PAURE INFANTILI
Succede spesso che il bambino piccolo si svegli di notte in preda a qualche brutto sogno (che magari si riferisce a uno spettacolo televisivo appena visto) e chiami la mamma per trovare conforto e protezione. Le paure infantili sono alimentate molte volte dagli stessi adulti, dai loro racconti e dalle loro minacce di abbandono o di far venire il lupo o l’uomo nero “se fai il cattivo”. La via per aiutare il bambino a superare uno stato di ansia non e certo quella di minimizzare o, peggio ancora, di deridere i suoi timori, ma quella di creargli intorno un’atmosfera di serenità e di sicurezza.
Possiamo dividere le paure infantili nei seguenti sottogruppi: (a) stato generale di ansia, che si acutizza in modo eccessivo in certe situazioni, come quando il bambino si procura una piccola ferita, oppure viene lasciato solo nel suo lettino. Vi comprendiamo anche casi di spiccata incapacità di sopportare una separazione dalla madre; di pianto isterico nel tentativo di unirsi ad un gruppo di bambini e l’intolleranza di qualunque cambiamento di abitudini; (b) terrori notturni, sia che si tratti di paura di qualcosa di ben determinato, sia che il bambino viva uno stato confuso e indefinito di terrore; (c) fobie specifiche, ad esempio, di insetti, di cadere da un precipizio, di personaggi grotteschi come Punch e Yudy, di immagini di animali con i cappelli, delle risate degli adulti, della pioggia e dei temporali, di fare il bagno, dell’acqua che scorre via dalla vasca da bagno, di farsi lavare i capelli, dei cappelli, degli aerei, delle cose che volano, delle bambole un po’ grandi, di qualunque cosa fatta di gomma (un bambino si rifiutava di giocare vicino ad un tavolo sul quale era posata una bambola di gomma), del ragazzo che porta i giornali, delle campane della chiesa, di scendere le scale, delle nuvole, delle lezioni di storia, delle narrazioni bibliche, di prendere le medicine, delle persone alte vestite di scuro, di tutti coloro che sono affetti da qualche infermità fisica, di certi fiori, come le bocche di leone, del telefono, del vaso da notte, del sedile del WC, di una motocicletta nera, paura che la madre esca perché si teme che ella si faccia del male. Tutte queste paure possono diventare talmente gravi da costituire un problema serio per le famiglie. Ecco alcuni esempi di queste paure infantili.
” Per sei giorni la bambina (2 anni) era stata allegra e felice, dormiva tranquillamente e profondamente come al solito; poi comincio a svegliarsi anche sei o sette volte per notte, chiamando ” mamma, mamma “; per tutto il giorno non faceva altro che correre su e giù irrequieta; ben presto la sua agitazione durante la notte peggioro e non riuscivamo più a controllare il suo pianto e le sue grida. (Tra l’altro devo aggiungere che era una bambina che normalmente non piangeva mai). L’ottavo giorno comincio a rifiutare il cibo, il decimo e l’undicesimo non volle ne mangiare, ne bere, a dispetto di tutti i tentativi. Un medico la visitò il nono giorno e disse che si trattava di un caso preoccupante; un altro, chiamato l’undicesimo giorno, la esamino più accuratamente e ci disse che la bambina non avrebbe potuto essere più sana di così, ma che si trattava di un soggetto ipersensibile e inquieto. La bambina era così deperita che il medico ordino di riportarla a casa quella stessa notte. Aveva perso due libbre (più di una libbra negli ultimi cinque giorni). Andai a prenderla e trovai al posto della mia bambina rosea, ricciuta ed allegra, una bimba pallida, silenziosa, con i capelli lisci e l’aspetto patito. Essa diede un grande sospiro di sollievo e contentezza nel vedermi, ma non sorrise per oltre mezz’ora. Poi a poco a poco si rilassò e dopo un piccolo spuntino che gradatamente riuscii a farle mangiare, si addormento profondamente per diverse ore. (Non aveva ne mangiato, ne dormito affatto per due giorni ed assai poco nei quattro precedenti). Essa migliorò rapidamente, riprese a mangiare avidamente e in due giorni era ritornata allegra come un’allodola “.
” Negli ultimi tre mesi il mio bambino (di quattro anni e mezzo) ha cominciato a svegliarsi molto spesso durante la notte o meglio nelle prime ore del mattino gridando, con voce disperata, di vedere delle ” brutte cose”. Inoltre, di frequente, quando sta per addormentarsi, diceche ” ha paura di chiudere gli occhi, perché vede delle cose “.
Sembra incapace di descriverle; sa soltanto ripetere che sono ” molto brutte” e talora aggiunge che ” mordono “. Quando affettuosamente cerchiamo di rassicurarlo che non vi e niente che possa far del male a un bambino, quando la mamma e il papa gli sono accanto, egli risponde ” Si, questo lo so, ma a quelle cose credo “.
” La mia bambina ha appena diciannove mesi, e fino ad una settimana fa aveva sempre amato molto fare il bagnetto prima di essere coricata. Poi all’improvviso, senza alcun motivo apparente, ha cominciato a rifiutare con tutte le forze di lasciarsi fare il bagno. Si irrigidisce e grida come se fosse terrorizzata. Ho provato con tutti i mezzi, vezzeggiandola, prendendola a sculaccioni, promettendole dei premi, ma non sono riuscita ad ottenere che rimanesse seduta, o almeno in piedi, nell’acqua”.
” La mia bambina di due anni e mezzo ha un enorme terrore delle donne, o meglio, di tutte le donne che non conosce molto bene. È sempre stata così fino da piccolissima, e per un certo tempo non abbiamo dato gran peso alla cosa; pensavamo che sarebbe riuscita a superare questi stati d’animo, ma adesso ci sembra che vada sempre peggiorando. Non credo che la si possa definire timida, perché. chiacchiera con tutti quanti, quando la portiamo fuori in carrozzina, pur mostrando sempre una preferenza per gli uomini. I problemi nascono, quando riceviamo visite; se si tratta di un uomo la bambina si comporta in maniera ineccepibile e se ne sta accovacciata chiacchierando amichevolmente, ma se trova nella stanza una signora che non conosce, dapprima resta in piedi e la osserva per circa un minuto, quindi scoppia in lacrime e ben presto il pianto si trasforma in una specie di attacco isterico; non c’é vezzeggiamento o ragionamento che riesca a calmarla, e siamo costretti a portarla via dalla stanza. Non e una questione di cattiveria o di brutto carattere; la bambina e assolutamente terrorizzata “.
” Vi sono cose che colpiscono il bambino (due anni e quattro mesi) cosi profondamente che ogni traccia di colorito scompare dal suo viso e tutto il suo atteggiamento diventa di paura. La prima volta che notai questo fatto fu quando egli aveva sedici mesi. Aveva visto, fissato sul retro di un’automobile, pendolante ed oscillante, un grande oggetto (circa tre metri) che doveva rappresentare un uomo di gomma – la pubblicità di una certa marca di pneumatico. D. non disse nulla, ed io mi allarmai nel vedere sbiancarsi la sua faccia (egli ha, abitualmente, un leggero colorito roseo) ed i suoi occhi spalancarsi spaventati. Ciò capito di nuovo qualche giorno dopo, quando egli trovo una rivista sulla cui copertina era rappresentato uno ” stregone ” a foschi colori. Non tentai di dare spiegazioni in nessuno dei due casi – le cose erano troppo strane e grottesche -, ma cercai di sviare semplicemente la sua attenzione verso altri interessi. Questo fatto si ripete ogni volta ch’egli vede figure di personaggi caricaturali come, per esempio, Mister York, la figura pubblicitaria del cioccolato York, o minuscole figure di nani, i soliti personaggi delle poesie per bambini”.
” Spesso conduco la bambina (quattro anni) con me quando vado a fare compere e, qualche volta, senza saperselo spiegare nulla rifiuta nel modo più assoluto di uscire dall’automobile. Se cerco di tirarla fuori per entrare in un negozio od altro edificio, strilla terrorizzata continuando a ripetere che e stanca e non le piace il rumore. Una volta insistetti, e la trascinai urlante in un negozio: lei batte i denti per un po’, poi torno vivace e contenta “.
” Quando era piccolo (quattro anni), se un biscotto si rompeva nell’offrirglielo, il bambino voleva assolutamente che lo si “aggiustasse” Si buttava per terra tirando calci e strillando disperato senza che nulla riuscisse a tranquillizzarlo “.
” Ho un figlio (sette anni) che prova terrore ed avversione per tutto ciò che è grottesco e strano e, finche non sa come una cosa funzioni, rimane impaurito. Dopo la spiegazione, tuttavia, quando rivede l’oggetto per la seconda volta, non ne rimane più scosso. La spiegazione, da sola, non sarebbe sufficiente. Il bambino non può tollerare, per esempio, di guardare ” Mickey Mouse ” e le sue strane gesta. Ieri, quando vide per la prima volta Punch e Judy, mentre i bambini più piccoli ridevano rumorosamente, lui diventava sempre più serio fino a scoppiare in lacrime dicendo: ” Li odio, li odio “. Gli ricordai che era invitato, tra qualche giorno, ad un’altra festicciola dove si sarebbero probabilmente esibiti un prestigiatore e forse un ventriloquo, e ch’egli non avrebbe potuto andarci finche non avesse imparato a controllarsi. Egli rispose tranquillamente: ” Non piangerò. Ne ho visto uno due anni fa. Ho pianto allora, ma non ho mai paura di nulla dopo la prima volta ” .
Nei suddetti casi è possibile riconoscere questi sintomi:
a- stato generale di ansia, che può acutizzarsi, quando il bambino si fa una piccola ferita oppure viene lasciato solo nel suo lettino.
Può cadere anche una incapacità di sopportazione dalla separazione con la madre o con un pianto isterico nell’unirsi ad un gruppo di bambini che gioca
b- terrori notturni, sia che si tratti di paura per qualcosa di ben definito, sia che viva uno stato di terrore non reale.
La paura è tale, non per qualcosa di reale ma per come noi percepiamo la realtà esterna.
c- fobie specifiche: di insetti, di cadere, delle risate, dei rumori forti, di fare il bagno
Adesso passiamo ad analizzare come queste paure si presentino nella scuola materna ed elementare.
Scuola dell’Infanzia
Tutti i bambini hanno paura e in maggior ma la provano in forma del tutto irrazionale, distinta, cioè, da un reale pericolo. In questa età, il piccolo soffre ancora dell’ansia da separazione e si dimostra angosciato se la madre o comunque una figura materna, lo lascia anche per un breve periodo. Nonostante i desiderio di autonomia, egli e ancora dipendente, ha bisogno di sicurezza e protezione, e desidera intraprendere le sue esplorazioni almeno Con la certezza di poter sempre ricorrere a qualcuno meno indifeso di lui. Questa, tuttavia, non e la sola paura del piccolo: egli teme, con sempre maggior insistenza di perdere l’affetto delle persone care e ciò e strettamente legato alle punizioni e ai rimproveri in cui spesso incorre. Poi, ci sono quelle “mini’ adoperate con troppa frequenza, che egli crede vere e che alimentano le sue paure: “Se non fai il bravo, l’uomo nero ti porterà via in un sacco.. il naso diventerà lungo lungo… ti venderemo agli zingari ….. non ti vorremo più bene”. A questi si aggiungono i racconti inquietanti, in cui un lupo mangia i bambini, un orco li bolle in pentola o dei piccoli rimangono orfani o si perdono in un bosco. Nella sua piccola esperienza il bimbo crede a quanto gli viene narrato e attribuisce poteri soprannaturali a uomini e animali; in tal modo, potrà generalizzare tali paure ai cani o ai cavalli cosi come ai poliziotti, al postino o a qualunque persona sconosciuta. C’ é da notare, inoltre, che alcune paure sono apprese per imitazione: molte madri, infatti, pur senza rendersene conto, trasmettono le loro ansie ai figli. Essi, cosi, temono i temporali, il fuoco, il dentista, i ladri allo stesso modo della madre e a imitazione del suo comportamento. Alle madri ansiose, poi, e da imputare una gran parte delle paure che il piccolo acquisisce: quelle sempre preoccupate e apprensive, timorose che il figlio possa farsi male, che possa cadere, che non possa riuscire a fare, che si tagli, che si punga, che si scotti, che ingoi qualche oggetto, che prenda una malattia, non solo bloccano il piccolo nella sua naturale espansione verso la vita facendone un disadattato, ma gli infonderanno timori eccessivi e un costante sentimento di pericolo imminente che si trascinerà fin nella vita adulta. Il fatto e che quante più paure un bambino accumula tante più ne accumulerà, a meno che un adulto non lo aiuti, con serenità e affetto, a demolirle di volta in volta. E bene, allora, non chiedere troppo ai bambini, punirli con criterio e adeguatamente, mostrarsi meno allarmati e ansiosi e, soprattutto, rassicurarli spesso del nostro affetto. E poi bisogna rispettare le loro paure, senza derisioni o rimproveri, ma offrendo il nostro aiuto quando e richiesto. Alcuni sintomi chiari, quali il bagnare il letto, succhiare il pollice, balbettare, essere chiuso e introverso, ci dicono tutta l’insicurezza e l’inesperienza del bambino. In tali evenienze e necessario che il piccolo si sviluppi serenamente affinché il persistere di questi stati di apprensione non incida sul suo comportamento anche futuro. Tuttavia, se si eviteranno grossolani errori, le paure infantili, che di solito aumentano sino ai tre anni, decresceranno spontaneamente col proseguire dell’età, con l’accrescersi della sicurezza e col precisarsi della realtà.
Scuola primaria
In questa età, le paure del bambino non sono certo diminuite, ma hanno spostato il loro obiettivo. Siamo ormai lontani dalle paure del neonato per ogni stimolo nuovo ed estraneo, fosse anche la nuova pettinatura della madre o della barba del padre, e anche dalle paure verso le persone non familiari, per il cane nero o per la stanza buia. Le paure infantili si evolvono col tempo e anche il bambino in età scolare ne risente, se pur diversamente. I bambini sono, ora, meno timorosi nei confronti delle malattie, delle eventuali ferite e, di conseguenza, dei medici e dei dentisti, mentre la maggior parte delle paure di questo periodo hanno relazione con la famiglia e la scuola e assumono una caratteristica particolare, rappresentata da simbolismo. E facile, cosi, che i bambini riferiscano di aver paura dei fantasmi, delle streghe, de mostri in generale, come pure di bestie feroci che possono aggredirli o ferirli anche mortalmente mente rappresentano la paura di essere puniti dai genitori; i bambini, in altre parole, temono che possa essere loro inflitto un eventuale castigo per qualche cosa che non hanno ancora fatto, ma che potrebbero fare. Consciamente, non vogliono nemmeno pensare ai genitori come giudici e giustizieri, cosicché nelle loro paure tale timore viene mascherato in modo fantastico. D’altra parte, in questo periodo dello sviluppo, sono frequenti i casi di conflitto con i genitori per vari motivi: il bambino si trova a dover combattere contro l’ambivalenza dei suoi sentimenti nei loro confronti; e avviato verso l’autonomia, ma non ha ancora raggiunto la completa indipendenza; la sua aggressività, inoltre, gli e ora ben nota. Similmente, le paure nei confronti della scuola possono sottintendere l’angoscia della separazione: uno stato emotivo, questo, che spesso si tramuta in panico e che viene vissuto in ugual misura dai genitori e dai figli.
Le madri dei bambini che soffrono di questa paura molte volte temono esse stesse che il figlio si stacchi troppo da loro e lo vedono indifeso e bisognoso di protezione in questo ambiente scolastico così freddo e minaccioso: preferirebbero, cioè, tenerselo sempre accanto. Il bambino, inconsciamente, percepisce questa sensazione della madre e fa suo questo desiderio. Accanto a queste paure inconsce e irrazionali, ve ne sono molte altre legate a esperienze reali. Il bambino, allora, ha paura del gatto perché e stato da questo graffiato; ha paura degli insetti perché un giorno un’ape lo ha punto; ha paura del fuoco perché una volta si e scottato. Molte altre paure sono dovute alle raccomandazioni insistenti dei genitori: “Non toccare le forbici”, “Attento ai cani grandi”, “Non arrampicarti sugli alberi”; esse derivano anche dalle continue lamentele circa lo stato di salute, che fanno temere al bambino la malattia del padre o della madre; oppure nascono dalla iperprotezione dei genitori e dalla conseguente perdita di fiducia in se. I bambini, insomma, oltre a temere ogni cosa, a non rischiare mai, a non intraprendere un compito nuovo, si convincono di non essere in grado di fare, di azzardare, di tentare: le paure, a questo punto, si moltiplicano, vengono accuratamente nascoste o, magari, si manifesteranno più tardi attraverso sintomi disturbanti. L’atteggiamento dei genitori, allora, può influire positivamente o negativamente sulle paure dei figli. È ovvio che, se e bene insegnare al bambino alcune conseguenze dannose dei suoi atti, e altrettanto opportuno non intimorirlo oltre misura – Alle sue paure naturali non vanno aggiunte anche le nostre, ne le nostre preoccupazioni, ne le nostre angosce; le punizioni vanno somministrate con coerenza, affinché egli non tema le conseguenze di ogni suo atto; la fiducia in se va costantemente valorizzata, cosicché il bambino si senta ” capace; non si devono pretendere prestazioni inadeguate alle sue reali capacita e, per esempio, 1’allontanamento da casa, magari per un periodo di vacanza, deve essere preventivamente preparato in vista di un suo buon adattamento. Infine, come regola generale, le paure del nostro bambino vanno rispettate e non certo adoperate come “arma” per farlo crescere o ridicolizzarlo. Spronarlo al coraggio o, a volte, tentare una spiegazione razionale può avere un effetto nullo; le sue paure passeranno certamente ma la medicina adatta alla cura e rappresentata dal nostro rispetto verso di lui, dalla pazienza, dal buon esempio e dall’opportunità che gli daremo di superare attivamente le sue paure.
E possibile individuare le occasioni in cui un bambino e più irritabile e incline all’aggressività e i fattori che favoriscono questi stati emotivi. Il fatto che vi siano visite in casa, che abbia dormito male o abbia bagnato il letto, un raffreddore, una malattia, la fame o uno stato di affaticamento accrescono il livello della frustrazione e, di conseguenza, il bambino reagisce adottando quei comportamenti (per esempio la collera e l’aggressività) che in passato sono stati coronati da successo quando si è trattato di superare un’interferenza. Supponiamo che Alice sia arrabbiata perché vuole un giocattolo della sorella collocato in alto, su una mensola. Come devono comportarsi i genitori per tener testa alla crisi di collera scatenata dal fatto che le hanno negato il giocattolo? Il modo più facile consiste nell’eliminare l’interferenza: i genitori prendono il giocattolo dalla mensola e permettono ad Alice di giocarci. La gratificazione del desiderio fa cessare facilmente l’esplosione di collera, ma non e sempre la soluzione migliore. Come e prevedibile in base ai principi dell’apprendimento, se Alice scopre che le risposte aggressive vengono ricompensate (se cioè ottiene quello che vuole), le ripeterà. In altre parole, concedere al bambino quello che vuole può intensificare le crisi di collera. Un altro modo per affrontare il problema e quello di allontanare la fonte dell’inquietudine: i genitori possono cioè nascondere il giocattolo in un armadietto, sperando che il detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” funzioni. Oppure possono cercare di distogliere l’attenzione della bambina, facendo in modo che si dedichi a un’altra attività. Se trova un’altra occupazione altrettanto attraente, dimenticherà il giocattolo che non ha potuto ottenere. Un altro metodo altrettanto efficace e quello di ignorare la crisi o isolare il bambino, impedendogli per esempio di uscire dalla sua camera. Di solito insistere per convincerlo, consolarlo, ragionare con lui o sgridarlo sono mezzi efficaci solo se affiancati da altri metodi. La regola aurea per i genitori e forse quella di stabilire dei modelli che i figli possano seguire e imporre poi questi modelli in modo abbastanza coerente, tenendo presente lo stato emotivo e fisico del bambino. I genitori dovrebbero ricordare cioè che un bambino stanco o indisposto e più sensibile alle frustrazioni e, quindi, e più incline alle crisi di collera. I modelli imposti, inoltre, non dovrebbero essere accantonati soltanto perché le convenienze o l’umore dei genitori lo richiedono. Dare ad Alice il giocattolo della sorella perché stia tranquilla finche c’é in visita zia Ruth non aiuta certamente la bambina a imparare che le regole vengono imposte in modo coerente. Perché un bambino impari l’autocontrollo e necessario che i genitori stessi si autocontrollino e siano abbastanza fermi e coerenti quando si sforzano di controllare l’aggressività del figlio.
Terapia educativa
L’educazione alcune volte non fa altro che rinforzare i sentimenti di colpa nel bambino, contribuendo così all’instaurarsi di paure ed alcune volte anche di bisogni autopunitivi.
Se tutto si limita a semplici dicotomie tra ciò che si deve fare e ciò che non si deve fare, non è possibile pensare che i piccolopossano crescere indipendenti e sicuri di sè. Può essere che essi arrivino a comportarsi bene solo per paura e solo un rinforzo positivo gli porterà ad agire al meglio, ma questo comportamento sarà da considerare a rischio, in quanto appena l’equilibrio precario salterà il bambino diventato adulto, avrà perso dei parametri di riferimento e di conseguenza potrà crollare.
Vi sarà quindi da parte di questi bambini diventati grandi un bisogno di affiliazione, di corporazione, ed ecco che nell’adolescenza sarà difficile individuare il singolo ma si potrà solo riconoscere il gruppo identificandosi così in un capo.
Il clima familiare in cui cresce il bambino e come l’aria che respira: entra in lui e i suoi effetti sono decisivi, poiché diventano parte integrante del suo carattere. Questo fatto e cosi importante che fa sorgere numerosi dubbi nei genitori più sensibili: sarebbe sufficiente, pero, seguire un comportamento equilibrato sereno e armonioso per essere certi di influire positivamente sulla formazione del carattere del proprio figlio. Lo psicologo tedesco Kurt Lewin, uno dei pionieri delle ricerche sui differenti tipi di “clima” e sulla loro influenza nel corso della formazione della personalità, ha cercato di codificare quelli che, secondo lui, sono gli elementi di un buon clima educativo.
Ecco i “comandamenti” che Lewin ha formulato per i genitori modello:
- dare al bambino un senso di sicurezza;
- dargli la sensazione di essere amato e desiderato;
- evitare la minaccia, la paura, la punizione;
- insegnare al bambino l’indipendenza e fargli assumere le sue responsabilità;
- rimanere calmi e non adirarsi per le manifestazioni istintive del bambino;
- essere il più tolleranti possibile per evitare inutili conflitti;
- evitare di far pesare al bambino il naturale stato di inferiorità;
- non spingere il bambino oltre quello che gli e naturale e oltre le sue possibilità;
- rispettare i sentimenti del bambino anche se non corrispondono alle nostre norme;
- rispondere francamente alle domande che il bambino pone, ma fornendo risposte adatte alla sua età;
- interessarsi a quello che il bambino fa, anche se non lo giudichiamo direttamente utile;
- affrontare le difficoltà del bambino, senza pensare che egli sia anormale;
- favorire la crescita e il progresso, piuttosto che la perfezione.
Questa serie di consigli non vuole essere un’elencazione rigida adatta a ogni genitore nei confronti di ogni loro figlio. Certamente, pero, il rispetto di una personalità in formazione e la base su cui impostare una “buona” educazione; l’affetto e la consapevolezza dell’importante compito che ci si e assunti, poi, aiuteranno a trovare i mezzi più idonei per assolverlo.
Dott. Rosalia Cipollina
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