PIRANDELLO
Nulla s’inventa, è vero, che non abbia una qualche radice, più o meno profonda, nella realtà; e anche le cose più strane possono essere vere, anzi nessuna fantasia arriva a concepire certe follie, certe inverosimili avventure che si scatenano e scoppiano nel seno tumultuoso della vita; ma pure, come e quanto appare diversa dalle invenzioni che noi possiamo trarne la realtà viva e spirante! Di quante cose sostanziali, minutissime, inimmaginabili ha bisogno la nostra invenzione per ridiventare quella stessa realtà da cui fu tratta, di quante fila che la riallaccino nel complicatissimo intrico della vita, fila che noi abbiamo recise per farla diventare una cosa a sé!
Ma il guaio è che voi, caro, non saprete mai, né io vi potrò mai comunicare come si traduca in me quello che mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell’accoglierle, inevitabilmente, e riempio del senso mio. Abbiamo creduto d’intenderci; non ci siamo intesi affatto.
Se vuoi su noi uomini, nascendo, è toccato un triste privilegio: quello di sentirci vivere, con la bella illusione che ne risulta: di prendere cioè come realtà fuori di noi questo nostro interno sentimento della vita, mutabile e vario, secondo i tempi, i casi e la fortuna.
E questo sentimento della vita … era come un lanternino che ciascuno di noi porta in sé accesso; un lanternino che ci fa vedere sperduti sulla terra, e ci fa vedere il male e il bene; un lanternino che proietta tutt’intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è ombra nera, l’ombra paurosa che non esisterebbe se in lanternino non fosse accesso in noi ma che noi dobbiamo purtroppo credere vera, fintanto ch’essa si mantiene vivo in noi.
C’è chi comprende e chi non comprende, caro signore. Sta molto peggio chi comprende, perché alla fine si ritrova senza energia e senza volontà. Chi comprende, infatti dice: «Io non devo fare far questo, non devo far quest’altro, per non commettere questa o quella bestialità». Benissimo! Ma a un certo punto s’accorge che la vita è tutta una bestialità, e allora dica un po’ lei che cosa significa il non averne commessa nessuna: significa per lo meno non aver vissuto, caro signore.
Selezione a cura di:
Psicologo, Psicoterapeuta
Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)
per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!