RIFLESSIONI SUL GIOCATORE PATOLOGICO

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Le riflessioni che seguono sono tratte dal libro di Dostoevskij Il giocatore. Lo stesso autore è stato un giocatore patologico e il suo libro nonostante sia datato 1866 è ancora terribilmente attuale

 

«Tesoro mio, amico mio eterno, angelo mio celeste, tu naturalmente capisci, ho perduto al gioco tutto […] vi sono sventure che portano in se stesse anche la punizione […]. E se tu hai pietà di me, non aver pietà, perché non lo merito! […]. Ma quando ho ricevuto oggi trenta talleri, io non volevo giocare per due ragioni […]. Ma arrivato alla stazione, mi sono messo vicino al tavolo da gioco e nel pensiero ho incominciato a indovinare [i numeri] […]. Ne sono stato così sbalordito che ho incominciato a giocare. […] Anja, salvami per l’ultima volta, mandami trenta talleri. Anja, io sto ai tuoi piedi e te li bacio e so che tu hai pieno diritto di disprezzarmi e di pensare ancora: “Giocherà anche questi!”. Su cosa posso giurarti che non li giocherò? Ti ho ingannata» (Dostoevskij, 1950).

«Ero come preso dalla febbre e nell’eccitazione ho puntato tutto il mio mucchio di denaro […] ho sentito un brivido di terrore corrermi per la schiena mentre mi prendeva un tremito alle mani e ai piedi. In un attimo mi sono reso conto con terrore cosa significava per me perdere: insieme a quell’oro puntavo tutta la mia vita! “Rouge!”, ha gridato il croupier e io ho tirato un sospiro di sollievo, mentre un formicolio di fuoco mi correva per tutto il corpo» (Dostoevskij, 1866a, pp. 156 sg.).

«Chissà per quale ghiribizzo, pur essendo il rosso già uscito sette volte, ho continuato a puntare su di esso. Sono convinto che qui almeno per la metà c’era di mezzo la mia vanagloria; mi era venuta una gran voglia di sbalordire gli spettatori col gran rischio che correvo, e del resto ricordo chiaramente che – strana sensazione – al di là di ogni sollecitazione della vanagloria, mi sono sentito totalmente dominato da una folle sete di rischio. Può darsi che l’animo, dopo aver provato tante sensazioni, non solo non se ne sazi, ma al contrario ne ricavi un’eccitazione che lo spinga ad esigerne sempre di nuove e di più forti, fino a restarne definitivamente spossato» (Dostoevskij, 1866a, p. 160).

«Je te ferai voir des étoiles en plein jour [Ti farò vedere stelle in pieno giorno]. Vedrai delle donne quali non l’hai mai viste – così mademoiselle Blanche, donna di mondo, lusinga il giovane Aleksej, reduce dalla strepitosa vincita, invitandolo a seguirla nella ville lumière – […]. Naturalmente insieme scialacqueremo in due mesi questi centocinquantamila franchi […]. Ma non lo sai tu che un solo mese di una tal esistenza vale più di tutt’intera la tua vita? Un mese – et après le déluge! [e poi il diluvio] » (Dostoevskij, 1866a, pp. 173 sg.).

«La via del denaro è l’unica capace di condurre al primo posto anche una nullità. Io non sono una nullità, ma so (me lo dice lo specchio), che il mio aspetto mi nuoce, perché il mio viso è assolutamente comune. Ma se io fossi ricco come Rothschild chi mai si occuperebbe del mio viso? E migliaia di donne non si precipiterebbero a un mio solo cenno verso di me con la loro bellezza? […] Forse sono anche intelligente. Ma se anche fossi un portento di ingegno, si troverebbe senza dubbio in società uno più intelligente di me e io sarei perduto. Eppure, se io fossi un Rothschild, credete che quel portento di ingegno avrebbe qualche superiorità su di me? Non gli si permetterebbe neppure di parlare in mia presenza! […]. Il denaro certo è una potenza dispotica e nello stesso tempo la più alta uguaglianza, e in questo consiste appunto la sua grande forza. Il denaro livella tutte le ineguaglianze» (Dostoevskij, 1875, p. 115)

Dostoevskij F. (1866a). Il giocatore. Milano: Garzanti, 1992.

Dostoevskij F. (1875). L’adolescente. Torino: Einaudi, 1997.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

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