono con te edito da Giunti

Dott. Roberto Cavaliere

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I VANTAGGI DEL PENSIERO NEGATIVO

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Oggi tutti parlano ‘positivamente’ del ‘pensiero positivo’.

Siti internet, social network, psicologi, coach, counselor, e via dicendo, tutti a declamare i vantaggi del pensiero positivo, ad invitare a vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto.

Ma è effettivamente così positivo il pensiero positivo ? (scusate il gioco di parole)

Lo studioso Burkeman O.nel libro ” La legge del contrario” edito da Mondadori (2015) (che invito a leggere) è appunto di parere contrario e riporto di seguito dei brani tratti dal libro che possono servire a comprendere le sue motivazioni.

La formula generale, al di là delle differenze nell’approccio dell’argomento trattato, sembra essere questa: se ti sforzi di pensare alla positività e al successo, di concentrarti sul raggiungimento degli obiettivi, felicità e successo arriveranno da sé.
Ma il lavoro di svariati studiosi in questo ambito ci suggerisce anche un ‘alternativa più promettente ovvero un approccio alla felicità che potrebbe assumere una forma completamente diversa. Il primo passo è dare un taglio alla ricerca della positività ad ogni costo, al contrario, diversi autori della “via negativa” sostengono, in modo paradossale ma persuasivo, che accogliere deliberatamente ciò che riteniamo negativo sia una precondizione della vera felicità. L’ottimismo incondizionato non fa che acuire lo shock quando le cose vanno per il verso sbagliato: sforzandoci di nutrire esclusivamente convinzioni positive sul futuro, il pensatore positivo finisce per essere meno preparato e più vulnerabile agli (inevitabili) eventi che non riesce a classificare come auspicabili. Voler vedere sempre il bicchiere mezzo pieno richiede uno sforzo costante e faticoso. Se il nostro impegno fallisce o si dimostra insufficiente a reggere uno shock imprevisto, ricadremo in una depressione forse ancora più nera.

La capacità negativa non è sempre superiore al suo opposto. L’ottimismo è meraviglioso, gli obiettivi possono talvolta rivelarsi utili, e persino il pensiero positivo e la visualizzazione positiva hanno i loro vantaggi. Il punto è che nel rapportarci alla felicità abbiamo sviluppato l’abitudine di sopravvalutare sistematicamente la positività e la dimensione del fare, sottovalutando la negatività e la dimensione del non fare insite per esempio nell’accettazione dell’incertezza e della vulnerabilità.

La capacità negativa è l’abilità che metti in campo quando ti dedichi a un progetto – o alla tua vita – in assenza di obiettivi specifici, quando hai il coraggio di riflettere sui tuoi insuccessi, quando rinunci a neutralizzare l’insicurezza e quando lasci perdere le tecniche motivazionali per darti da fare sul serio. Certo, puoi decidere di votarti allo stoicismo (…). Oppure potrai avere un’esperienza alla Eckhart Tolle, di quelle che ti ribaltano la vita. Ma puoi anche trattare queste idee come cassette portautensili dalle quali estrarre gli attrezzi che ti servono. Ognuno di noi può diventare moderatamente stoico, un po’ più buddista o praticare il memento mori con più frequenza: a differenza di tanti metodi di self help che pretendono di essere manuali di vita onnicomprensivi, la via negativa alla felicità non è un pacchetto “tutto o niente”

Personalmente condivido e faccio mia la massima latina che afferma che “La verità sta nel mezzo”

Infine invito a riflettere su questo breve racconto che, indirettamente, la dice lunga sull’utilità dei seminari di crescita personale

Una volta Buddha si trovava in una città, ed un uomo gli si avvicinò. Gli chiese se Dio esistesse e Buddha rispose: “Ovviamente si.” L’uomo se ne andò pensieroso. Poco dopo un altro uomo si avvicinò al Buddha, e gli fece la stessa domanda. Il Buddha rispose: “No, Dio non esiste.” Anche quest’uomo se ne andò pensieroso.

Un discepolo si avvicino a Buddha e gli chiese come mai avesse dato due risposte diverse alla stessa domanda e il Buddha rispose: “Il primo era ateo, mentre il secondo era un profondo credente. Entrambi stavano cercando una conferma alle loro credenze, e speravano che io gli dessi la risposta giusta. Ma la vera risposta giusta non gliela posso dare io, devono scoprirla da soli facendo un percorso di ricerca personale che io non gli posso insegnare.”

Dott. Roberto Cavaliere

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