(…..) L’appartamento è totalmente irriconoscibile. La moquette beige è scomparsa sotto un mare di pacchi, bauli e mobili. L’ingresso è invaso da scatole, che riconosco come quelle dell’outlet dello Utah, più i batik di Bali e i due vasi cinesi, li oltrepasso con difficoltà ed entro in soggiorno, dove mi aspetta un’altra sorpresa. Ci sono scatole ovunque. Kilìm e dhurry arrotolati sono stati addossati contro il muro in un angolo. In un altro angolo il gamelan indonesiano si contende lo spazio con un tavolino d’ardesia e un totem indiano, Sento che tocca a me dire qualcosa. “Perbacco!” faccio, con una risatina. “Abbiamo un bel po’ di tappeti vero?” “Diciassette” puntualizza Luke, sempre con quella strana voce. “Li ho contati.” Scavalca un tavolino di bambù che ho acquistato in Tailandia e guarda l’etichetta di una grossa cassa di legno, “E a quanto pare, questa contiene quaranta tazze.” Alza lo sguardo verso di me. “Quaranta tazze?” “Lo so che sembrano tante, Luke. Ma costavano solo cinquanta petiny l’una. Era un affare. Non dovremo mai più comperare tazze in vita nostra!” Luke mi osserva per un istante. “Becky, io non voglio mai più comperare niente in vita mia.” “Senti…” Faccio un passo verso di lui, ma vado a sbattere col ginocchio contro una statua di legno dipinto che raffigura Ganesh, dio della saggezza e del successo. “Non è… non è così male! Lo so che sembra un sacco di roba, ma è come… un’illusione ottica. Una volta che avremo sballato e riposto tutto quanto, sarà fantastico.” “Abbiamo cinque tavolini” continua Luke, ignorandomi. “Lo sapevi?” “Ehm… be’…” Mi schiarisco la voce. “Non esattamente. Forse dobbiamo razionalizzare un pochino.” (……………) “Quello che voglio sapere è… come hai pagato tutta questa roba?” chiede, aggrottando la fronte. “Ho fatto un controllo veloce dei conti e non c’è traccia di vasi ming. Né di giraffe. O di tavoli da Copenaghen…” Mi guarda fisso. “Cosa sta succedendo, Becky?” Sono con le spalle al muro. Anche se volessi fuggire, probabilmente finirei impalata sulle zanne dell’elefante in legno acquistato in Tanzania. Be’…” Non riesco a guardarlo negli occhi. “Ho… ho una carta di credito.” “Quella che tieni nascosta nella borsa?” dice Luke senza battere ciglio. “Ho controllato anche quella ” Oh, Dio. Non c’è via di scampo.” “Veramente… non è quella” dico, deglutendo a fatica. “È un’altra.” “Un’altra?” Luke mi guarda fisso. “Hai una seconda carta di credito segreta?” “Ma è solo per le emergenze! Può capitare a tutti un’emergenza…” “Emergenza dei tavoli da pranzo? Emergenza un gamelan indonesiano?” Silenzio. Non so cosa rispondere. Ho le guance in fiamme e le dita aggrovigliate dietro la schiena. “Così, hai continuato a pagare i conti in segreto?” Vedendo l’angoscia sul mio volto, la sua espressione cambia. “Non li hai pagati.” “Il fatto è che…” Le mie dita si annodano ancora di più. “Mi hanno concesso un limite molto alto.” “Per amor del cielo, Becky!” “È tutto a posto. Pagherò! Tu non devi preoccuparti di niente. Ci penserò io.” “Con cosa?” ribatte Luke. Segue un silenzio penetrante. Guardo Luke, offesa. “Quando comincerò a lavorare” rispondo, con voce tremante. “Ho intenzione di guadagnare, sai, Luke. Non sono una scroccona.” Luke mi guarda per un momento, poi sospira. , “Becky, non possiamo andare avanti così” dice Luke, alla fine. “Lo sai quanto è costata la nostra luna di miele?” “Ehm… no.” D’un tratto mi rendo conto che non ne ho la minima idea. Io ho comperato i due biglietti aerei ma, a parte questo, è stato Luke che ha pagato tutto il resto. La luna di miele ci ha ridotti sul lastrico? Gli lancio un’occhiata e, per la prima volta, mi accorgo di quanto sia preoccupato. Oh, Dio. Provo una paura improvvisa. Siamo rimasti senza soldi e Luke ha cercato di nascondermelo. Me lo sento. È il mio intuito di donna. (…………) “Luke, siamo molto poveri?” dico, con tutta la calma possibile. Luke si volta e mi guarda. “No, Becky” risponde con tono paziente. “Non siamo molto poveri. Ma lo saremo presto se continui a comperare montagne di stronzate.” Montagne di stronzate? Sto per lanciarmi in una replica indignata quando vedo la sua espressione. E così chiudo la bocca e annuisco umilmente. (……) “I love shopping con mia sorella” (2004) Sophie Kinsella
La Dipendenza da Shopping Compulsivo, riceve una prima teorizzazione nel 1915 ad opera di Kraepelin che la definisce “oniomania” o “mania di comprare”.
Attualmente col termine di shopping compulsivo si definisce una dipendenza caratterizzata dalla compulsione immediata ed indifferibile ad acquistare di tutto, di più, al di là della propria situazione finanziaria, lavorativa e relazionale.
Più dell’80% dei soggetti è rappresentato da donne con un età media di 40 anni che appartengono a una fascia sociale media. Queste donne, spesso, hanno presentato germi di questa dipendenza già dall’adolescenza ed hanno sofferto anche di disturbi del comportamento alimentare.
A tutt’oggi tale dipendenza non ha ottenuto “riconoscimento ufficiale ” nei principali manuali diagnostici dei disturbi mentali (vedi DSM IV). Tale “esclusione” potrebbe essere imputata alla circostanza che in tale tipo di dipendenza, come anche altre tipo la dipendenza affettiva, manca l’assunzione di una sostanza esterna come ad esempio nella tossicodipendenza. Inoltre tale dipendenza si presenta come possibile sintomo in altri disturbi ufficiali quali: Disturbo Ossessivo Compulsivo, Disturbo del Controllo degli Impulsi, Depressione.
CRITERI DIAGNOSTICI PER LA DIPENDENZA DA SHOPPING
Per il dr. Lorrin Koran della Stanford University, lo shopping si configura come un disturbo del comportamento quando si verificano queste condizioni:
- il denaro speso per gli acquisti è superiore alle proprie possibilità economiche;
- gli acquisti sono frequenti all’interno di una stessa settimana;
- gli acquisti effettuati sono fuori da ogni logica motivazione. Qualsiasi cosa si acquisti è funzionale solo a soddisfare un bisogno compulsivo.
- lo shopping risponde a un bisogno che non può essere soddisfatto, per cui il mancato acquisto crea pesanti crisi di ansia e frustrazione;
- il dedicarsi agli acquisti è un comportamento nuovo rispetto alle abitudini precedenti.
Oggigiorno questa dipendenza si sposa bene con la moderna società dei consumi che rappresenta un’incentivo ad acquistare di tutto, di più, al di là anche delle reali possibilità economiche, incentivando l’uso del denaro a debito. Il brano citato in apertura è preso da una serie di bestseller di successo “I love shoppping” che fotografano bene il fenomeno.
Dott. Roberto Cavaliere
Psicologo, Psicoterapeuta
Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)
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