COACHING

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Ogni corso formativo di coaching prevede l’utilizzo di strumenti volti a stabilire un obiettivo , costruire una strategia per raggiungerlo ed i mezzi più economici per conseguirlo.

L’assunto di base va ricercato nel termine “coach” che nell’inglese moderno identifica un veicolo in grado di trasportare una persona o un gruppo da un luogo di partenza a quello d’arrivo desiderato.

Allo stesso modo il tutor, il coach/formatore addestra singoli individui o squadre, “li trasporta” attraverso un percorso teso allo sviluppo di competenze e comportamenti utili al miglioramento di specifiche performance in vista del conseguimento di un obiettivo dato, di natura professionale, aziendale, privata.

Una dote sopra tutte è richiesta al fine di raggiungere lo scopo prefissato: l’ autoefficacia , vale a dire la consapevolezza che nel contesto il soggetto sia in grado di poter individuare e mettere in atto i comportamenti adeguati alla situazione per poter giungere alla meta.

Tale attitudine del Sé attiene alla sfera del “fare” e, qualora il coachee non ne disponga a sufficienze, è compito del coach aiutarlo a svilupparla, pena il fallimento.

Le origini di tale approccio sono molto antiche, più di quanto normalmente si pensi…

Benché le scuole di coaching siano svariate, come anche i modelli teorici a cui ognuna fa riferimento, tutte condividono il seguente schema:

preparazione di un PIANO STRATEGICO ideale, astratto, pensato, orientativo ___________ identificazione dei MEZZI , degli strumenti più consoni per attuarlo__________________ APPLICAZIONE concreta, pratica, del piano nella realtà.

E tale modello in cui il pensiero anticipa e determina il fare nel mondo origina dal pensiero greco classico e permane fino all’epoca contemporanea:

per Platone l’idea è fondamento dell’essere delle cose, l’idea è ciò che fa essere gli oggetti.

Aristotele riteneva che la conoscenza intellettiva avvenisse mediante un processo di astrazione dei concetti incarnati in potenza nella realtà sensibile.

Che dire di Galileo , per cui l’universo è un “grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi” ma che “non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua e conoscer i caratteri ne’ quali è scritto” ed è scritto “in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi e altre figure geometriche” (vd. Saggiatore)

I fenomeni naturali vengono insomma riordinati dalla costruzione e dai ragionamenti matematici prodotti a priori.

Infine Heidegger concepisce l’uomo come esserci, come colui che guarda alle cose in funzione del proprio progetto, esse sono per lui essenzialmente strumenti.

Il pensiero occidentale tutto è permeato da questa concezione: il modello ideale in contrapposizione alla pratica. Il modello ideale generato dall’intelletto e dalla volontà predispone all’azione adeguata determinandone l’esito.

Questa la prospettiva da cui la cultura occidentale ha sempre guardato al reale.

Ma non è sempre stato così..

…si pensi ad Odisseo, l’uomo dalle mille risorse che sapeva percepire il vantaggio delle situazioni e sfruttarle.

Il pensiero greco arcaico muoveva infatti da ben altra prospettiva rispetto a quello classico:

sapendo cogliere in quale senso stesse evolvendo la situazione, Ulisse sapeva come trarne profitto.

La prospettiva è radicalmente differente.

Non c’è alcun modello astratto a guidare l’azione. Nessuna elaborazione teorica precedente al fare, nessun pensiero pregresso se non quello vitale del qui ed ora.

Ulisse, diremmo oggi, sa surfare l’onda (F. Julien). Stando nel presente , vigilando, trae le informazioni necessarie ad ammansirla.

Tale concezione nella sua semplicità è sbalorditiva ed estremamente accattivante… sì, perché a pensarci bene anche la miglior strategia astratta deve “fare i conti” con le circostanze con cui nella pratica andrà a “cozzare”… ed esse, che le si attribuisca al destino o alla pura casualità, rappresentano una grave resistenza alla precisa applicazione del piano strategico..

Si pensi all’arte della guerra.

Storicamente le migliori strategie pensate a priori hanno dovuto scontrarsi con eventi (circostanze) di carattere metereologico (nebbia, neve, freddo) che ne hanno decretato un esito imprevisto, quando non il fallimento.

Ogni volta che basiamo la nostra azione su di un piano astratto, aprioristico, corriamo il rischio di “dover forzare la realtà” per adeguarla al piano stesso, in vista del nostro obiettivo . L’uomo capace di tale tenacia e determinazione è riconosciuto nella nostra cultura un vincente, un coraggioso, votato al successo.

Ma non sempre – specie se le circostanze non sono favorevoli – tale approccio verrà premiato dal raggiungimento del risultato.

Torniamo ad Odisseo… vigile e pronto a cogliere il variare della situazione e a trarne elementi per muoversi con efficacia… per quanto tale prospettiva venne presto abbandonata dal pensiero classico, essa acquista valore se inserita in un contesto concettuale di respiro più ampio, seppur lontano in termini culturali:

Il pensiero orientale viene sinteticamente ma efficacemente espresso nel libro di Mencio (IV sec a.C) appartenente alla tradizione confuciana.

L’autore parte dall’esempio di un contadino che rincasando la sera, spiega ai figli di aver passato la giornata a dissotterrare i semi germogliati del suo campo. Una faticaccia. Più tardi i figli si recano nel campo e trovano che tutto è seccato.

Ecco ciò che non si deve mai fare, dice Mencio.

Volendo affrettare la crescita , forzandola , agendo direttamente su di essa , mi muovo in senso contrario al processo avviato e così fermo, anniento la possibilità che l’effetto si realizzi spontaneamente .

La crescita del germoglio è implicita infatti alla situazione. Basta lasciar maturare .

Mencio dice di più..

come per Odisseo, anche nel pensiero orientale la pianificazione viene sostituita dalla valutazione del contesto reale .Questo atteggiamento permette di riuscire a cogliere tutti i fattori correlati alla situazione. Saper valutare tali fattori significa poi discriminare quelli potenzialmente favorevoli e quelli non.

E qui il secondo paradosso rispetto alla nostra cultura:

“né impazienza, né inerzia”

La raccolta di frutti maturi è determinata dalla capacità di non forzare la crescita spontanea, il naturale processo di maturazione(l’i mpazienza ). Ciò non vuol dire rimanere passivi, l ‘inerzia , bensì avere la pazienza e l’abilità necessaria a potenziare i fattori positivi presenti nel contesto (annaffiare regolarmente i germogli, curarne il benessere) e ridurre l’incidenza di quelli negativi (tenerli al riparo dalle intemperie..).

Torniamo alla nostra cultura. Al 2008. Al fine di raggiungere obiettivi nel futuro, molti coach adottano la tecnica dell’ imagineering.

Il termine fu coniato da Walt Disney per descrivere il processo che utilizzava per “creare il futuro”, partendo dall’elaborazione dei suoi sogni e facendoli diventare realtà.

L’imagineering implica il coordinamento di tre sottoprocessi:

  • il primo – il sognatore – pensa, progetta nuove idee da poter attuare in un secondo tempo.
  • Il secondo – il realista – Il suo scopo è trasformare il sogno in un progetto realizzabile. Il focus del suo lavoro è “come realizzare” il piano ideale del sognatore.
  • Il terzo – il critico – L’obiettivo è di valutare il progetto proposto, di cercare i collegamenti mancanti ed eventuali problemi “facendo considerazioni logiche su ciò che potrebbe accadere se si verificasse il problema” . (R. Dilts)

Il coach esperto supporta il coachee nel prefissarsi l’obiettivo (sogno) e nel conseguimento mediante il controllo della situazione (realismo e critica) ……….sulla base di paradgmi   che nella realtà dei fatti sono pressoché incontrollabili… qui lo “stridore”..

E se ogni coach tenesse conto della secolare saggezza orientale?

Se si facesse inquietare da una prospettiva tanto lontana dalla propria?

Proviamoci.

L’ efficacia non sarebbe un’ostinata attitudine personale, ma verrebbe intesa come risultante di un processo (fatto di attesa, di interventi mirati alla cura del campo, nell’esempio di Mencio .

Le circostanze , senza essere attribuite drammaticamente al destino, verrebbero potenziate se favorevoli, ridotte, nel possibile, se negative.

Il fine non verrebbe stabilito aprioristicamente ma inteso come maturazione, pieno rendimento del processo stesso.

L’ occasione propizia non come un dono del fato, bensì come il momento finale del raccolto.

CONCLUSIONI

UN ONESTO E CREDIBILE LAVORO DI COACHING

Qualsiasi sia il motivo del contratto stipulato con il cliente (professionale o privato), la possibilità di essere efficaci rispetto ad esso sembra sempre più derivare da questi imprescindibili assunti di partenza:

  • scoprire pazientemente nel qui e ora della situazione i fattori favorevoli in modo da farli crescere fino a che il frutto del lavoro comune giunga a completa maturazione.
  • scoprire pazientemente nel qui e ora della situazione i fattori sfavorevoli, riducendoli quanto possibili e così invertendo il potenziale a proprio favore
  • favorire pazientemente la maturazione, senza forzature, rispettando il processo naturale; l’occasione propizia coinciderà con il raccolto.

Ho usato più volte l’avverbio pazientemente.

Spiego perchè attraverso le parole di Aun San Suci:

“occorre avere un’enorme pazienza, ma per pazienza non intendo un’attesa inerte, per me pazienza è forza, la forza di sopportare le avversità per tutto il tempo che sarà necessario per raggiungere il nostro obiettivo” .

Pazienza è forza, è capacità di stare nel processo “surfando l’onda”, scoprendo il movimento più adeguato affinché il processo stesso avvenga e giunga a compimento .

Sembra assurdo far menzione di questi concetti in una cultura come l’attuale, permeata dall’idea che l’efficacia sia prodotto del pensiero forte, che sa imporsi piegando la realtà a proprio vantaggio, propensa a credere che vincitore sia colui che persevera ostinato, incurante di quanto accade intorno, focalizzato solo al proprio obiettivo…

Laddove la pazienza, la saggezza del saper guardare, dell’attesa vigile, il rispetto dell’incessante movimento di rinnovamento del reale soli portano al pieno, vero rendimento.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

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