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FARE I CONTI COL PROPRIO PASSATO

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Prova a fare un po’ di conti sul tuo passato. Calcola quanto del tuo tempo ti hanno sottratto creditori, amanti, superiori e collaboratori, quanto le liti in famiglia e le punizioni dei servi, quanto gli impegni mondani andando in giro per la città. Aggiungi le malattie che ti sei procurato da solo e il tempo rimasto inutilizzato, e ti accorgerai di avere molti meno anni di quanti ne conti di solito.
Cerca di ricordare quando sei stato fermo nei tuoi propositi; quante giornate sono trascorse proprio come avevi stabilito; quando sei stato padrone di te stesso, e il tuo volto è rimasto impassibile e il tuo animo intrepido; cosa hai realizzato in una vita così lunga e quanto della tua vita ti è stato sottratto dagli altri senza che te ne rendessi conto di quel che perdevi, e il tempo che ti hanno portato via l’inutile dolore, la sciocca allegria, un’avidità insaziabile, il frivolo conversare…
Vedrai quanto poco, in definitiva, ti sia rimasto del tuo; allora capirai che muori prematuramente. Quale ne è dunque la causa? È che vivete come se doveste vivere per sempre, non vi ricordate della vostra precarietà; non osservate quanto tempo è già trascorso, lo sciupate come se ne aveste in abbondanza, mentre invece proprio quella giornata che state dedicando a qualcuno o a un affare qualsiasi, potrebbe essere l’ultima. Temete tutto come mortali, ma desiderate tutto come immortali.
SENECA.
Il brano dell’antico filosofo Seneca è illuminante sul fare i conti col proprio passato e sul tempo perso a causa delle inteferenza del mondo circostante. Riappropriarsi del proprio tempo, non sprecarlo è una delle autoterapie necessarie per vivere meglio e coadiuvante nel superare ogni forma di disagio psicologico

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private (anche telefoniche o via Skype) tel.320-8573502 email:cavaliere@iltuopsicologo.it

LA TERAPIA DEL “GUARDARE”

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“Guarda.
Guarda sempre.
Guarda molto.
Guarda con occhi che toccano, con occhi che sentono, con occhi che abbracciano, amano, addirittura odiano.
Ma guarda.
Non smettere mai di guardare.

La vita succede negli occhi.

Anche se li tieni chiusi, anche se non riescono a vedere.

La vita succede negli occhi.

Guarda lo spazio inutile tra il sogno e la realtà. Riempilo.
Cerca di riempirlo con tutto ciò che sei.

Ci sono grandi difficoltà da superare…momenti in cui avrai voglia di non guardare.
In quei momenti devi guardare ancora di più,
in modo da vedere cosa puoi fare per vedere una cosa diversa.
Il segreto è vederci bene.
Capire chi hai davanti, chi hai accanto.
Devi vedere bene per scegliere bene, per decidere bene.
Anche se fa male, anche se pesa, anche se hai voglia di non guardare.
Tu guarda,
guarda sempre.
Guarda quello che hai. Quello che hai è sempre tanto. Guarda chi ti ama. Guarda chi ti vuole bene, chi ti cerca per essere felice.

Guarda con occhi che chiedono, che vivono, che rubano.
Ruba il mondo che ti è destinato e ruba ancora di più il mondo che che non ti è destinato”

Pedro Chagas Freitas

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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IL CORAGGIO DI TENTARE

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È una frase di Pablo Picasso: “Dio è soprattutto un artista. Ha inventato la giraffa, l’elefante, la formica. In verità, egli non ha mai cercato di seguire uno stile: semplicemente ha fatto tutto quello che aveva voglia di fare.”

È la volontà di proseguire che crea il nostro cammino. Eppure, quando iniziamo il viaggio verso il sogno, siamo molto impauriti, come se fossimo obbligati a fare tutto per benino. In definitiva, se le nostre vite sono diverse, chi ha inventato il modello “tutto per benino”? Dio ha creato la giraffa, l’elefante e la formica e, visto che noi cerchiamo di vivere a sua immagine e somiglianza, perché dobbiamo seguire un modello?

Talvolta l’esempio può risultare utile per evitare stupidi errori commessi da altri, ma solitamente è una prigione che costringe a ripetere ciò che fanno tutti.

Essere coerenti significa dover indossare la cravatta in tinta con le calze? Vuol dire essere obbligati a mantenere le medesime opinioni anche in futuro? E allora, dov’è il movimento del mondo?

Purché il tuo comportamento non pregiudichi la libertà di nessuno, cambia pure opinione di tanto in tanto, e cadi in contraddizione senza provare alcuna vergogna. Ne hai il diritto: non deve importarti niente delle opinioni degli altri -in qualsiasi caso, ne avrebbero comunque una.

Quando decidiamo di agire, si verificano sempre alcuni eccessi. Un antico detto gastronomico recita: “Per fare un’omelette, prima di tutto bisogna rompere l’uovo.” Allo stesso modo, è naturale che sorgano inaspettatamente dei conflitti, che determinano un certo numero di ferite. Le quali si rimarginano, lasciando solo le cicatrici.

Si tratta di una benedizione, poiché queste ci accompagnano per il resto dell’esistenza, fornendoci un enorme aiuto. Se, per egoismo o per qualsiasi altra ragione, in un certo momento della vita saremo assaliti dalla voglia di tornare al passato, sarà sufficiente guardarle. Esse ci mostreranno il segno delle manette, ci ricorderanno gli orrori della prigionia -e noi troveremo la forza di andare avanti.

Di conseguenza, rilassati. Lascia che l’Universo intorno a te si muova e scopri la gioia di essere una sorpresa anche per te stesso. “Dio scelse le cose folli del mondo per svergognare i saggi” ha scritto San Paolo.

Un guerriero della luce sa che alcuni momenti si ripetono: spesso deve cimentarsi con gli stessi problemi e affrontare situazioni già sperimentate in precedenza.

Allora si deprime. Comincia a pensare di essere incapace di progredire nella vita, giacché gli sta accadendo quello che ha vissuto in passato.
“Sono situazioni che ho già affrontato,” si lamenta, rivolgendosi al proprio cuore.
“Sì, sono situazioni con le quali di sei già cimentato,” replica il cuore. “Tuttavia non le hai mai superate.”
Il guerriero prende allora coscienza che la ripetizione delle esperienze ha uno scopo: insegnargli ciò che ancora non ha imparato. Egli dà sempre una soluzione diversa per ogni lotta che si ripete -e non considera le proprie mancanze alla stregua di errori: sono i passi che lo porteranno a ritrovare sé stesso.

Paulo Coelho, da Come il fiume che scorre

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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L’AUTOTERAPIA DI SENECA CONTRO LE PAURE

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Di seguito riporto un lungo scritto di Seneca che potrebbe rappresentare una sorta di autoterapia contro le personali paure

Lettere a Lucilio – libro XIII – Lettera V
Della forza d’animo che deve distinguere il saggio.
Non bisogna inquietarsi dell’avvenire

1

So che hai molto coraggio; infatti, anche prima che temprassi il tuo spirito con insegnamenti salutari e utili per vincere le avversità della vita, eri già piuttosto soddisfatto del tuo atteggiamento di fronte alla sorte, ed ancor più lo sei ora dopo averla affrontata con decisione e aver provato le tue forze, nelle quali non si può mai confidare con sicurezza finché non si sono mostrate numerose difficoltà da ogni parte, e non si sono molto appressate. Così si sperimenta il coraggio vero, che non è soggiogato dall’arbitrio altrui: è la prova del fuoco.

2

Un atleta non può combattere con accanimento, se non è già livido per le percosse: chi ha visto il proprio sangue, chi ha sentito i propri denti scricchiolare sotto i pugni, chi è stato messo a terra e schiacciato dall’avversario e, umiliato, non si è perso d’animo, chi si è rialzato più fiero dopo ogni caduta, va a combattere con grandi speranze di vittoria.

3

Quindi, per continuare con questo paragone, molte volte ormai hai subito l’assalto della sorte; tu, però, non ti sei arreso, ma sei balzato in piedi e hai resistito con maggiore risolutezza: il valore, quando è sfidato, si moltiplica. Tuttavia accetta, se credi, le armi di difesa che ti posso offrire.

4

Sono più le cose che ci spaventano, Lucilio mio, di quelle che ci minacciano effettivamente, e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà. Non ti parlo con il linguaggio degli Stoici, ma in tono più sommesso; noi, infatti, definiamo poco importanti e trascurabili tutte le avversità che ci strappano gemiti e lamenti. Tralasciamo queste parole gravi, ma, buon dio, vere: ti raccomando solo di non essere infelice prima del tempo, poiché le disgrazie che hai temuto imminenti, forse non arriveranno mai, ma di certo non sono ancora arrivate.

5

Certe cose ci tormentano più del dovuto, certe prima del dovuto, certe assolutamente senza motivo; quindi, o accresciamo la nostra sofferenza o la anticipiamo o addirittura ce la creiamo. Rimandiamo per il momento il primo punto, poiché il problema è controverso e c’è una discussione in corso. Quei mali che io ho definito trascurabili, tu li giudicherai gravissimi; taluni ridono sotto i colpi di frusta, altri, invece, gemono per un pugno. Vedremo in seguito se quei mali hanno forza per se stessi o per la nostra debolezza.

6

Se chi ti circonda vorrà persuaderti della tua infelicità, promettimi di badare non a quello che ascolti, ma a quello che provi e di decidere in base alla tua capacità di sopportare; chiedi a te stesso, che ti conosci meglio di chiunque altro: «Perché costoro mi compiangono? Perché stanno in ansia, perché hanno paura anche di toccarmi, quasi che le disgrazie fossero contagiose? È veramente un male o, più che di un male, si tratta di un qualcosa che può portare più che danno infamia?» Chiediti: «Forse mi cruccio e mi affliggo senza motivo e rendo un male qualcosa che non lo è?»

7

«In che modo,» domandi, «posso comprendere se mi angustio a torto o a ragione?» Attieniti a questa regola per stabilirlo: o ci tormentiamo per il presente o per il futuro o per entrambi. Del presente è facile giudicare: se sei libero, sano e non subisci dolore per un’offesa, guarderemo al futuro: oggi non c’è motivo di preoccuparsi.

8

«Ma ci sarà». Innanzi tutto considera se ci sono sicuri indizi di un male imminente: per lo più, infatti, stiamo in ansia solo per sospetti e ci facciamo ingannare da quelle dicerie che riescono a determinare la sorte di una guerra e che, a maggior ragione, determinano la sorte degli individui. È così, Lucilio mio, crediamo facilmente alle supposizioni; non mettiamo alla prova l’attendibilità delle nostre paure e non ce le scrolliamo di dosso; ci agitiamo e voltiamo le spalle come soldati che abbandonano l’accampamento per il polverone sollevato da un gregge di pecore in fuga o come quelle persone che si lasciano spaventare dai racconti di cose senza fondamento e di cui non si conosce neppure l’autore.

9

Non so perché le paure infondate incutano più turbamento; quelle fondate hanno un loro limite: tutto ciò che è incerto è in balia delle congetture e dell’arbitrio di un animo intimorito. Perciò niente è così dannoso, così irrefrenabile come il panico; le altre forme di paura derivano dall’assenza di ragionamento, questa dall’assenza di senno.

10

Perciò, esaminiamo attentamente la questione. È verosimile che in futuro ci accada qualche guaio, ma non è proprio sicuro. Quanti eventi inattesi sono avvenuti! E quanti fatti attesi non si sono mai verificati! E se anche capiteranno, a che giova andare incontro al dolore? Ti dorrai a sufficienza quando il male arriverà: nel frattempo augurati il meglio.

11

Che cosa ci guadagnerai? Tempo. Possono intervenire molti fattori per cui un pericolo vicino, o addirittura imminente, si ferma o cessa o piomba addosso a qualcun altro; spesso in un incendio si apre una via di fuga; qualcuno è uscito illeso da un crollo; a volte la spada è stata ritirata dal collo su cui pendeva; qualcuno è sopravvissuto al suo carnefice. Anche la sfortuna è mutevole. Forse sarà, forse non sarà, nel frattempo non è; tu spera sempre nel meglio.

12

Talora, benché non vi siano indizi manifesti che preannuncino qualche sventura, l’animo si crea mali immaginari: o travisa in peggio una parola ambigua o ingigantisce un’offesa ricevuta, e pensa non a quanto l’altro sia in collera, ma a quanto sia lecito a chi è in collera. Ma non c’è nessun motivo di vivere, nessun limite alle nostre sciagure, se si teme tutto ciò che può accadere. Qui giova essere saggi: respingi con forza d’animo la paura anche se giustificata; oppure, scaccia una debolezza con un’altra: tempera il timore con la speranza. Gli eventi temuti non accadono e quelli sperati deludono: è una verità più certa di tutte le nostre paure.

13

Soppesa, quindi, speranza e paura, e quando tutto sarà incerto, favorisci te stesso: credi a ciò che preferisci. Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia; considera che la maggior parte degli uomini si arrovella e si agita, sebbene non vi siano mali presenti né certezza di mali futuri. Nessuno, infatti, resiste a se stesso quando ha cominciato ad essere inquieto e non riconduce i suoi timori alla realtà; nessuno dice: «Mente chi sostiene questo, mente: o se l’è inventato o crede a dicerie.» Ci lasciamo trasportare dal vento; paventiamo l’incerto come se fosse certo; non abbiamo il senso della misura, subito un dubbio si trasforma in timore.

14

Mi vergogno usare con te tale linguaggio e di confortarti con simili rimedi. Un altro dica pure: «Forse non capiterà,» tu di’: «E se anche capiterà? Vedremo chi dei due avrà la meglio; forse si risolverà a mio vantaggio e una morte come questa onorerà la mia vita.» La cicuta rese grande Socrate. Togli a Catone la spada che gli diede la libertà, gli toglierai una gran parte di gloria.

15

Ora ti sto facendo troppe esortazioni, mentre tu hai più bisogno di essere ammonito che esortato. Non ti spingo ad un comportamento diverso dalla tua natura: tu sei predisposto dalla nascita a ciò di cui parliamo; tanto più, dunque, accresci ed arricchisci il bene che c’è in te.

16

Posso ormai concludere questa lettera, se le imprimo il suo sigillo, se le affido, vale a dire, una bella massima da riferirti. «Tra gli altri mali, lo stolto ha anche questo: comincia sempre a vivere». Rifletti sul significato di questa frase, mio ottimo Lucilio, e comprenderai quanto sia vergognosa la leggerezza di quegli uomini che ogni giorno pongono nuove fondamenta alla loro vita, che nutrono speranze anche in punto di morte.

17

Osservali uno per uno: vedrai vecchi che hanno mire ambiziose e che si danno ai viaggi, agli affari. Niente è più sconcio di un vecchio che voglia ricominciare a vivere. Non aggiungerei il nome dell’autore di questa frase, se non fosse troppo poco conosciuta: non è tra quelle più famose di Epicuro, che io mi sono permesso di lodare e di fare mie. Stammi bene.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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UN POSSIBILE DECALOGO PER STARE MEGLIO

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1) Lascia andare le persone che condividono solo lamentele, problemi, storie disastrose, paura e giudizio sugli altri. Se qualcuno cerca un cestino per buttare la sua immondizia, fa sì che non sia la tua mente.

2) Paga i tuoi debiti in tempo. Nel contempo fai pagare a chi ti deve o scegli di lasciarlo andare, se ormai non lo può fare.

3) Mantieni le tue promesse. Se non l’hai fatto, domandati perché fai fatica. Hai sempre il diritto di cambiare opinione, scusarti, compensare, rinegoziare e offrire un’alternativa ad una promessa non mantenuta; ma non farlo diventare un’abitudine. Il modo più semplice di evitare di non fare una cosa che prometti di fare e dire “no” subito.

4) Elimina nel possibile e delega i compiti che preferisci non fare e dedica il tuo tempo a fare quelli che ti piacciono.

5) Permettiti di riposare quando ti serve e dati il permesso di agire se hai una buona occasione.

6) Butta, raccogli e organizza, niente ti prende più energia di uno spazio disordinato e pieno di cose del passato che ormai non ti servono più.

7) Dà priorità alla tua salute, senza il macchinario del tuo corpo lavorando al massimo, non puoi fare molto. Fai delle pause.

8) Affronta le situazioni tossiche che stai tollerando, da riscattare un amico o un famigliare, fino a tollerare azioni negative di un compagno o un gruppo; adotta l’azione necessaria.

9) Accetta. Non per rassegnazione, ma niente ti fa perdere più energia di litigare con una situazione che non puoi cambiare.

10) Perdona, lascia andare una situazione che è causa di dolore, puoi sempre scegliere di lasciare il dolore del ricordo.

“attribuita” al Dalai Lama

Dott. Roberto Cavaliere

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ELOGIO DELLA SOLITUDINE

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Di seguito viene riportato un brano del filosofo Schopenauer che può essere considerato un vero e proprio elogio della solitudine.

Si può essere più o meno d’accordo, in tutto o in parte, ma è un interessante spunto di riflessione su una dimensione di una solitudine vissuta come scelta e non subita dalla vita o dagli eventi

Ciascuno fuggirà, sopporterà, oppure amerà la solitudine, in una proporzione esatta con il valore della sua personalità. Nella solitudine infatti il miserabile sente tutta quanta la sua miseria e il grande spirito tutta la sua grandezza, ciascuno in breve sente di essere ciò che è.

[…] L’uomo ricco di spiritualità aspirerà anzitutto all’assenza di dolore, all’essere lasciato in pace, alla calma e all’ozio, cercherà dunque una vita tranquilla, modesta, ma quanto più e possibile indisturbata, e in conformità a ciò, dopo di aver conosciuto per qualche tempo i cosiddetti uomini, sceglierà la vita ritirata, e nel caso che si tratti di un grande spirito addirittura la solitudine.

[…] La vera e profonda pace del cuore e la perfetta tranquillità d’animo, che costituiscono subito dopo la salute il più grande bene terreno, si troveranno soltanto nella solitudine, e come stato d’animo duraturo solo nel più profondo isolamento. Se in tal caso la propria individualità è grande e ricca, si godrà dello stato più felice che possa venir ritrovato su questa povera terra. 

Dott. Roberto Cavaliere

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LA TERAPIA DEL “VOGLIO SAPERE SE…”

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Il brano riportato in basso puà essere utilizzato come esercizio di consapevolezza e conseguente terapia su se stessi. Spesso non si hanno chiari quali sono i propri bisogni, obiettivi, emozioni, aspirazioni e l’utilizzare il brano come una sorte di dialogo interiore in terza persona può aiutare ad individuare quanto non consapevolizzato e dare la spinta per mettere in atto il tutto, trovando il coraggio che manca.

Roberto Cavaliere

“Non mi interessa cosa fai per vivere, voglio sapere per cosa sospiri e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.
Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per l’amore, per i sogni, per l’avventura di essere vivo.
Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.
Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio e il tuo; se puoi ballare pazzamente e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirti di cautela, di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umaniNon voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro essere identico a te stesso, se puoi subire l’accusa di un tradimento e non tradire la tua anima.
Voglio sapere se sei fedele e quindi hai fiducia.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non é bella tutti i giorni.
Se sei capace di far sorgere la vita con la tua sola presenza.
Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo e mio e continuare a gridare all’argento di luna piena: SÌ!
Non mi interessa dove abiti e quanti soldi hai, mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due, e fare quel che si deve fare per i bambini.
Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui, voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me e non retrocedere.
Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove, voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l’ha fatto.
Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso, e se veramente ti piace la compagnia che hai…nei momenti vuoti.”

(Scritto da un’indiana della tribù degli Oriah-1890)

Dott. Roberto Cavaliere

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LA TERAPIA DEL “E’ PROIBITO”

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“E’ PROIBITO” tende ad avere una connotazione negativa. Ma proviamo a capovolgere la prospettiva di ciò che è proibito non proibendo (scusate il gioco di parole) ciò che si titiene positivo ma proibendo ciò che si ritiene negativo.
Un utile esercizio potrebbe essere quello di elencare una serie di cose e situazioni che fanno male e/o non si desiderano ed anteporre successivamente l’affermazione “E’ PROIBITO”
Il brano che segue aiuta ad esercitarsi in tal senso.
Roberto Cavaliere
È proibito piangere senza imparare,
svegliarti la mattina senza sapere che fare
avere paura dei tuoi ricordi.
È proibito non sorridere ai problemi,
non lottare per quello in cui credi
e desistere, per paura.
Non cercare di trasformare i tuoi sogni in realtà.
È proibito non mostrare il tuo amore,
fare pagare agli altri i tuoi malumori.
È proibito abbandonare i tuoi amici,
non cercare di comprendere coloro che ti stanno accanto
e chiamarli solo quando ne hai bisogno.
È proibito non essere te stesso davanti alla gente,
fingere davanti alle persone che non ti interessano,
essere gentile solo con chi si ricorda di te,
dimenticare tutti coloro che ti amano.
È proibito non fare le cose per te stesso,
avere paura della vita e dei suoi compromessi,
non vivere ogni giorno come se fosse il tuo ultimo respiro.
È proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire,
dimenticare i suoi occhi e le sue risate
solo perchè le vostre strade hanno smesso di abbracciarsi.
Dimenticare il passato e farlo scontare al presente.
È proibito non cercare di comprendere le persone,
pensare che le loro vite valgono meno della tua,
non credere che ciascuno tiene il proprio cammino
nelle sue mani.
È proibito non creare la tua storia,
non avere neanche un momento
per la gente che ha bisogno di te,
non comprendere che ciò che la vita ti dona,
allo stesso modo te lo può togliere.
È proibito non cercare la tua felicità,
non vivere la tua vita pensando positivo,
non pensare che possiamo solo migliorare,
non sentire che, senza di te,
questo mondo non sarebbe lo stesso.
 
Alfredo Cuervo Barrero

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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LA LOTTA PER LA FELICITA’

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Ciò che uno ha in sé stesso è l’essenziale per la felicità della sua vita. Solo perché quest’elemento di regola e tanto scarso, la maggior parte di coloro che hanno superato la lotta contro il bisogno, si sentono in fondo tanto infelici quanto quelli che vi sono ancora immersi. Il vuoto della loro interiorità, la scipitezza della loro coscienza, la povertà del loro spirito, li spingono alla società, consistente di individui simili a loro, poiché “similis simili gaudet”.

Ci si dà allora in comune alla caccia di passatempi e di divertimenti, ricercati anzitutto nei piaceri sensuali, nei godimenti di ogni genere e infine negli stravizi. […] Le feste e i divertimenti splendidi e rumorosi portano sempre in sé un vuoto, anzi una stonatura, già soltanto per il fatto che si oppongono nettamente alla sventura e alla povertà della nostra esistenza. […]

Un uomo spirituale si trattiene egregiamente, nella piu completa solitudine, con i propri pensieri e le proprie fantasie, mentre un continuo mutamento di compagnia, di spettacoli, di gite e di divertimenti non può difendere da una noia tormentosa un individuo ottuso e apatico.

 

ARTHUR SCHOPENHAUER, Parerga e paralipomena, 1851.

 

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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ABITUARSI AL POCO

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Abituarsi al poco è necessario: anche chi è ricco e ha tutto si troverà in luoghi e circostanze sfavorevoli che impediranno la soddisfazione dei suoi piaceri. Nessuno può avere tutto quello che vuole, ma può non volere quello che non ha e godere delle gioie che gli si offrono. Gran parte della libertà consiste in un ventre moderato e capace di sopportare gli stenti. Non si può immaginare quanto piacere mi dia il sentire che la stanchezza se ne va da sé; non cerco né massaggiatori, né bagni, unico rimedio è il tempo: il riposo elimina le conseguenze della fatica.

Una cena qualunque sarà più piacevole di un banchetto inaugurale. Ho messo, dunque, il mio animo alla prova all’improvviso e perciò ne ho tratto un’esperienza più schietta e vera. Se l’animo si prepara e si impone di essere paziente, la sua reale fermezza non è chiara. Le prove più sicure sono quelle improvvise: se di fronte ai dispiaceri non è solo rassegnato, ma tranquillo; se non dà in escandescenze e non attacca briga; se supplisce a ciò che avrebbe dovuto ricevere non desiderandolo, e pensa che manchi qualcosa alle sue abitudini, ma non a lui stesso.

 

SENECA, Lettere a Lucilio, I secolo d.C.

 

Dottor Roberto Cavaliere

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