IPOCONDRIA
I criteri diagnostici per l’Ipocondria secondo il DSM-IV-TR(American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano.)sono i seguenti:
- La preoccupazione legata alla paura di avere, oppure alla convinzione di avere, una malattia grave, basate sulla erronea interpretazione di sintomi somatici da parte del soggetto.
- La preoccupazione persiste nonostante la valutazione e la rassicurazione medica appropriate.
- La convinzione di cui al Criterio A non risulta di intensità delirante (come nel Disturbo Delirante, Tipo Somatico) e non è limitata a una preoccupazione circoscritta all’aspetto fisico (come nel Disturbo di Dismorfismo Corporeo).
- La preoccupazione causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti.
- La durata dell’alterazione è di almeno 6 mesi.
- La preoccupazione non è meglio attribuibile a Disturbo d’Ansia Generalizzato , Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo di Panico (Senza Agorafobia e Con Agorafobia), Episodio Depressivo Maggiore, Ansia di Separazione, o un altro Disturbo Somatoforme.
Specificare se:
Con Scarso Insight: se, per la maggior parte del tempo durante l’episodio in atto, la persona non è in grado di riconoscere che la preoccupazione di avere una malattia grave è eccessiva o irragionevole.
L’ipocondria è la paura immotivata della malattia ed il termine deriva dal greco antico “sotto le coste”, la sede abituale del dolore addominale. Rappresenta il timore ancestrale della malattia e della morte, timore che, però, viene vissuto in maniera angosciosa ed ossessiva.L’ipocondria ricorre nel 2-3% della popolazione e si presenta più frequentemente negli anziani e nelle donne, soprattutto se queste ultime sono colpite anche da depressione. La paura della malattia è una convinzione quasi irremovibile e penosa per chi la sopporta. Non si esce in maniera semplice dall’ipocondria, non bastano esami ripetuti per tranquillizzare il paziente delle sue buone condizioni di salute fisica dal momento che questo tipo di paura è la manifestazione di molti altri problemi emozionali che si focalizzano sul corpo. Possono essere problemi esistenziali o di tipo ansioso depressivo dove un po’ inconsciamente c’è una scelta del linguaggio del corpo per esprimere un certo tipo di disagio o di paura. Però, anche se per un lungo periodo non si presenta realmente nessun disturbo organico, l’ipocondria, come tutte le forme di tipo somatico, può causare più facilmente un circuito fra psiche e soma con l’emergere di una malattia reale con il trascorrere degli anni. Un po’ come se l’aspetto psichico facilitasse la comparsa di un disturbo organico vero e proprio.
Fra le tante paure che ricorrono nell’immaginario delle persone colpite da queste fantasie, quella che l’ipocondriaco teme di più è il tumore, soprattutto all’intestino, subito seguito dalla paura dell’infarto. Il timore è che la neoplasia non si veda nemmeno con l’endoscopia e che non si riesca a scoprire con le indagini diagnostiche anche se più volte ripetute.
Quello che lo differenzia dal normale timore di essere affetti da qualcosa di grave è che la paura non si manifesta sporadicamente ma in modo sistematico e protratto per mesi o anni.
Il malato così acquista uno stile di comportamento che lo condiziona nelle abitudini e nelle relazioni sociali.
Sempre intento a cogliere ogni minimo sintomo, vive in modo angosciato, ascoltando moltissimo il suo corpo, e così sensibilizzato la sua soglia del dolore si abbassa. Avverte con maggiore intensità gli stimoli organici; quindi quello che per una persona normale può essere un banale mal di pancia per l’ipocondriaco diventa un dolore realmente insopportabile. Nei comportamenti sociali crea dei rituali. Condizionato dal sospetto che alcuni alimenti possano nuocergli elimina senza ragione determinati cibi o fa delle diete rigide.
La guarigione, peraltro non è semplice né breve. E’ possibile certo, ma non tanto con la somministrazione di farmaci: l’approccio terapeutico migliore è fornire alla persona una chiave di lettura diversa di questi disturbi. Bisogna comprendere, secondo la psicanalisi, il significato simbolico ed inconscio della sintomatologia fisica. Ad esempio una tachicardia può rappresentare in maniera latente un disagio affetivo, le vertigini potrebbero rappresentare un’insicurezza profonda, ecc.
Un percorso terapeutico è utile anche a chiarire tali connessioni.
E’ utile anche fargli comprendere che per avere l’attenzione del medico o dei familiari non è necessario che lui manifesti una malattia. Il medico può occuparsi di lui e raccogliere il suo messaggio di disagio anche se viene espresso in maniera diversa non fisica. I farmaci lo aiutano quando ci sono altre patologie di base come la depressione. Generalmente vengono usati gli ansiolitici che riducono la frequenza di lamentele. Ma le molecole che funzionano meglio sono gli antidepressivi, di ultima generazione che hanno pochi effetti collaterali, proprio perché questi ultimi sono tollerati malissimo da queste persone, fornendo ulteriori conferme agli esasperati timori.
Psicologo, Psicoterapeuta
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